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livello medio
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: Sommergibili
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Secondo molti storici la Prima e la Seconda Guerra Mondiale sono lo stesso conflitto con una soluzione di continuità: tale concetto è a maggior ragione valido per la prima e la seconda battaglia dell’Atlantico. In quanto a concetti operativi, a mezzi tecnici ed a molti dei suoi protagonisti la Marina Tedesca affrontò la seconda guerra mondiale in uno spirito di continuità e, ovviamente, di rivalsa e riscatto della sconfitta subita in prima battuta. Purtroppo anche per i cantieri tedeschi, al contrario di quanto avvenne per la flotta di superficie, la ripresa delle costruzioni subacquee fu percepita in termini di continuità e non di radicale innovazione, adottando schemi, progetti ed attrezzature nel complesso già ampiamente datati facenti riferimento alle esperienze acquisite nella I guerra mondiale.
L’ unica vera novità, attribuibile non ai cantieri ma al genio organizzativo di Speer e della sua struttura, fu la costruzione modulare decentrata, che coinvolse nelle subforniture una miriade di strutture lontane non solo fisicamente ma anche concettualmente dalla cantieristica navale; strutture che imposero le poche innovazioni introdotte nella costruzione degli “scafi”. La struttura tecnica e le costruzioni subacquee della Marina Tedesca allo scoppio del secondo conflitto mondiale erano nella sostanza l’evoluzione, nella continuità, di quelle della fine della prima guerra mondiale, con certi miglioramenti dovuti quasi esclusivamente ad una maggiore disponibilità ed affidabilità dei componenti derivanti dallo sviluppo industriale degli anni ’30, ma anche con i condizionamenti che la lobby industriale tedesca riusciva ad imporre al regime nazista ed ai suoi organi di programmazione produttiva.
varo di un sommergibile tedesco Type VII, gennaio 1941- fotografo sconosciuto – Unknown photographer – Casa editrice Cracovia-Varsavia Numero di accesso 2-2559 – Fonte https://audiovis.nac.gov.pl/obraz/2708/ Wodowanie niemieckiego okrętu powodnego (U-Boot typu VII) (2-2559).jpg – Wikimedia Commons
In base a tali presupposti ed in base a tali condizionamenti, la marina tedesca non era ancora pronta, dal punto di vista tecnologico, per un nuovo conflitto; gli studi ed i progetti innovativi partirono troppo in ritardo ed i risultati in generale furono troppo tardivi per essere applicati su nuovi mezzi operativi ed influenzare i risultati della guerra. I mezzi tecnici ad un’analisi critica più recente ed obbiettiva si sono rivelati inferiori al mito creato intorno ad essi; come esempio basta ricordare che i tre principali tipi di unità della Reichsmarine, il tipo II, il tipo VII, il tipo IX erano sviluppi di battelli già ampiamente operativi nella prima guerra mondiale. Il tipo VII da solo, riprodotto in oltre 600 esemplari, ha costituito oltre il 50% dei battelli in servizio ma anche oltre l’80% della forza di prima linea. E’ il tipo di unità subacquea riprodotto, in termini assoluti, nel maggior numero di esemplari; poteva essere considerata un’unità ancora valida all’inizio del conflitto e per le tattiche allora adottate ma divenne sicuramente obsoleta già nei primi anni di guerra. Malgrado ciò un’unità, che era solamente il risultato di un’evoluzione relativamente limitata, per quanto riuscita, di un progetto e di concetti costruttivi – ed operativi – risalenti alla prima guerra mondiale, nelle sue varie versioni fu prodotta sino agli ultimi giorni del conflitto e costituì il nerbo della forza subacquea tedesca.
Tra i miti che dovrebbero essere sfatati, esiste la giustificazione di molti scrittori ed analisti che il tipo VII, pur non essendo tecnologicamente più avanzato dei sommergibili francesi o inglesi, era perfettamente adatto alla dottrina operativa tedesca. Ci si rifà ad una supposta perfetta coerenza, modellata sul battello, tra ordini, addestramento del personale, materiale, con la dottrina operativa tedesca (tattica), ma forse non si riflette abbastanza se fosse coerente, evoluta e continua la visione strategica della guerra, inclusa quella sottomarina. Data la discendenza da progetti noti e ben definiti della 1^ guerra mondiale è anche abbastanza agevole tratteggiare i principali miglioramenti addottati per la 2^ guerra mondiale, a dimostrazione della relativa modestia di tali interventi e della rapida obsolescenza dei mezzi:
a) dal punto di vista costruttivo e dell’architettura navale si poterono apportare scarse modifiche ai progetti esistenti, soprattutto in termini di stretching per guadagnare spazi ai fini di una migliore abitabilità e installazione di nuove apparecchiature; così per i tipi VII si ristudiò la sola sezione centrale, in generale con l’allungamento della sezione cilindrica e l’introduzione di limitate modifiche alle sistemazioni interne comprendenti anche casse nafta in posizione pressoché baricentrica all’interno dello scafo resistente.
b) Tanto i motori diesel quanto i motori elettrici risultarono più affidabili e silenziosi, quale conseguenza diretta dei progressi e della diffusione degli stessi in campo civile ed industriale piuttosto che risultato di ricerche specifiche (quando si trattò di spingere le ricerche in tali settori e trovare soluzioni specifiche, di maggior potenza, minor peso e dimensioni, le difficoltà risultarono pressoché insormontabili in tempi brevi).
c) Le batterie disponibili sul mercato risultarono più efficienti, permettendo maggiori tempi e percorsi in immersione; anche in questo caso si trattò di evoluzione di progetti già disponibili, facilitata dal fatto che l’unico produttore tedesco non fu colpito dalle misure restrittive del trattato di Versailles e non solo continuò ad operare sul mercato civile ma effettuò anche una serie di forniture per battelli di marine straniere, ma anche in questo settore – a parte un notevole sforzo di produzione industriale – poco fu fatto , in tempo utile, in termini di ricerca e sviluppo.
d) Per il lancio dei siluri fu introdotto il sistema di lancio senza “bolla d’aria”, tanto perniciosa per l’identificazione del sommergibile nel delicato momento del lancio. Il numero dei tubi lanciasiluri rimase però ridotto, con ulteriori limitazioni derivanti dalle procedure operative, anche individuali, e la sistemazione e manovra dei siluri risultò difficoltosa e condizionante della vita di bordo, ben al di là delle difficoltà usuali per l’epoca e la destinazione dei battelli.
e) Solo a partire dallo scoppio della 2^ guerra mondiale vennero spinte le ricerche ed avviata la produzione di siluri a propulsione elettrica, meno individuabili per la scia, anche se i siluri elettrici non riuscirono mai a soppiantare completamente i siluri ad aria compressa (e sull’affidabilità dei siluri tedeschi, compresa la pericolosità di alcuni tipi acustici che con certezza in alcuni casi provocarono l’affondamento dei lanciatori, occorrerebbe aprire un capitolo a parte, trattandosi d’altra parte di un problema comune a tutte le marine impegnate nel conflitto). Dal punto di vista delle deficienze cui non si trovò (o non si cercò) adeguata soluzione, vanno portati come esempi il fatto che i sommergibili tedeschi continuarono ad operare con interventi manuali ed individuali sulle valvole e gli sfoghi d’aria, a scapito della sicurezza e rapidità delle operazioni di immersione. Ad esempio, nella marina inglese, la centralizzazione con azionamento idraulico era già standard a metà degli anni ’30. Lo stesso snorkel, altro mito creato intorno all’arma sottomarina tedesca, non costituì uno standard costruttivo di base e fu faticosamente e progressivamente introdotto in servizio a conflitto inoltrato (a partire da fine 1943/inizi 1944), dopo molte resistenze e con refitting o adattamenti non omogenei che ne limitarono in molti casi l’uso.
Una curiosità
Lo studio dello snorkel derivò da uno sviluppo olandese ben noto al IvS (Ingenieurskantoor voor Scheepsbow), un ufficio tecnico della Reichsmarine, operante all’Aia già dal 1925. Va notato che nei primi periodi del conflitto, quando nacque il mito dell’arma subacquea tedesca, ciascuna unità riusciva a condurre ripetuti attacchi, sia su uno stesso obbiettivo che su diversi obbiettivi. Tanto per i propri attacchi quanto per la loro sopravvivenza i sommergibili tedeschi potevano sfruttare i limiti (numerici e tattici) delle forze di scorta inglesi.
Con il progredire del conflitto gli unici grandi successi tedeschi si ripeterono solo a livello isolato ed in acque canadesi ed americane dove gli alleati (US Navy e RC Navy) stentarono inspiegabilmente a mettere in atto le contromisure già in atto nell’Atlantico, tra l’altro derivanti dall’esperienza inglese. Quando le misure di protezione del traffico, la maggiore disponibilità di unità scorta e la maggiore velocità operativa di convogli o unità isolate portarono ad una rapida evoluzione della condotta operativa alleata, si evidenziarono i limiti costruttivi e concettuali dei sommergibili tedeschi, con scarsissime ulteriori possibilità di “evoluzione della specie”.
Le capacità di manovra per portarsi all’attacco risultarono estremamente ridotte ed anche nei migliori dei casi ciascuna unità non aveva la possibilità di ripetere o correggere l’attacco; più grave ancora, le limitazioni nella velocità e capacità di manovra condizionarono le manovre di disimpegno, con poche possibilità di scampo a cacce prolungate: quando un sommergibile è immerso e deve contare per la propria salvezza solo sulla propria relativa e questionabile invisibilità (anche acustica) la bilancia pende dalla parte dell’attaccante ed il problema si riduce, per lo stesso, a depositare la giusta carica nel posto giusto nel momento esatto in cui si richieda.
Un mortaio anti-sommergibili Hedgehog da 24 bombe sul HMS Westcott – Autore Royal Navy official photographer – Fonte IWM (collection no. 4700-01) Hedgehog anti-submarine mortar.jpg – Wikimedia Commons
Gli Alleati vinsero la guerra antisommergibili, più ancora che con gli affondamenti, quando riuscirono a localizzare i sommergibili tedeschi in ore notturne ed a mantenerli sotto pressione, con incapacità di manovra, lontani dai propri obbiettivi. Senza entrare nei dettagli di un’analisi tecnico – costruttiva che merita maggiore spazio, basta infine ricordare come le dimensioni dei sommergibili che hanno costituito la linea principale del conflitto si siano rivelate inadeguate alle esigenze operative, come sempre risultato dei compromessi imposti dall’ adattamento di progetti esistenti; l’abitabilità dei battelli tedeschi, peraltro destinati ad operare in aree lontane malgrado fossero derivati da unità concepite per operare intorno alle isole britanniche, è sempre risultata pessima, pregiudizievole per il personale ed insufficiente anche per una minima modernizzazione (o stretching) per l’installazione di nuovi apparati resisi necessari con l’esperienza bellica.
Le apparecchiature e le armi adottate, e non solo i siluri, non sempre sono risultate all’altezza delle aspettative e della capacità degli equipaggi: malgrado l’enorme sforzo tedesco, di ricerca e non sempre produttivo, anche nella forza subacquea germanica ha dovuto spesso prevalere l’arte di arrangiarsi non solo tipica del genio italico (e delle sue carenze).
Gian Carlo Poddighe
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.Bibliografia e ricerche
– US Naval Institute, Annapolis – Books, articles and publ.
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– Rower – Axis Submarine Success
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– Churchill – La 2^ Guerra Mondiale
– J.P. Mallman Showell – U Boats under the swastika
– Bekker – The German Navy
– C. Bekker – Hitler’s naval war
– K. Dönitz – Ten years and tenti Days
– Gröner – German Navy 1815/1945 – vol 2
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– Lohmann and Hildebrand – Kriegsmarine 1939/45
– Macintyre – The battle of the Atlantic
– Rossler – The U-Boat
– Ruge – Sea warfare 1939-45
– U. Gabler – Construcciòn de Submarinos
– Preston – Submarines
– Lucas – La 2^GM vista dai tedeschi
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– V.E. Tarrant – The U- Boats offensive 1914-1945
– ONI – Naval German Vessel of WW2
– Gudmundur Helgason – U-web – U-Boat war 1939/45
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– Showell German Navy Handbook

Ufficiale del Genio Navale della Marina Militare Italiana in congedo, nei suoi anni di servizio è stato destinato a bordo di unità di superficie, con diversi tipi di apparato motore, Diesel, Vapore, TAG. Transitato all’industria nazionale ha svolto incarichi di responsabilità per le costruzioni della prima legge navale diventando promotore delle Mostre Navali Italiane. Ha occupato posizioni dirigenziali sia nel settore impiantistico che delle grandi opere e dell’industria automobilistica, occupandosi della diversificazione produttiva e dei progetti di decarbonizzazione, con il passaggio alle motorizzazioni GNV.
E’ stato membro dei CdA di alcune importanti JV internazionali nei settori metallurgico, infrastrutturale ed automotive ed è stato chiamato a far parte di commissioni specialistiche da parte di organismi internazionali, tra cui rilevanti quelle in materia di disaster management. Giornalista iscritto all’OdG nazionale dal 1982, ha collaborato con periodici e quotidiani, ed è stato direttore responsabile di quotidiani ricoprendo incarichi di vertice in società editoriali. Membro di alcuni Think Tank geopolitici, collabora con quotidiani soprattutto per corrispondenze all’estero, pubblica on line su testate del settore marittimo e navale italiane ed internazionali. Non ultimo ha pubblicato una serie di pregevoli saggi sull’evoluzione tecnologica e militare sino alla 2^ Guerra Mondiale, in particolare della Regia Marina, pubblicati da Academia.edu.