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NO PLASTIC AT SEA

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Petizione OCEAN4FUTURE

Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

Salve a tutti. Noi crediamo che l'educazione ambientale in tutte le scuole di ogni ordine e grado sia un processo irrinunciabile e che l'esempio valga più di mille parole. Siamo arrivati a oltre 4000 firme ma continuiamo a raccoglierle con la speranza che la classe politica al di là delle promesse comprenda realmente l'emergenza che viviamo, ed agisca,speriamo, con maggiore coscienza
seguite il LINK per firmare la petizione

  Address: OCEAN4FUTURE

Solo sul fondo: un dramma nelle fredde acque dell’Atlantico

Reading Time: 5 minutes

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livello elementare
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ARGOMENTO: SUBACQUEI COMMERCIALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: offshore, incidente, campana

 

Per Chris Lemons quel martedì doveva essere solo un giorno come un altro al suo posto di lavoro, anche se il suo ufficio non ha sedie o scrivanie e Chris, invece di giacca e cravatta, indossava un casco da palombaro ed una muta. Lemons infatti è un subacqueo commerciale professionista che lavora immergendosi in saturazione sul fondo del mare del Nord. Insieme a Dave Yuasa e Duncan Allock, Chris fa parte di un team di sommozzatori che lavorano per la Bibby Offshore sulle infrastrutture subacquee del campo di idrocarburi chiamato Huntington, circa 115 miglia ad est di Petrhead (Scozia).

La profondità di lavoro è di circa 100 metri per cui gli operatori operano in saturazione al fine poter lavorare più a lungo sul fondo. Al termine del loro turno eseguono un’unica lunga decompressione di 4 o 5 giorni, evitando  quindi le decompressioni per ogni sessione di lavoro. Per questo motivo all’inizio di un turno di lavoro, di circa 30 giorni, i subacquei entrano in una camera iperbarica dove vengono progressivamente pressurizzati ad una profondità equivalente a quella alla quale dovranno operare e vi rimangono fino al termine del turno. In pratica passeranno un mese in un ambiente molto ristretto, senza alcuna privacy (per motivi di sicurezza ci sono telecamere anche nel bagno), respirando una miscela di ossigeno ed elio. Sebbene sia uno dei lavori più pericolosi e faticosi è anche il più pagato che un subacqueo possa fare (a volte mille dollari al giorno). Una attrattiva per molti ma … lo stipendio non ripaga mai i rischi e gli sforzi, ed occorre passione e motivazione per resistere allo stress ed alla fatica.

Raccontiamo oggi una storia che ha davvero dell’incredibile
Il 18 settembre 2012 le condizioni meteorologiche sono impegnative con 35 nodi di vento ed onde dai 6 ai 10 metri ma nulla di eccezionale per il Mare del Nord e nulla che la nave di supporto Bibby Topaz non sia in grado di gestire. La Topaz è specificatamente costruita per operazioni subacquee in saturazione ed è dotata di un moderno sistema di posizionamento dinamico; un computer aziona automaticamente una serie di propulsori, mantenendo la nave in posizione senza la necessità di agganciarsi ad un campo boe ancorate..

nella campana

La procedura è la solita: i sommozzatori passeranno dalla camera iperbarica ad una campana subacquea che verrà calata dalla nave alla profondità operativa. A questo punto due di loro, Chris and Dave, usciranno per iniziare a lavorare su una struttura utilizzata per il trasporto di gas e petrolio. Lo scopo del lavoro è relativamente semplice: sostituire alcune valvole e condutture. I due subacquei sono collegati alla campana da un ombelicale che fornisce la miscela respiratoria, garantisce le comunicazioni audio/video e permette la circolazione di acqua calda nella muta per resistere alle temperature molto basse, attorno ai quattro gradi Celsius a quella profondità. Il terzo operatore, Duncan, ha il compito di controllare gli ombelicali dall’interno della campana.

Un intervento di routine ma …
Tutto procede come previsto finché, dopo circa 45 minuti dall’inizio delle operazioni, il supervisore, che opera dalla Topaz, ordina repentinamente ai sommozzatori di rientrare nella campana perché la nave ha perso il suo posizionamento a seguito di un problema del computer. In pochi minuti la campana, e con essa i sub, vengono trascinati via dalla nave alla deriva. Dave si ritrova sollevato dal fondo ed inizia a rientrare nella campana; l’ombelicale di Chris invece rimane impigliato nella struttura ed in pochi istanti si spezza. Chris è ora solo, senza comunicazione, senza acqua calda e, soprattutto, senza gas respiratorio.  Anni di addestramento ed esperienza permettono a Chris di rimanere calmo; per prima cosa apre una bombola di bail-out che gli garantirà circa dieci minuti di autonomia. Normalmente questo tempo è più che sufficiente per rientrare nella campana ma, questa volta, Chris non ha più un posto dove andare, la campana è ormai lontana, persa nel buio liquido del mare. Chris si posiziona sul tetto della struttura a circa undici metri dal fondale marino; la sua unica speranza è che i compagni possano localizzarlo. I minuti passano veloci, inesorabili, e la riserva di gas è presto esaurita. Chris si adagia alla piattaforma e perde i sensi.

una drammatica immagine di Chris ripresa dal ROV

.Nel frattempo sulla Topaz si lavora freneticamente e finalmente il sistema di posizionamento dinamico riprende a funzionare, la nave ritorna sul punto d’immersione ed un ROV viene immediatamente lanciato per aiutare nella ricerca; sono passati oltre trenta minuti da quando l’ombelicale di Chris si è spezzato.

le fasi dell’evento

Grazie al trasmettitore acustico automatico indossato da Chris, il ROV lo localizza rapidamente. L’altro sommozzatore, Dave, esce dalla campana e raggiunge il suo compagno svenuto; per prima cosa ristabilisce la fornitura di gas respiratorio e subito dopo riesce a trasportare Chris all’interno della campana. Una volta rimosso il casco, Chris appare senza vita, cianotico e freddissimo. Duncan inizia subito le procedure di rianimazione e, tra lo stupore di tutti, Chris riprende a respirare..

back to work

Chris Lemons non solo sopravvive senza alcun danno ma ritornerà a lavorare in saturazione dopo appena tre settimane dall’incidente. Vi sono varie opinioni su come Chris sia sopravvissuto e queste includono un forte stato ipotermico che avrebbe ridotto il metabolismo e quindi protetto le funzioni cerebrali. Fattore non trascurabile la miscela respiratoria aveva un’elevata pressione parziale di ossigeno e aveva contribuito ad una iper-ossigenazione dei tessuti.

Su questa incredibile storia è stato recentemente prodotto un documentario “Last breath” che può essere visto in streaming su diverse piattaforme online.

Giorgio Caramanna

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Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo
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