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livello medio
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: ITALIA
parole chiave: sommergibili, motori
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Nelle diverse ricerche sulla propulsione unica (o almeno della propulsione termica subacquea) in Italia venne seguito il concetto dell’impiego di ossigeno puro, stoccato a bordo come supplemento della miscela comburente per il funzionamento dei motori endotermici che venivano normalmente usati in superficie. Nel caso della soluzione di Del Proposto si seguiva comunque il concetto di soluzione ibrida che prevedeva, come sistema principale, lโaccumulo di energia sotto forma di aria compressa, sia come azionamento diretto sia come fornitura di aria comburente, ma non prevedeva lโeliminazione completa della propulsione elettrica.
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I motori avrebbero dovuto essere infatti commutati in “funzionamento a ciclo chiuso” per la navigazione subacquea, quando il comburente sarebbe stato costituito da una miscela composta da gas di scarico (con un tentativo di depurazione) con iniezione di ossigeno proveniente dalla riserva di bordo, costituita da bombole di Oยฒ compresso in forma liquida o gassosa. Per la propulsione a bassa rumorositร subacquea (condizione necessaria ed indispensabile per unโunitร da attacco) era comunque necessario mantenere anche un motore elettrico su batterie, cosa che comportava da un lato un aumento non indifferente di volume e peso ma dallโaltro la disponibilitร di un sistema di emergenza e di continuitร operativa qualora si fossero esaurite le riserve di aria compressa e di ossigeno. Come รจ intuibile i problemi relativi alla conservazione dell’ossigeno (forma e peso di stoccaggio delle bombole) ed alla compensazione del peso dell’ossigeno consumato erano difficili da risolvere. Non ultimo il vero punto debole risiedeva, seppur sotto altri aspetti, nello scarico dei gas combusti (in questo caso complicato dal riciclaggio degli stessi).
In generale, i sistemi a ciclo chiuso funzionarono con successo in laboratorio, sufficientemente sul banco di prova, ma male nelle prove a bordo (nel caso italiano solo su unitร di superficie). Non sono disponibili informazioni su nessuna installazione a bordo di un sommergibile, e si hanno solo riferimenti in un uso particolare e specifico sui mezzi dโassalto, comunque considerati โmezzi a perdereโ.
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Per un minimo di cronaca italiana, circoscrivendo il tema al possibile uso del motore diesel nella navigazione subacquea, la linea di sviluppo partรฌ dallโipotesi Del Proposto che prevedeva lโinstallazione di un compressore ad alta pressione in testa al normale diesel di propulsione in superficie. Nella navigazione in superficie il compressore avrebbe caricato con aria a 200 kg/cm2 una notevole (e pesantissima) batteria di bombole, mentre una volta in immersione lโaria prelevata da tali banchi sarebbe stata utilizzata per far funzionare il compressore come motore ad aria compressa, per poi utilizzare la stessa aria motrice, dopo lโespansione, come comburente nel motore diesel.
Il problema rimaneva, sempre e comunque, quello dello scarico dei gas combusti fuori bordo, che giร allora era considerato tra le difficoltร maggiori da superare, tanto difficile da costituire il vero ostacolo anche nella successiva adozione dello snorkel. Sulla base dello schema Del Proposto, Laurenti giร nel 1910 aveva preparato un progetto per unโunitร da 435 T di dislocamento con una potenza di ben 1700 HP, capace teoricamente di raggiungere la velocitร di oltre 16 nodi in immersione con la propulsione combinata aria compressa/MTP. A questo primo progetto seguรฌ quello di unโunitร di 1000 Tonnellate di dislocamento, data per 21 nodi in superficie e oltre 16 nodi in immersione; le prove in mare, effettuate su un’unitร ausiliaria, la cisterna Acheronte, dimostrarono che lโautonomia in immersione, malgrado la complicazione ed il peso di una enorme banco di bombole, sarebbe stata estremamente ridotta, e lโapplicazione del sistema non ebbe quindi seguito.
Lโincompatibilitร di questo sistema con le necessitร operativa dei sommergibili, orientรฒ la Regia Marina โ nellโ ambito delle buone relazioni in atto con la Germania ed i rapporti giร in essere di fornitura, a valutare il Sistema Krupp di rigenerazione, che risultava ancora in prova. Da questo primo spunto, tra le due guerre presero avvio i successivi studi che ebbero come protagonisti i fratelli Ferretti e lโammiraglio Minisini, che esplorรฒ la nicchia della propulsione dei mezzi di assalto.

schema di sistema rigenerativo per lโuso in immersione dei MM.TT.PP. (motori termici principali) in prova in Germania giร nel 1933 (da U-BOAT, Rossler)
In conclusione, lโapplicazione del ciclo rigenerativo, al di lร degli incerti e non verificabili rapporti sul “mitico” minisommergibile dโassalto SA 3 che sarebbe stato costruito nello stabilimento di Baia del Silurifio italiano, un dato certo รจ che, nel 1940, all’Universitร di Stoccarda venne valutato un diesel a ciclo chiuso (CCD). Una proposta tanto avanzata come progetto di dettaglio del sistema integrato che portรฒ, giร nel 1941, ad una prima installazione sullโU798. Si trattรฒ di segreti relativi, in quanto il problema del motore unico e del circuito chiuso per i motori endotermici, era ampiamente dibattuto da tempo, sia a livello di seminari tecnici (come quelli periodici dellโ Istituto della Vasca Navale) sia a livello di docenza neppure altamente specialistica, come nel caso del Comandante Varoli Piazza.
Varoli Piazza, nelle sue lezioni del 1937 alla Scuola di Guerra Aerea, parlando delle caratteristiche dello strumento offensivo per eccellenza della Regia Marina, i sommergibili, sottolineรฒ come la costruzione degli stessi avesse delle criticitร , sia operative sia costruttive, per lโesponente di peso, che sintetizzava nei seguenti parametri (in percentuale del totale)
- Scafo 45 %
- Allestimento 14 %
- Armamento 04 %
- Apparato motore 29 %
- Zavorra 08 %
Una sintesi da cui appariva evidente lo squilibrio di tale distribuzione, quasi solo โcostiโ, riferiti a tanti materiali e tanto equipaggio altamente specializzato, per portare per mare un miserrimo 4% di armamento.
La costruzione di minisommergibili poteva non solo costituire, almeno a scopi difensivi, un enorme risparmio, ma anche riequilibrare se non ribaltare tali parametri, riservando unโelevata percentuale allโarmamento di almeno due siluri.
Il relatore mise in risalto come, sino ad allora, la propulsione in immersione fosse identica per tutti i sommergibili esistenti, facendo ricorso a batterie di accumulatori e motori a corrente continua: gli accumulatori venivano caricati dagli stessi motori elettrici, impiegati come dinamo trascinate dai motori termici, una volta disaccoppiati dalle rispettive linee dโassi, con lโalternativa (incidentalmente tipica dei piccoli sommergibili) della sola propulsione elettrica e della carica delle batterie effettuata con mezzi esterni o – in forma autonoma e prolungata, in porto – da un gruppo elettrogeno di bordo a combustione interna.
Il sistema a batterie di accumulatori era perรฒ viziato dallโeccessivo peso, circa 100 Kg per ogni HP erogabile, con una capacitร di energia estremamente limitata. Le massime velocitร in immersione, non continuative, non superavano gli 8/10 nodi, con unโautonomia massima a questi spunti di circa unโora. Mantenendo basse velocitร lโautonomia poteva crescere esponenzialmente, fino a 20 ore ed anche oltre. In questo quadro, oltre agli esperimenti giร citati ed agli esempi che seguiranno, risulta evidente che si trattรฒ di un tema allโordine del giorno in campo internazionale, anche di confronto e di valutazione costi/benefici tra le soluzioni, riportando il tutto alla tecnologia ed allโimpiantistica disponibile nei diversi paesi. Varoli Piazza giร nel 1937 si spingeva a considerare quale tendenza la realizzazione del โmotore unicoโ, tendenza che collocava addirittura tra due alternative ben definite (e quindi note e disponibili a livello di conoscenze). Curiosamente da parte sua non ci fu nessun accenno a studi e possibili soluzioni nazionali (come sarebbe stato il caso dei Ferretti) mentre nei pressochรฉ contemporanei Annali dellโIstituto della Vasca Navale si accennรฒ genericamente a studi in corso senza azzardare previsioni di validitร ed applicabilitร .
Fine parte II – continua
Gian Carlo Poddighe
in anteprima disegno originale del Ictineรฒ del 1858 – Autore Narcรญs Monturiol – foto FCA00000 File:Ictineo plan.GIF – Wikimedia Commons
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Ufficiale del Genio Navale della Marina Militare Italiana in congedo, nei suoi anni di servizio รจ stato destinato a bordo di unitร di superficie, con diversi tipi di apparato motore, Diesel, Vapore, TAG. Transitato allโindustria nazionale ha svolto incarichi di responsabilitร per le costruzioni della prima legge navale diventando promotore delle Mostre Navali Italiane. Ha occupato posizioni dirigenziali sia nel settore impiantistico che delle grandi opere e dellโindustria automobilistica, occupandosi della diversificazione produttiva e dei progetti di decarbonizzazione, con il passaggio alle motorizzazioni GNV.
Eโ stato membro dei CdA di alcune importanti JV internazionali nei settori metallurgico, infrastrutturale ed automotive ed รจ stato chiamato a far parte di commissioni specialistiche da parte di organismi internazionali, tra cui rilevanti quelle in materia di disaster management. Giornalista iscritto allโOdG nazionale dal 1982, ha collaborato con periodici e quotidiani, ed รจ stato direttore responsabile di quotidiani ricoprendo incarichi di vertice in societร editoriali. Membro di alcuni Think Tank geopolitici, collabora con quotidiani soprattutto per corrispondenze allโestero, pubblica on line su testate del settore marittimo e navale italiane ed internazionali. Non ultimo ha pubblicato una serie di pregevoli saggi sullโevoluzione tecnologica e militare sino alla 2^ Guerra Mondiale, in particolare della Regia Marina, pubblicati da Academia.edu.