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Esperienze sugli operatori subacquei per tossicità neuropolmonare da iperossia

tempo di lettura: 5 minuti

 

.livello difficile

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ARGOMENTO: MEDICINA SUBACQUEA
PERIODO: XX SECOLO
AREA: STORIA

parole chiave: COM.SUB.IN, medicina iperbarica, neuro tossicità polmonare
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Prendendo spunto dall’articolo pubblicato sull’uso dell’ossigeno secondo la Marina Olandese è possibile fare un parallelo con gli studi e le esperienze nella MMI (COM.SUB.IN) già nella seconda metà negli anni ’60 del 1900.  È un argomento su cui c’è ancora molto da sapere sia sul piano scientifico che su quello tecnico-operativo. La conoscenza delle tossicità dell’O² su SNC e polmone (per la tossicità sull’occhio è data per certa  solo la fibroplasia retro lenticolare del neonato  prematuro in 0²) si formò “sull’ondata di entusiasmo per l’ossigenoterapia iperbarica” (Gowdey 1966).

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Pochissimi studiosi pensarono di accomunare le esperienze della camera iperbarica a quelle sul nuotatore subacqueo con ossigeno; L.C. Jenkis (Anestesia Generale e SNC) riporta il dettaglio di uno studio di Kidd -1964 con livello di soglia (pressione in ATA e minuti-ore-giorni), respirazione di O² 100% in ambiente isolato, a  riposo e dopo attività leggera di nuoto subacqueo. Nello studio venne confermata un’alta variabilità individuale circa la comparsa dei sintomi della tossicità sul SNC o CNS. Circa gli effetti dell’iperossia sui vasi retinici vi sono invece esperienze discordi e contrapposte (Saltzman e coll. versus Henkind 1964).

La domanda è cosa determini questa variabilità
Yarboroug, in uno studio sui sommozzatori militari, rilevò che circa la metà di essi poteva tollerare senza disturbi 4 ATA per 30 minuti. Circa i sintomi da compromissione del CNS, H.C. Churchill – Davidson (Anestesia Clinica 1969) descrive una dettagliata sequenza: i primi sintomi a comparire sono nausea, vertigini, parestesia alle mani, acufeni, restringimento del campo visivo e stato ansioso; seguono fascicolazioni alle labbra, palpebre e dei muscoli della mano, tachipnea, spasmi diaframmatici (causa di vomito). Le convulsioni, che sono il sintomo più temibile, possono comparire improvvisamente.

Lo stesso Autore riferisce che il paziente (si tratta di osservazioni in camera iperbarica) può presentare movimenti mioclonici epilettiformi per diverso tempo a paziente tuttavia cosciente, lucido sin dall’inizio: questo è un dato importante che val la pena di verificare nel subacqueo. L’improvvisa comparsa delle convulsioni rende difficile stabilire esistenza e durata di un periodo pre-convulsivo e tuttavia all’EEG si evidenziano segni di iper-irritabilità corticale e l’elettromiogramma dei muscoli delle labbra mostra i segni più precoci delle fascicolazioni muscolari.

Per quanto riguarda la patogenesi della tossicità è il caso di dire che siamo ancora in alto mare: la causale patogenetica da ROS (Reactive Oxigen Species) rappresenta al momento la teoria  più accreditata e  alcuni studiosi confermano che  i radicali liberi attaccherebbero le membrane cellulari dei neuroni  e  gli enzimi mitocondriali dell’ ossido- riduzione (Lamy, Deby con aspetti fisiopatologici  del metabolismo dell’02, 1982).

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Già Haugaard (1959)  presuppose un’inibizione enzimatica  transitoria da  blocco di coenzimi contenenti  gruppi  sulfidrilici: tra gli inibiti ci sono quelli importanti che presiedono al ciclo degli acidi tricarbossilici (piruvati , succinati, ecc. ) intermedi del metabolismo degli zuccheri  con conseguente sensibilizzazione del CNS all’iperossia risultandone un ridotto metabolismo energetico. Quanto sopra potrebbe spiegare almeno in parte l’individualità della risposta alla tossicità.

Per quanto attiene al citato aumento del flusso ematico cerebrale o CBF Saltzman dimostrò che linalazione di una elevata concentrazione di  a pressione atmosferica determina vasocostrizione cerebrale senza importanza clinica.

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E allora l’aumento del CBF?
Verrebbe da pensare che solo una P a più di 1,3 ATA sia in grado di determinarlo e/o sia concausa di iper-afflusso ematico per pressione idrostatica dal circolo periferico muscolare e splancnico al centro (cuore-polmoni e CNS). Lambersten (1961) aveva chiaramente dimostrato che un aumento della concentrazione di CO², inspirata al 2% in iperbarismo di 0², determina un aumento della frequenza della comparsa delle convulsioni, Una possibile causa di questo aumento di tossicità può essere data dalla vasodilatazione cerebrale da CO² con conseguente notevole aumento del flusso ematico cerebrale.

E’ importante quindi valutare l’efficienza del sistema filtrante dell’anidride carbonica in relazione a tempo/lavoro muscolare.
Circa i farmaci utili a prevenire od attenuare la tossicità sul CNS, la caffeina è interessante perché pur essendo un forte eccitante della corteccia cerebrale è vasocostrittrice delle arteriole cerebrali con riduzione della tensione di nel cervello (Goodman e Gilman). Altri farmaci sperimentati risultano il propranololo (un betabloccante, molto interessante), i derivati delle benzodiazepine specie la carbamazepina che purtroppo ha un potente effetto sedativo (Joany, Brue et alii, 1979) . 

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A proposito delle conseguenze operative nell’articolo della Marina olandese si parla di ”rischio accettabile” e ci si riferisce ai limiti proposti dalla US NAVY; curiosamente essi non si differenziano di molto da quelli contenuti nel mio vecchio “ L‘OPERATORE SUBACQUEO  Manuale Tecnico  per gli Ufficiali Medici”  del 1965,  in caso di esecuzione  di lavori particolarmente gravosi (vedi tabella inferiore).

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Interessante appare il confronto fra i limiti stabiliti dalla US NAVY ed il modello proposto dal medico israeliano Ran Arieli. L‘esperienza professionale mi rende incline alla prudenza e a propendere quindi per il modello US NAVY perché il rischio “dell’accettazione di un rischio massimo” è che questo possa diventare una regola permissiva per superarlo.

Tossicità polmonare o POT
Molto esplicativa l’incipit e l’evoluzione di una bronchiolo alveolite acuta che estremizzata diverrebbe emorragica. Questo quadro patologico è ottenibile solo sperimentalmente con la tecnica di Lorrain-Smith con elevate P e tempi protratti a ore e giorni, tanto che non esiste in letteratura casistica alcuna di POT residuali nell’uomo.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è cas2-mod.pngIl quadro di bronchiolo alveolite iperossica descritto è molto simile a quello causato dall’infezione da COVID SARS 2, sia per l’anatomo-istologia che per l’evoluzione nella fibrosi; un fatto che mi induce a elucubrazioni sulla patogenesi comune fra flogosi polmonare iperossica e virale (in entrambi i casi processi iperossidativi cellulari?). Viene detto che il POT è (io direi potrebbe) essere più insidioso della tossicità sul CNS.

Dico “potrebbe” perché per immersioni estreme e quindi per profondità e tempi oltre i limiti di rischio accettabile e quindi solo incidentali, senza arrivare necessariamente all’alveolite acuta, si potrebbe verificare a livello di zone preferenziali polmonari una riduzione importante del surfactante alveolare, conseguente atelectasia ed evoluzione in fibrosi. Il condizionale è quindi d’obbligo perché si tratterebbe di un’evenienza tutta da verificare sperimentalmente a fronte di una letteratura ufficiale tutta avversa.

Concludendo
Ci sono molti elementi che portano ad una incongruenza: la letteratura scientifica sull’esperienza operatori subacquei-tossicità neuro-polmonare da iperossia dopo tanti anni è ancora a bassi livelli di produttività di lavori scientifici malgrado l’evoluzione dei mezzi di indagine e diagnosi. E’ intuitivo che la segretezza deve coprire la tecnologia delle varie apparecchiature e le tattiche di impiego, ma le conoscenze medico-scientifiche DEVONO circolare liberamente poiché da scoperte inizialmente settoriali sono spesso derivate applicazioni imprevedibili in altri settori della clinica medica. 

Rinaldo Casigliani

 


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