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Il Dr Mitchell e la decompressione ottimale

tempo di lettura: 7 minuti

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livello medio
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ARGOMENTO: SUBACQUEA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: immersioni, sicurezza, modelli decompressivi

 

Un amico, subacqueo professionista, mi ha inviato questo video del Dottor Simon Mitchell, che ho trovato molto interessante sia per la chiarezza espositiva che per il livello di approfondimento. Il metodo è quello scientifico: si citano documenti validati secondo peer review e si analizzano dati ed evidenze statisticamente significative.

La domanda alla base di tutta questa lezione è quale è il profilo migliore (in termini relativi) avendo fissato il tempo della decompressione? Semplificando, sono preferibili le tappe fonde a discapito di quelle più superficiali o viceversa?
Per chi è più avvezzo ai modelli decompressivi: meglio VPM-B (soste fonde) o Buhlmann ZHL16C?

Due sono le grandi categorie di modelli decompressivi: Haldaniani (Buhlmann su tutti, nella variante ZHL16C) e a bolle (Varying Permeability Model – VPM – B).  Il VPM è più recente e si concentra sul raggio limite delle bolle di inerte nei tessuti. I profili decompressivi che ne derivano prediligono le soste più fonde. Buhlmann lavora sulla massima sovrasaturazione ammissibile per tipologia di tessuto (lo ZHL16C ne contempla 16). Il VPM è sempre più utilizzato, anche in immersioni tecniche (uno dei software più diffusi per pianificare è appunto il V-planner), in ambito ricreativo molti adottano il RGBM (tipico di Mares e Suunto), parente stretto del VPM. Dal confronto di questi due modelli emergono considerazioni interessanti.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è nedu-paper.jpg

L’inglese del video è semplice, anche perché viene tradotto in tempo reale in polacco per la platea del seminario. Non è utilizzata matematica (e la cosa mi scoccia un pò), ma tanti grafici abbastanza intuitivi (posto gli screenshot più rilevanti). Il Dr Mitchell inizialmente descrive il concetto di sovrasaturazione (supersaturation), ovvero la maggiore tensione di inerte a livello tissutale rispetto l’ambiente esterno: tanto più la saturazione eccede quella ambientale, quanto più si rischia di incorrere in MDD. Di questa parte mi ha colpito l’area di sovrasaturazione, definita dal delta tra pressione tissutale e quella ambientale per il tempo necessario a degassificare. Purtroppo nella lezione non viene mostrata la funzione da integrare per ottenerla.

Il fermo immagine al 27esimo minuto ci regala il grafico della sovrasaturazione sui 16 tessuti di un ZHL16 (Zurigo – 16 tessuti). Il grafico con pressione tissutale ed ambientale (x) ci accompagna dal 29esimo al 59esimo minuto. Sullo stesso vengono plottati entrambi i profili (Buhlmann e VPM). Dalla loro sovrapposizione si capisce che il VPM predilige soste più numerose, brevi, e più in profondità, generando una spezzata che mai si avvicina troppo al limite di sovrasaturazione.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è mitch-6.jpg

Incidenze osservate e CI binomiale al 95% per DCS che richiedono la ricompressione secondo i criteri descritti in Temple et al. 14 sui due profili di immersione di prova non presente nel NEDU study.

Effetto similare si ottiene “forzando” il Buhlmann con un LGF (Low Gradient Factor) impostato su valori molto bassi 10, 20 come nell’esempio (20/90). Ricreare deep stop tipo VPM su un Buhlmann è una pratica abbastanza diffusa tra i tecnici, come ci racconta Mitchell. Lo screenshot del 50esimo minuto è proprio sul GF. Ma la convinzione di effettuare soste fonde è supportata da basi scientifiche? Tre studi ci dicono di no (elenco in calce). Su tutti il NEDU study (U.S. Navy Experimental Diving Unit (NEDU) uno degli studi più approfonditi di sempre sulla decompressione. Reso pubblico nel 2011 ha dato una bella spallata ai modelli a bolle. Con il VPM, su 198 tuffi in aria a 52mt per 30′, 10 (5%) hanno presentato segni più o meno importanti di MDD. Con Buhlmann scendiamo a 3 su 192, ovvero circa 1,5%.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è mitch-5.jpg

Sulla significatività statistica mi è sorto qualche dubbio, confermato da un articolo proprio sulla potenza del test (nei link alla fine). Va comunque detto che le differenze ci sono, anche se la pericolosità delle prove ha sconsigliato frequenze più significative. 

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è di-ruzza-1.jpg

Grafico della sovrasaturazione tissutale. L’area in arancione rappresenta la sovrasaturazione (pressione tissutale >pressione ambientale) nel tempo.

Ma cosa è andato storto nel modello a tappe fonde?
Le evidenze rilevate dagli ecodoppler ci mostrano una maggiore sovrasaturazione dei tessuti lenti per il modello a tappe profonde. L’iniziale vantaggio per i tessuti veloci è più che compensato dal peggioramento di quelli lenti. Il dato più impressionante è che all’aumentare del grado di conservativismo la saturazione di Azoto rimane alta. Il VPM – B +7 infatti non migliora di molto le cose. Si passa quindi ad un confronto tra sovrasaturazioni, ovvero tra le aree definite dalla sovrappressione tissutale ed il tempo. Quindi delta (pTessuti-pAmbiente) x durata = mB/min (milliBar per minuto). Questo valore è considerato uno stimatore corretto del rischio di formazione di bolle, pertanto di MDD.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è mitch-11.jpg

Livelli di supersaturazione (mB/minuto) per differenti profili di risalita.

Il modello delle deep stop, coerentemente con i risultati precedenti, mostra un’area costantemente maggiore del ZHL16C. Ora qualcuno potrebbe obiettare: ma non si parla di miscele per immersioni tecniche, quindi di Trimix. La combinazione di Elio ed Ossigeno è considerata addirittura terapeutica per alcuni cicli in camera iperbarica, per cui in immersioni tecniche le deep stop dovrebbero riguadagnare lo scettro. Invece no, Mitchell tratta anche il caso di immersioni più estreme di quelle considerate nel NEDU. L’esempio è condotto su un’immersione ad 83 metri per 20′ con CCR SetPoint ad 1,2 e bottom gas 10/50. Viene paragonato un VPM-B +4 con un ZHL16C GF 40/74. Anche in questo caso l’ecodoppler traccia una maggiore sovrasaturazione per il VPM-B. L’analisi dell’area mB/min è ancora più chiara: decresce da VPM-B +4 a ZHL16C GF 10/82 a GF 40/74 fino a GF 66/66 (per chi si fosse perso: tanto più il primo numero di GF è basso, quanto più si prediligono le soste fonde).

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è mitch-3.jpg

Esempio di utilizzo di un Gradient Factor 20/90 per aumentare le soste profonde

Quindi sembrerebbe che la sovrasaturazione diminuisca non solo passando da VPM-B a ZHL16C, ma anche da LGF bassi a LGF elevati (quindi con tappe più superficiali).

L’ultimo studio citato vede la partecipazione del Dottor Pasquale Longobardi, uno dei medici iperbarici più stimati in Italia. Il titolo: A comparative evaluation of two decompression procedures for technical diving using inflammatory responses: compartmental versus ratio deco confronta ratio deco (deep stops) con Buhmann GF 35/80 (l’impostazione che preferisco sul mio Shearwater).

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è mitch-00.jpg

Lo studio di Spisni/Longobardi prevede:
un singolo tuffo a 50 metri per 25′ in Trimix con due decompressive (EAN50+Oxy)
23 subacquei con ZHL16C GF 35/80 e 28 in Ratio deco.
Le micro embolie gassose venose sono misurate 30 minuti dopo l’immersione utilizzando l’ecocardiografia 2D, inoltre il sangue periferico per il rilevamento dei marker infiammatori è raccolto prima e 90 minuti dopo l’immersione.

Le conclusioni (tradotte): “La strategia ratio deco non ha conferito alcun beneficio in termini di bolle, ma ha mostrato lo svantaggio dell’aumentata secrezione associata alla decompressione di chemochine infiammatorie coinvolte nello sviluppo del danno vascolare.
Anche in questo caso i risultati sono sfavorevoli alle tappe più fonde (la Ratio deco le predilige). Anche quando confrontate ad un GF 35/80, ovvero ad un ZHL16C “forzato” al 35% della massima sovrasaturazione in profondità. Coerentemente con il paper, la SIMSI (Società Italiana Medicina Subacquea ed Iperbarica), al 2019 raccomanda un GF di 50/80. Non proprio un’invito alle tappe fonde.

Il Dr Mitchell passa quindi alle conclusioni riassumibili in:
gli studi dimostrano che i modelli a bolle sovrastimano l’importanza delle soste profonde.
al momento non è possibile valutare l’entità di questa sovrastima.

Personalmente ho trovato la lezione illuminante. Anch’io ho una predilezione per le tappe profonde ma, dopo simili evidenze, mi adeguerò alle raccomandazioni del SIMSI modificando il GF del mio Shearwater Perdix da 30/85 a 50/80 (di default è settato su 30/70). Ovviamente, a seconda del tuffo, adatterò i due valori in un intorno ragionevole. Se dovessi imbattermi in nuovi studi rivedrò le mie convinzioni, esattamente come ha onestamente ammesso il Dr Mitchell.
Alla prossima

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Paolo-di-Ruzza.jpg

Paolo Di Ruzza

 

 

 

 

 

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Riferimenti
1) Bubble incidence after staged decompression from 50 or 60 msw: effect of adding deep stops Jean-Eric Blatteau et al. – Aviat Space Environ Med. 2005 May.
2) High incidence of venous and arterial gas emboli at rest after trimix diving without protocol violations Marko Ljubkovic et al. J Appl Physiol (1985). 2010 Dec.
3) The NEDU Study: Redistribution of Decompression stop time from swallow to deep stops increases incidence od decompression sickness in air decompression dives -Navy Experimental Diving Unit (2005).

 
Link
A comparative evaluation of two decompression procedures for technical diving using inflammatory responses: compartmental versus ratio deco
Decompressione all’italiana by SIMSI
 

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