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Il regio sommergibile Delfino

tempo di lettura: 5 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: sommergibili
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Come poteva chiamarsi diversamente? Dopo l’Unità di Italia Benedetto Brin, ministro della Marina ed ingegnere navale, decise di avviare un progetto futuristico per la Regia Marina italiana, un battello sommergibile.

Nella logica della sindrome piemontese, che poneva la neo regia marina in contrapposizione con la marina d’oltralpe, la decisione fu favorita dalle notizie sull’entrata in servizio nel 1888 nella Marine Nationale del sommergibile Gymnote.

Benedetto Brin

Il progetto del nuovo sommergibile, classificato “battello sottomarino”, fu completato a tempo di record nel 1889, sotto la guida del direttore del Genio Navale Giacinto Pullino, che venne coadiuvato da due ufficiali, Carlo Vigna e Cesare Laurenti, che sarebbe diventato il futuro progettista dei sommergibili italiani. Il battello fu segretamente sviluppato tra il 1890 ed il 1892 nell’arsenale di La Spezia, e fu dapprima denominato «Pullino». Al battello fu assegnato il motto Subsum sed superis (Sto sotto, ma offendo chi sta sopra). Solo in un secondo tempo il sommergibile ebbe il nome di Delfino. Il suo scafo era stato realizzato in sezioni circolari ed ideato per operare sempre in immersione. La parte superiore dello scafo era munita di una corazza d’acciaio spessa cinque centimetri, mentre la torretta, bronzea, aveva uno spessore di 15 cm, con alcune aperture coperte da oblò di cristallo. Il sommergibile aveva un solo motore elettrico del tipo “Savigliano” in grado di sviluppare la potenza massima di 65,2 hp. che muoveva una singola elica tripala. In realtà erano presenti altre due eliche tripale, poste in coperta che curiosamente servivano per l’immersione ed il mantenimento della profondità dette «eliche di affondamento».

Per manovrare utilizzava due timoni verticali, collocati a poppa, e due orizzontali, posti a prua. Per poter emergere venivano azionate a mano delle pompe centrifughe che pompavano aria compressa a 10 atmosfere. Il Delfino possedeva due casse d’assetto e dei piani di piombo del peso di 30 chili. Per la navigazione imbarcava la prima bussola giroscopica.

Il 29 aprile 1892, sempre segretamente, ebbero inizio le prove a La Spezia, al comando del tenente di vascello Carlo Scotti e con quattro uomini d’equipaggio: il Delfino rimase in immersione per ben cinque ore. Nonostante tutto, i vertici della regia marina italiana mantennero una certa diffidenza nei confronti dello sviluppo dei sommergibili e, al termine delle prove, nel 1895, il Regio sommergibile Delfino fu accantonato in un capannone dell’Arsenale di La Spezia.


Nel 1900, lo sviluppo dell’arma subacquea francese spinse il neoministro della Regia Marina Giovanni Bettolo a rimettere in servizio il Delfino, ordinando di riprendere le prove e migliorare la sua struttura. Il battello fu sottoposto ad una radicale ricostruzione che lo portò ad un dislocamento di 102 tonnellate in superficie e 113 in immersione; il motore elettrico fu sostituito da un motore a benzina FIAT a sei cilindri, sviluppante la potenza massima di 130 hp a 440 giri al minuto per la navigazione in superficie e da una moto dinamo da 55 kilowatt per quella subacquea la cui batteria ad accumulatori era costituita da 216 elementi al piombo, suddivisi in due sotto batterie uguali ed indipendenti. Sebbene la velocità non cambiò la sua autonomia fu portata da 24 a 165 miglia in superficie. Per l’assetto longitudinale ed in immersione il battello disponeva di una cassa d’acqua situata a prora ed una a poppa: l’assetto veniva affinato a mano trasportando da un capo all’altro del sommergibile alcuni pani di piombo del peso di 30 kg. ciascuno, come zavorra mobile.

Furono eliminate le eliche di affondamento ed i due tubi lanciasiluri da 350 mm furono sostituiti con uno singolo da 450mm per 2 siluri tipo A 60/450. Inoltre fu compartimentato con delle paratie trasversali interne, timoni di profondità con relativi servomotori idraulici, bombole d’aria compressa a 15 atmosfere. La torretta fu ampliata e dotata di una manica a vento retrattile (per aerare i motori) e di un cleptoscopio, una sorta di primitivo periscopio. All’interno dello scafo furono ricavati i serbatoi per il combustibile. Anche l’equipaggio venne ampliato con 2 ufficiali ed 11 sottufficiali e marinai.

Nel 1901 ripresero le prove del rinnovato Delfino, ed il 30-31 maggio di quell’anno il sommergibile effettuò le prove d’immersione alla presenza del re Vittorio Emanuele III e dei vertici della Regia Marina di attacco, con il lancio di siluri ed evoluzioni, alla presenza del re e dei vertici della Regia Marina.

Nel 1904 al comando del tenente di vascello Alessandro Giaccone fu trainato a La Spezia dal rimorchiatore Ciclope e assegnato alla IV Squadriglia Sommergibili. Durante la prima guerra mondiale, sebbene ormai vetusto, il sommergibile fu impiegato nella difesa di Venezia. Nel 1918 il vecchio sommergibile fu messo in riserva e, il 16 gennaio 1919, demolito.

Aveva svolto 44 missioni di agguato difensivo al largo della laguna veneta, oltre ad essere impiegato come unità scuola per i nuovi sommergibilisti.


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