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Plinio il Vecchio: morte e “resurrezione” di un ammiraglio – parte I

tempo di lettura: 4 minuti


livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE ROMANA
PERIODO: I SECOLO d.C.
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Plinio il Vecchio
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Le vicende dell’eruzione del Vesuvio dell’anno 79 dopo Cristo che seppellì Pompei sono troppo note per essere riproposte ancora una volta, così come è ben noto agli esperti di storia navale il soccorso che Gaio Secondo Plinio, ricordato come Plinio il Vecchio e comandante la flotta di Miseno, tentò di portare alle popolazioni rivierasche, soccorso assai poco efficace perché il sollevamento del fondale e il mare agitato impedirono alle navi da guerra di avvicinarsi alla costa.

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La distruzione di Pompei ed Ercolano, dipinto nel 1822, danneggiato nel 1928, restaurato nel 2011. Olio su tela, 161,6 x 253 cm. Tate Gallery, Londra Destruction of Pompeii and Herculaneum.jpg – Wikimedia Commons

I fatti li conosciamo molto bene grazie alla celebre lettera di Plinio il Giovane, così detto per distinguerlo dallo zio, che da lontano fu testimone oculare degli avvenimenti e che ne scrisse allo storico Tacito (Epistulae, VI 16). Il conferimento a Plinio dell’incarico di Praefectus Classis Misenensis, cioè comandante della flotta di Miseno, fu il coronamento della sua carriera ed una scelta indovinata: insigne letterato e scienziato ma anche con alle spalle una certa esperienza militare e di navigazione sulle acque interne, lo resse con onore. Istruito e dal carattere deciso, non era il tipo da “armiamoci e partite”, e non mancò di percorrere il Mar Mediterraneo con la sua squadra navale, approfittandone per visitare luoghi nuovi, mosso da un’insaziabile desiderio di conoscenza.

Quel giorno dell’autunno del 79, attratto dalla novità del fenomeno che si stava manifestando, ma anche avuta l’intuizione che le sue navi avrebbero potuto portare aiuto alla popolazione, non ebbe esitazioni: come scrisse il nipote, fece uscire in mare delle quadriremi e vi salì lui stesso (Deducit quadriremes ascendit ipse). La squadra costeggiò inutilmente il golfo: il vento tempestoso, l’oscurità, il maremoto, impedivano alle navi più grandi di avvicinarsi alla terra e per la stessa ragione non venne loro incontro nessuna imbarcazione mercantile carica di profughi, come forse avevano sperato. Plinio raggiunse a Stabia la villa del suo amico Publio Tascio Pomponiano (1) : vi rimase qualche tempo e schiacciò perfino un sonnellino, ma quando sotto l’incalzare degli avvenimenti cercava di raggiungere la spiaggia per reimbarcarsi, trovò la morte soffocato dai vapori velenosi sprigionatisi dal vulcano.

La lettera del nipote va presa con qualche cautela: si nota infatti la volontà di esaltare lo zio, ponendo l’accento soprattutto sulla sua impassibilità e sul suo coraggio di fronte al pericolo, tanto da restare imperturbabile e perfino dormire mentre intorno accadeva il finimondo: un tributo alla sua memoria , facendogli incarnare la figura del filosofo stoico, tanto di moda a quei tempi nel mondo della cultura. Con molte navi in mare e gli equipaggi terrorizzati, non è questo l’atteggiamento né di un esperto comandante né di un vanesio uomo di cultura indifferente alla sorte di chi si trovava vicino a lui. Le navi e gli uomini gli erano stati affidati dall’imperatore: di fronte a questo non c’era filosofia che tenesse e lui sicuramente lo sapeva. Quindi la villa di Publio Tascio Pomponiano non fu usata come osservatorio scientifico e luogo di riposo, ma probabilmente come quartier generale dove ci si teneva aggiornati sull’evolversi della situazione e da dove partivano gli ordini.

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Plinio il Vecchio ritratto in incisioni dei secoli passati in due versioni di maniera: come militare e come scrittore

Plinio fu vittima del dovere e non della sua superficialità.
Il nipote afferma, insistendo nel ritratto ideale che ne stava facendo, che l’ammiraglio fu ritrovato dopo tre giorni in posizione composta, come uno che dormisse … anche se è inverosimile che il corpo sia rimasto esposto e che non sia stato seppellito dalla continua pioggia di cenere che era in atto. In definitiva, la lettera è una testimonianza importante e corretta dal punto di vista scientifico, ma ad un esame attento emergono alcune incongruenze che analizzerò nella seconda parte dell’articolo.

Fine I parte – continua
Guglielmo Evangelista

Note

1) Publio Tascio Pomponiano, a differenza dei suoi amici Plinio e Tacito, è un personaggio che ha lasciato poche tracce. Apparteneva comunque a una ricca famiglia senatoria che nel primo secolo annoverò molti uomini politici. Il Pomponiano, amico di Plinio, era, probabilmente, assimilabile a un certo Gaio Tullio Capito Pomponio Plozio Firmoconsul suffectus dell’84 a. C.. Questo incarico lo potremmo tradurre come sostituto temporaneo in quanto se un magistrato si dimetteva o moriva prima della fine del suo mandato, veniva sostituito da un consul suffectus. Pomponio proveniva da una ricca famiglia che possedeva una villa nei pressi del Golfo di Napoli ed era conosciuto da Plinio e Tacito. Poco si conosce della sua carriera politica, oltre al proconsolato del 96 a. C. in Africa. Forse suo padre fu Plozio Firmo, prefetto del pretorio nel 68 a. C.

 

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PARTE I PARTE II
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