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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XIX – XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: arrembaggio
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Per chi l’avesse perso, un interessante volume, edito da Mursia, di Massimo Annati sul tema dell’arrembaggio. Un libro esaustivo per meglio comprendere le problematiche ed i vincoli che gli uomini di mare, impiegati in compiti di polizia in alto mare, affrontano ogni giorno. Non a caso ho parlato di Uomini e non di blasonati Comandanti in quanto l’azione finale è sempre assegnata a piccoli gruppi, guidati da giovani ufficiali o sottufficiali che hanno il compito di verificare l’ottemperanza a regole internazionali da parte delle unità mercantili intercettate. Un compito che richiede, oggi come allora, un buon addestramento e soprattutto una certa dose di sangue freddo.
Il libro rivela come per molti secoli l’arrembaggio abbia rappresentato il più comune mezzo di combattere in mare. Marinai, soldati e fanti di marina, più o meno regolari, si adoperarono in questa forma di combattimento atipico che vede come terreno di scontro due superfici galleggianti. Nell’antichità lo scontro avveniva con l’abbordaggio a seguito di speronamento o di aggancio della nave avversaria (ed è il caso dei corvi inventati dai Romani) e del successivo trasbordo degli attaccanti per prenderne possesso. Questo uso fu perseguito per secoli in tutti i teatri marini dell mondo.
Curiosamente anche con l’avvento delle armi da fuoco e soprattutto delle artiglierie di bordo la musica non cambiò; bisogna infatti arrivare al XVIII secolo per assistere a cannoneggiamenti reciproci affiancati agli abbordaggi. Gli scontri avvenivano a distanza ravvicinata ovvero intorno ai venti metri per poter ottenere dalle canne da fuoco dell’epoca un’adeguata precisione e letalità. Dopo le prime scariche, il vascello abbordante accostava contro la fiancata dell’altro e l’abbordaggio iniziava.
Fu solo nel XIX secolo che la tecnologia consentì di avere armi più precise e soprattutto con portate maggiori; la tattica mutò e lo scontro finale avveniva solo per la necessità di catturare il vascello nemico (ad esempio per predarne il carico, come nel caso dei corsari e dei pirati). L’autore afferma che il termine arrembaggio (da non confondere con l’abbordo in mare, parola di tutt’altro significato, che, nella terminologia marinaresca si riferisce all’azione di accostare fra loro i bordi di due navi) possa derivare dallo spagnolo arrumbadas (da rumbo, rotta, direzione), oppure dalle passerelle poste generalmente sul castello di prua ed usate per permettere il passaggio degli attaccanti sulla nave nemica.
Queste passerelle derivano dai corvi impiegati di Romani contro i Cartaginesi. Come sappiamo i Romani (valorosi e abili soldati in terra ma mediocri marinai) utilizzarono l’abbordaggio dei nemici per trasformare i ponti delle navi, saldamente uniti mediante i corvi, in stabili piattaforme di battaglia. L’antica tattica dello speronamento con i rostri (che richiedeva una maggiore perizia marinaresca) fu così sostituita dalla lotta corpo a corpo degli equipaggi.
Forse non tutti sanno che la tattica dell’abbordaggio (anche se spesso con modalità e scopi differenti) è giunta anche ai giorni nostri e viene insegnata nei moderni centri di addestramento per le operazioni di interdizione (ad esempio al NMIOTC): il controllo dei vascelli per operazioni di polizia in alto mare richiedono infatti l’applicazione di tecniche di abbordaggio che possono essere dirette verso unità consenzienti, ovvero collaborative, o non consenzienti (con livelli di aggressività crescenti).
D’altra parte i moderni pirati effettuano tutt’oggi abbordaggi per catturare cargo e mercantili (ed i loro equipaggi) per richiederne il riscatto o, in alcuni casi, per predarne il carico. La loro minaccia è globale e non limitata solo all’Indo pacifico (Somali, Indonesia, Malacca) ed è maggiore in aree dove esiste instabilità economica, politica e limitato controllo marittimo. Da qui la necessità di mantenere strumenti idonei al pattugliamento per il controllo delle rotte commerciali e delle aree di interesse economico marittimo come gli OPV (Offshore Patrol Vessel), evoluzione delle corvette e, in parte, delle fregate. Il ruolo delle marine miliari del terzo millennio è quindi invariato rispetto ai compiti originali di protezione degli interessi nazionali anche contro le attività illecite in mare.
In sintesi, il libro dell’ammiraglio Annati ci consente una carrellata storica dell’arrembaggio, dalle origini ai giorni nostri. Al centro di tutti resta sempre l’Uomo e la necessità di un suo addestramento specifico che, nei secoli, ha mantenuto la sua importanza. Il testo, di facile lettura, non è dedicato solo agli specialisti e mostra come le qualità richieste all’Uomo sono rimaste nei secoli pressoché le stesse: preparazione, decisione e coraggio.
Ho trovato interessanti e ben descritte le tre appendici che trattano esaustivamente le fanterie di Marina (dalla nascita e lo sviluppo nei secoli), l’evoluzione delle armi impiegate durante gli abbordaggi (dalle spade agli archi e le balestre, fino ai fucili di assalto con illuminatori notturni in dotazione alle Marine moderne) e, non ultima, un analisi degli aspetti legali che regolano queste attività (ovviamente per le forze regolari). A tal riguardo nei tempi moderni la scelta dell’abbordaggio di unità in mare non è poi così immediata. Esistono infatti vincoli legislativi internazionali che limitano fortemente le azioni dei comandanti in mare. L’autore cerca di chiarirne i problemi raccontando questa complessa realtà poco nota ai più. Non resta che augurarvi una buona lettura.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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