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La spedizione contro Tripoli e il Secondo Nocchiere Giovanni Bottini detto Capurro

tempo di lettura: 5 minuti

 

livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XIX SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Tripoli, Marina Sarda

 

La spedizione contro Tripoli, che fu compiuta dalla Marina Sarda nel 1825, al di là del brillante risultato può essere considerata un punto di svolta per le conseguenze, benché allora inimmaginabili, per la storia italiana. Fu infatti da quel momento che il piccolo e montano Piemonte,  accresciuto con l’annessione della ex repubblica di Genova, cominciò ad affacciarsi con determinazione su uno scenario diverso e più ampio, avviando il processo risorgimentale, già fumosamente intravisto da qualche idealista durante i moti del 1820-1821. Dato che in queste pagine il complesso della vicenda è già stato analiticamente trattato, ci limiteremo, per completezza, a una brevissima premessa. Il fatto comunque è uno dei tanti che si inquadrano nella secolare lotta fra gli stati europei (e non solo) e quelli nordafricani, i cosiddetti “paesi barbareschi” che si trascinò per ben mille anni. Nel 1825, in occasione della temporanea sostituzione del  Console del Regno di Sardegna, il Bey di Tripoli, considerandola a torto una vera sostituzione, pretese la regalia di 5000 piastre prevista da uno dei tanti trattati. Poiché rimase insoddisfatto della piccola somma che invece gli era stata concessa  dichiarò  guerra al Regno sardo e ordinò la confisca di tutti i beni dei suoi cittadini nella regione. Il Re Carlo Felice inviò allora  una squadra navale a Tripoli per cercare di dirimere la questione: se non si fosse riusciti a risolverla con le buone, si sarebbe passati a maniere più convincenti. Tale squadra, al comando del Capitano di vascello Francesco Sivori, era composta dalle fregate Il Commercio di Genova e Maria Cristina e dai brigantini Nereide e Tritone seguiti da quattro navi mercantili. Fallite  le trattative, il Sivori decise di ricorrere a un’azione di forza.

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Francesco Sivori in una miniatura dell’epoca

Fu deciso di catturare le unità da guerra del Bey consistenti in un brigantino, due golette e unità  minori che si trovavano ormeggiate sotto i forti cittadini o, in alternativa, di incendiarle. Per fare questo vennero allestite e armate le  scialuppe fornite dalle navi che sarebbero dovute penetrare nel porto a forza di remi. Nella notte fra il 26 e il 27 settembre, nonostante fossero state presto scoperte, le barche sarde riuscirono a passare indenni sotto il fuoco dei forti e a respingere le truppe che stavano accorrendo da terra. Le navi avversarie  furono abbordate e incendiate poiché si constatò che erano impossibilitate a muoversi per il vento contrario e quindi non potevano essere condotte fuori dal porto. Finalmente, l’indomani, il Bey scese a più miti consigli e così non fu necessario nessun ulteriore ricorso alla forza. Dopo la sommaria esposizione dei fatti, parliamo del protagonista di questa storia. La spedizione fu un successo, non solo per il risultato, ma anche per il fatto che si lamentarono solo un morto e sei feriti1. L’unico caduto in azione fu il Secondo Nocchiere Giovanni Bottini  che, come era uso nella Marina Sarda, aveva anche un “nome di guerra” con il quale veniva ufficialmente identificato. Come nome aveva scelto Capurro, che in teoria sarebbe una voce dialettale arcaica il  cui significato è forse “testardo” o “capra”) ma che si è evoluta in un cognome, piuttosto diffuso in Liguria, scegliendo il quale forse voleva ricordare qualche parente. Giovanni Bottini nacque a Nervi da Nicola e Rosa Corvetto nel 1789. Probabilmente era un marittimo con una pregressa esperienza di navigazione mercantile perché risulta entrato volontario in Marina nel 1815, e quindi già a una certa età,  e già un anno dopo fu promosso Secondo Nocchiere; nel 1819 risulta imbarcato sul Nereide a cui seguirono gli imbarchi sul Cristina, sullo Zeffiro, sul Maria Teresa e infine sulla fregata Il Commercio di Genova. Era il padrone della barcaccia che quest’ultima unità aveva fornito per l’assalto del porto di Tripoli.

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La fregata “Il Commercio di Genova” (Autore ignoto, A.S. Torino)

Secondo quanto riferiscono concordemente le relazioni dell’epoca, fu il primo a scagliarsi sul ponte del brigantino nemico uccidendone il Rais 2, ma dallo stesso fu ferito mortalmente; ebbe il tempo di dire ai compagni:  “Io ho finito, tocca a voi altri fare il resto”. Il corpo fu recuperato la mattina successiva e il Bey, un pò perché aveva accusato il colpo e voleva ingraziarsi i cristiani, un pò perché come tutti gli islamici era sempre sensibile agli atti di grande valore, pagò di persona i funerali, fece una generosa offerta (che fu rifiutata) alla locale chiesa cristiana e permise che dopo la cerimonia funebre venisse fatta una solenne processione pubblica fino al cimitero alla quale parteciparono tutti gli europei e buona parte dei notabili e della popolazione locale. In chiesa 3 il console inglese Warrington pronunciò una brevissima orazione funebre: “Uomo valoroso, Dio ti dia pace e se il tuo Sovrano non può più ricompensarti, non dimenticherà certamente la tua famiglia”. E il re non se ne dimenticò. Carlo Felice, già ben disposto a priori verso la Marina perché, a differenza dell’esercito nei moti del 1820-1821, era rimasta sostanzialmente fedele alla monarchia, colmò i protagonisti di elogi e riconoscimenti: Francesco Sivori fu promosso contrammiraglio e più tardi insignito del titolo baronale, piovvero i conferimenti dei cavalierati dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro e  per tutta la bassa forza vi furono premi in denaro. Alla vedova di Capurro, Maria Antonia Cervetto, fu riconosciuta la piena  paga goduta dal marito vita natural durante e alle figlie una dote da corrispondersi qualora si fossero sposate. Nel 1850 questa pensione, presumibilmente con accessori e rivalutazione, ammontava 744 lire annue mentre all’epoca un Secondo Nocchiere in servizio ne percepiva solo 468. Il poeta genovese Martino Piaggio, nel suo lungo componimento “A spedizion contro Tripoli”, gli dedicò una strofa:

Ma Capûro!… o l’è scordôu
Questo bravo?… no de çerto …
Che in gran pompa l’han portôu
E de tæra l’han coverto,
Comme o se crovì de gloria
Per arvî a stradda ä vittoria.

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L’attacco a Tripoli (stampa dell’epoca)

Con la conquista della Libia nel 1911-1912, si pensò anche di ricercare la sua tomba nel vecchio cimitero cristiano di Tripoli, ma non sembra che tale ricerca abbia dato risultati.

Guglielmo Evangelista

in anteprima il forte ottomano di Tripoli – Tripoli Castle & Teatro Miramare.jpg – Wikimedia Commons

 

NOTE

1 Uno dei feriti, il fante di marina Micheletti, spirò successivamente a bordo.

2 Vocabolo turco e arabo con il quale, nell’ambiente mediterraneo, veniva genericamente indicato il comandante di una nave militare o mercantile.

3 Si trattava della chiesa di Nostra Signora degli Angeli, l’antica Cattedrale di Tripoli costruita nel XVII secolo.

 

BIBLIOGRAFIA

– Giuseppe Ferrari:”La spedizione della Marina sarda a Tripoli nel 1825”. In “Memorie storiche militari” Fasc. 1/1912. Officina Poligrafica Editrice, Roma 1912.

– Giuseppe Gonni “Nel centenario della spedizione navale di Tripoli” In “Il Comune di Genova-Bollettino municipale.” Anno 1925, numeri vari.

– Ferdinando Augusto Pinelli: “Storia militare del Piemonte” De Giorgis, Torino 1854-

– Emilio Prasca “La spedizione della Regia Marina Sarda a Tripoli nel 1825”. In “Rassegna Nazionale” Vol. 183, Firenze 1912

– Emilio Prasca: “La Marina da guerra di Casa Savoia dalle sue origini in poi”. Forzani & C. Roma 1892

– Carlo Randaccio: “Storia delle marine militari italiane da 1750 al 1860”. Forni & C. Roma  1889

 

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