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il Rebreather e lo human factor – intervista al Prof. Simon Mitchell, parte 8

tempo di lettura: 5 minuti

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livello medio

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ARGOMENTO: SUBACQUEA
PERIODO: XXI SECOLO 
AREA: DIDATTICA

parole chiave: Mitchell, Di Ruzza, human factor, rebreather risk

 

Nella lezione “Operational aspects of technical diving” Simon Mitchell propone tre scenari, a seconda del numero degli utilizzatori del CCR. Se consideriamo il valore mediano si ottiene una mortalità di 200/100.000 che ci colpisce se confrontata ai subacquei ricreativi il cui dato è di 16/100.000. Il risultato è naturalmente influenzato dalla tipologia di immersioni, ma lascia abbastanza sbalorditi questa presunta elevata rischiosità del CCR. In quell’esempio la comparazione non è tanto sullo strumento, quanto sulla tipologia di subacquea praticata.

Non avendo trovato uno studio comparativo degli incidenti CCR ed OC sulle stesse tipologie di immersioni, Simon ritieni meno rischioso il CCR rispetto all’OC a parità di condizioni ed addestramento?
È davvero una domanda difficile; è un punto che viene spesso affrontato nel campo dei rebreather. Quando emerge questo tipo di discussione, la gente dice: “ok, stai confrontando i rebreather con le immersioni OC, ma le persone che usano i rebreather fanno un tipo di immersione molto diversa, fanno immersioni più profonde e più lunghe”. Sicuramente se a volte facessi immersioni in OC alla stessa profondità, il rischio sarebbe molto più alto, forse anche i rebreather sarebbero leggermente più sicuri. Paolo, hai ragione, non ci sono studi ma solo opinioni e speculazioni. Io penso che i rebreather mitighino alcuni rischi che si verificano nelle immersioni in OC, in particolare l’esaurimento del gas, è molto meno probabile che accada con un rebreather, ma i rebreather introducono molti altri rischi. Sono tecnicamente complicati, hanno molti punti deboli, e molte opportunità di errore umano.

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Non ho dati per confermare nonostante siano vent’anni che scendo con i rebreather. Occasionalmente faccio immersioni OC nei viaggi, ma solitamente mi immergo solo con i rebreather, li adoro, non potrei fare ciò che faccio senza di loro. Il punto per l’OC è che semplicemente non funziona per queste immersioni molto profonde, specialmente in questo periodo in cui l’elio costa molto. È una sorta di falso dibattito. Penso che quello che dobbiamo semplicemente accettare è che i rebreather sono l’unico strumento che possiamo davvero usare a livello pratico per fare le cose che vogliamo fare. Quindi la domanda che dovremmo porci è, sapendo che ci sono problemi associati al loro utilizzo, come possiamo risolverli? Come possiamo introdurre discipline e tecniche che riducano il potenziale di errore da parte dei subacquei, piuttosto che perdere tempo a girare intorno a quale sia il peggiore o il migliore strumento? Non abbiamo scelta, non posso immergermi a 130m in OC, non funziona per me e non credo che qualcuno stia più facendo più questo tipo di immersioni in OC. La vera domanda è come possiamo rendere i rebreather più sicuri? Non facciamo una sorta di dibattito inutile e filosofico sull’uso di OC o rebreather. Non credo che sia un dibattito particolarmente utile nell’era moderna perché non abbiamo scelta.

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Per il CCR a volte si ricorre allo Human Factor per giustificare tassi di mortalità così elevati, sei d’accordo? La usability di una macchina è essa stessa un fattore di rischio?
La maggior parte delle morti con il rebreather viene analizzata sulla base di informazioni affidabili note: alcuni subacquei sono semplicemente scomparsi, non sono mai stati trovati e non abbiamo la minima idea di cosa sia successo, ma la maggior parte delle morti che si verificano offrono buone informazioni a supporto. La maggior parte delle casistiche ci portano ad un errore o ad una scelta sbagliata da parte del subacqueo: celle vecchie, diluente insufficiente, inizio di un’immersione con metà della bombola di ossigeno, rebreather non acceso quando si salta in acqua, muta stagna non collegata … in sintesi per errori umani.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è simon-mitchel.jpgQuindi, penso che possiamo certamente affermare che la maggior parte di queste morti sono dovute a qualche tipo di errore umano … ma allo stesso tempo ritengo che la domanda colga il punto. C’è un potenziale per l’ottimizzazione del design del rebreather al fine di ridurre la probabilità di errore umano e credo che tu abbia assolutamente ragione, anche gli ingegneri te lo confermerebbero, non c’è dubbio che sia vero. Quindi, cercare di escludere il potenziale errore umano è davvero importante e gradualmente stiamo facendo progressi.

Ma allo stesso modo penso che dobbiamo concentrarci su entrambi gli aspetti, sul rebreather stesso: dobbiamo assicurarci che non ci siano modi in cui puoi, ad esempio, assemblarlo in modo sbagliato, come mettere il loop nel modo errato perché sei sicuro il tubo si avvita solo in un modo. L’ingegneria è molto importante, ma penso anche che i fattori umani siano una parte critica: ad esempio probabilmente il semplice e più importante progresso in termini di sicurezza sarebbe se potessimo fare in modo che ogni subacqueo con rebreather facesse una check list verificata con il compagno, o il divemaster, appena prima di saltare giù dalla barca.

E quella lista di controllo dovrebbe avere solo tre o quattro punti: “Il tuo rebreather è acceso?” “La tua bombola di ossigeno è accesa?” “Il tuo cilindro di diluente è acceso?” “La tua muta stagna è collegata?” Quattro cose che richiedono 30/40 secondi per essere verificate scrupolosamente con un’altra persona e che avrebbero potuto evitare probabilmente i 150 morti di subacquei che utilizzavano il rebreather registrati finora. In sintesi solo queste semplici verifiche.

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Ci sono molti dibattiti sulle liste di controllo su internet, ma io sono abbastanza esperto di fattori umani quando si tratta di cose mediche e dell’uso di liste di controllo nelle sale operatorie. Non c’è dubbio, essenzialmente nessun dubbio di sorta che se potessimo applicare le stesse discipline alle immersioni con rebreather salveremmo molte vite. Insegnare semplicemente alle persone che le liste di controllo non devono essere così complesse e lunghe, come la lista di controllo prima del decollo di un A380, composta solo da sei elementi, incredibilmente breve. Lo stesso per il rebreather: solo poche cose, e se non le fai, probabilmente rischierai di morire. Questo salverebbe molte vite. Le persone saltano le check list quando devono fare cinquanta cose. Ovviamente non lo farai bene. Sei seduto con una muta stagna e qualcuno legge ad alta voce cinquanta articoli. Non ce ne dovrebbe essere bisogno. Basterebbe solo una breve lista di controllo dei “killer items”. Ritengo che se lo facessimo salveremmo molte vite, ma dobbiamo anche curare gli aspetti ingegneristici. In estrema sintesi dobbiamo ridurre gli errori investendo sullo human factor e sugli aspetti ingegneristici.

Fine parte 8 – continua

Paolo di Ruzza

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