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Classis Misenensis: la presenza navale romana nella Baia di Napoli – parte I

tempo di lettura: 5 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA ROMANA
PERIODO: EPOCA REPUBBLICANA E IMPERIALE
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Classis, Miseno, Napoli
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CLASSIS MISENENSIS: l’antica presenza navale romana quale importante fattore delle robuste tradizioni nautiche fiorite nella Baia di Napoli
Le acque incantate del Golfo – il Crater dell’epoca classica [1] – bagnano innumerevoli marine che, distese lungo le coste che vanno dalla Penisola Flegrea a quella Sorrentina ed attorno alle Isole Partenopee, sono tutte ricolme di storia e cultura nautica. Presso di esse, fra chiunque abbia a che fare con il naviglio e con la navigazione, si trovano immancabilmente gli stessi eterni gesti, misurati e sicuri, dettati da un sapere antico tramandatosi con cura, pur mantenendosi compartecipe del progresso tecnologico.

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La stretta familiarità con le arti nautiche ha conferito a queste popolazioni una spiccata attitudine alle cose marittime, com’è stato evidenziato nei secoli dalle più varie dimostrazioni di eccellenza. A titolo di esempio, si potrebbero citare per l’epoca moderna l’indiscussa fama dei Procidani sulle rotte mercantili del globo, così come i brillanti successi del remo, della vela e della cantieristica navale in tutta la Baia di Napoli.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è 05-3_base_bacino-interno-1024x576.jpgAndando a ritroso nel tempo, i molti altri luminosi esempi di perizia nautica sono tutti preceduti dai medievali fasti di Amalfi, la prima delle repubbliche marinare; e questa, a sua volta, fu figlia orgogliosa di Roma, come tutt’ora viene ricordato dal motto presente sul cartiglio dello stemma cittadino: Descendit ex Patribus Romanorum.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è 05-5_base_Miseno-1002x1024.jpgFar risalire all’antichità romana l’origine di alcune delle tradizioni nautiche odierne è peraltro coerente con quanto emerge con sempre maggior chiarezza dall’archeologia navale [2]. Pertanto, pur tenendo conto dei precedenti storici ancor più remoti, perlopiù recepiti dal mondo romano, nonché degli altri pertinenti fattori culturali, economici ed ambientali, appare utile concentrare l’attenzione sulla plurisecolare presenza della Classis Misenensis, la maggiore e più potente delle flotte imperiali romane, quale importante fonte di conoscenze ed esperienze che hanno contribuito, unitamente alle attività della marina mercantile, ad alimentare in loco la vocazione marittima.

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La costituzione della flotta Misenense
All’origine delle due maggiori flotte imperiali vi fu la grande forza navale creata e comandata da Marco Agrippa per consentire ad Ottaviano di vincere, una dopo l’altra, tre guerre marittime: la Sicula, la Dalmatica e l’Aziaca [3]. Per costruire ed allestire tutte le navi necessarie e per addestrare i relativi equipaggi, quel giovanissimo e geniale ammiraglio aveva realizzato ex novo il Portus Iulius [4], quale sede provvisoria perfettamente rispondente alle necessità contingenti, essendo anche difendibile dalle repentine incursioni piratesche che devastavano le coste tirreniche. Dopo la vittoria navale di Azio e la conseguente chiusura del tempio di Giano, il futuro Augusto comprese che, per preservare la pace sulla terra e sul mare, occorreva dotare Roma – per la prima volta nella sua storia – di forze armate permanenti. Le navi vittoriose furono pertanto ripartite fra le due flotte destinate a proteggere entrambi i versanti della Penisola [5]. Mentre in Adriatico le navi vennero accolte dalla laguna di Ravenna [6], nel Tirreno la scelta ricadde sul porto naturale di Miseno, idoneo ad accogliere una base navale permanente.

Nonostante l’apparente simmetria fra le due flotte d’Italia, quella Misenense fu di gran lunga la più importante, essendo lo strumento navale di immediato utilizzo da parte dell’imperatore e dei suoi stretti collaboratori, data la vicinanza di Roma e l’ancor più stretta contiguità con le lussuose ville marittime di quei personaggi nel Golfo di Napoli. La sua consistenza, inizialmente sovrabbondante, dovrebbe essersi stabilizzata nell’alto impero sull’ottantina di unità, come può desumersi dall’analisi della documentazione rinvenuta, soprattutto epigrafica [7]. Della flotta Misenense, infatti, conosciamo i nomi di 88 navi, di cui una esareme, una quinquereme, 12 quadriremi, 53 triremi, 13 liburne e 8 altre unità di tipo non precisato [8]. Inoltre, poiché delle varie flotte imperiali sono complessivamente noti i nomi di 154 navi, non dovremmo discostarci troppo dalla realtà assumendo che la flotta di Miseno abbia avuto una consistenza grosso modo pari alla metà di tutte le forze navali romane, e più o meno doppia di quella di Ravenna [9].

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A partire dall’epoca dei Flavi, entrambe le flotte basate in Italia ebbero il titolo di “pretoria”, inteso a sottolineare il loro ruolo al servizio diretto dell’imperatore [10]. Tale epiteto prestigioso mantenne il suo pieno significato concettuale per oltre due secoli, fino a quando la Tetrarchia e soprattutto Costantino allontanarono da Roma il baricentro dell’Impero. Sul finire del IV sec. le due flotte continuavano comunque ad essere considerate le maggiori forze navali imperiali [11], pur venendo progressivamente ridotte a beneficio, nel V sec., di varie altre flottiglie minori votate alla difesa terrestre [12].

Fine I Parte – continua

Domenico Carro

 

Note

[1] Strabone 5,4,8

[2] Nello studio della storia navale antica, è stata infatti rilevata l’esistenza di «an astonishing link between the most remote periods and our times. Some of these connections are most certainly traditions of the western part of the Old World» (Arnaud 2016, p. 618)

[3] Cfr. Carro 2014, pp. 126-137.

[4] Unendo il lago Lucrino al mare (quale bacino portuale) ed al lago Averno (sede delle costruzioni navali).

[5] Suet. Aug. 49,1; Tac. ann. 4,5,1. Questa suddivisione deve essere avvenuta nell’estate 29 a.C., al rientro delle navi dall’Egitto. Sarebbe infatti illogico supporre che Ottaviano ed Agrippa non avessero ancora deciso come sistemare le proprie navi, mentre avevano già destinato a Forum Iulii (Fréjus) quelle catturate ad Azio.

[6] Dovremmo presumere che siano tornate a Ravenna le navi che in quel porto erano rimaste al termine della guerra Dalmatica, per poi recarsi a Brindisi all’inizio della guerra Aziaca.

[7] Si tratta della fonte più ampia ed attendibile per lo studio delle flotte imperiali (Chapot 1896, pp. 2 e 11).

[8] Dati particolareggiati in Carro 2002, pp. 186-215. Naturalmente le epigrafi non sono tutte coeve, ma riflettono a grandi linee una situazione durevole, data la tradizionale ripetizione dei nomi navali.

[9] Di essa ci sono pervenuti solo 40 nomi di navi. Questo evidente squilibrio invalida i risultati di chi ha calcolato la consistenza delle due flotte d’Italia presupponendole identiche (Reddé 1986, p. 554).

[10] Maiuri 1981, p. 94; Reddé 1986, pp. 511, 515 e 519.

[11] Veg. mil. 4,31: testo scritto sotto l’impero di Teodosio (Sirago 1984, pp. 94-95).

[12] Le flotte di Miseno e di Ravenna (ormai non più “pretorie”) sono ancora citate, unitamente alle flottiglie minori, nella Notitia Dignitatum, pubblicata nelle prime decadi del V sec.; cfr. Sirago 1984, pp. 110-111.

 

 

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