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Alvin: l’esplorazione continua

tempo di lettura: 4 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: OCEANOGRAFIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: Alvin, WHOI

 

La zona più profonda degli oceani, oltre i 6000 metri, è definita “Adale” dal termine greco “ade” ossia invisibile. A queste profondità la luce del sole è assente e la pressione ambientale è enorme, superiore alle 600 atmosfere.  

Esplorare e studiare la zona adale richiede un supporto tecnologico rilevante. Fino ad oggi pochissimi mezzi sono stati in grado di spingersi così profondi e, in genere, sono rimasti a tali profondità solo per brevi periodi, spesso facendo una sola immersione prima di venire radiati, come il “Deep Challenger” del regista James Cameron che ha raggiunto il fondo della Fossa delle Marianne durante la sua sola immersione operativa prima di andare a finire in un museo. Altri sommergibili, come il batiscafo Trieste, pur essendo in grado di raggiungere le massime profondità marine hanno una manovrabilità quasi nulla essendo solo in grado di salire e scendere lungo la colonna d’acqua con spostamenti orizzontali trascurabili essendo, per costruzione, molto ingombranti e lenti.

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Lo studio degli abissi è importante per aumentare la conoscenza scientifica di questi profondi ed estremi ecosistemi ma richiede l’uso di sommergibili manovrabili ed in grado di prelevare campioni in immersioni multiple. L’Alvin è un sommergibile da ricerca di proprietà della US Navy ed operato dall’Istituto di ricerca privato Woods Hole Oceanographic Institution con sede nell’omonima cittadina di Woods Hole sulla costa del Massachusetts. Nella sua lunga carriera, iniziata nel 1964, l’Alvin ha completato oltre 5,000 immersioni consentendo migliaia di ore di studio ed esplorazione dei fondali oceanici. Fino a quest’anno la profondità operativa massima del sommergibile era di “soli” 4500 metri ma la costruzione di un nuovo scafo ed una serie di modifiche alle altre strutture consentiranno all’Alvin di raggiungere i 6500 metri di profondità permettendo l’esplorazione del 99% dei fondali oceanici.

Il punto critico è stato costruire una nuova “sfera” che è la parte del sommergibile nella quale l’equipaggio trova posto. La sfera, del diametro di poco superiore ai 2 metri, offre un volume abitativo di quasi 5 metri cubi che deve essere diviso tra le attrezzature elettroniche di controllo, il sistema di rigenerazione dell’atmosfera interna, un pilota e due passeggeri. La forma è dovuta al fatto che un oggetto sferico è in grado di resistere alle alte pressioni con il minimo dello spessore delle sue pareti, Nonostante questo più di 15 tonnellate di titanio sono state necessarie per forgiare una sfera che deve essere praticamente perfetta. Considerando che il titanio ha un costo attorno ai 50 euro al chilo stiamo parlando di un considerevole investimento solo in termini di materiale. La sfera è stata realizzata in due metà che sono state successivamente saldate insieme mediante una tecnica che assicura una perfetta tenuta.

Una volta terminata. la sfera è stata trasportata in una speciale struttura della Northrop Grumman ad Annapolis per una serie di test di resistenza idrostatica fino ad una pressione equivalente a 8000 metri per garantire un consistente margine di sicurezza rispetto alla massima profondità operativa di 6500 metri. I test sono durati quattro giorni con misurazioni estremamente accurate delle deformazioni del metallo e delle variazioni di pressione. Al termine del test la sfera è stata dichiarata sicura per la prevista profondità operativa.

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Per migliorare la visibilità per l’equipaggio la sfera è dotata di cinque oblò. Tre lungo la parte frontale e due sui lati. Ogni oblò è costituito da un tronco di cono di acrilico con la base maggiore di circa 40 centimetri di diametro e quella minore di circa 17 centimetri. Il cono è inserito nel suo alloggiamento nelle pareti della sfera con la base maggiore rivolta verso l’esterno. In questo modo l’aumento della pressione durante la discesa spinge il cono sempre di più nella sua nicchia favorendo la tenuta.

Gli interni della sfera sono parzialmente ricoperti di materiale isolante per ridurre la dispersione termica verso l’esterno, i fondali marini sono ad una temperatura costante di circa 4 gradi Celsius, e per rendere più confortevole la permanenza a bordo durante le usuali 8 ore di immersione per ogni singola missione. Purtroppo, nonostante le maggiori dimensioni rispetto alla precedente, anche nella nuova sfera non vi è posto per nessun tipo di servizi igienici. L’equipaggio deve perciò essere cauto nel bere troppi liquidi. In casi estremi delle “bottiglie di sollievo” sono disponibili.

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In caso di emergenza l’Alvin può risalire in superficie anche senza uso di energia. Un sistema di elettromagneti libera automaticamente la zavorra ed il pilota può deliberatamente sganciare una parte delle batterie, i propulsori ed il braccio campionatore in modo da rendere il sommergibile positivo e ritornare alla superficie in galleggiamento.

Viaggiare nell’Alvin non è certo comodo ma è un sacrificio che si fa volentieri per avere il privilegio di esplorare e studiare una delle zone più misteriose del nostro pianeta.

Giorgio Caramanna

Photo credit WHOI 

 

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1 commento

  1. Mauro Giordani Mauro Giordani
    11/01/2021    

    Chi conosce il dott. Caramanna sa che persona è e le qualità che possiede non ultime quelle umane. Seguo sempre gli studi che intraprende, ma questo è veramente impegnativo. Grazie Giorgio per ciò che fai per la scienza tutta.
    Mauro Giordani (Roma Italy)

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