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L’instaurazione della pace sul mare

tempo di lettura: 5 minuti

 

livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE ROMANA
PERIODO: I SECOLO a. C.
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Cesare Ottaviano, Sesto Pompeo, pirateria, Marco Agrippa, Nauloco
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I laceranti conflitti civili che seguirono il brutale assassinio di Cesare si ripercossero anche sulla sicurezza dei mari ad entrambi i lati della nostra Penisola. La situazione divenne particolarmente grave nel Tirreno, pesantemente minacciato e tormentato dalla rovinosa pirateria orchestrata da Sesto Pompeo, secondogenito di Pompeo Magno, che aveva arbitrariamente occupato la Sicilia e da lì faceva condurre delle incursioni – in mare e contro le coste d’Italia – da parte di flottiglie armate, comandate da ex pirati catturati da suo padre. In Adriatico, invece, la guerra civile aveva indirettamente invogliato gli Illiri ed alcune altre popolazioni costiere della Dalmazia, a darsi alla pirateria. Fra quelli più attivi spiccavano i Liburni, stanziati sulle coste del golfo del Quarnaro.

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Cesare Ottaviano

Di questa situazione dovette occuparsi il giovane Cesare Ottaviano, figlio adottivo ed erede di Giulio Cesare, divenuto console e poi triumviro a soli vent’anni, avendo, in particolare, la responsabilità del governo dell’Italia e di tutte le provincie romane dell’Europa occidentale. La sua prima preoccupazione fu quella di rimuovere la minaccia navale nel Tirreno, poiché si trattava del pericolo di gran lunga maggiore. Sesto Pompeo, infatti, continuava ad incrementare le proprie forze navali, accogliendo navi ed elementi ribelli di ogni risma, proscritti e schiavi fuggitivi, e dirigeva le proprie incursioni navali contro gli interessi di Roma, ponendo in situazione di crisi l’intera Italia. Dopo varie azioni di contrasto navale, ben poco efficaci, e diversi vani tentativi dei triumviri di risolvere il problema con la diplomazia, Ottaviano decise di affidare l’organizzazione e la condotta di questa guerra navale al suo fraterno amico Marco Agrippa, che, pur essendo anche lui giovanissimo (erano coetanei ed amici d’infanzia), dovrà rivelarsi il più grande ammiraglio di tutti i tempi [34].

Per la Guerra Sicula (37-36 a.C.), Agrippa fece costruire un nuovo porto, il Porto Giulio, costituito dall’unione dei laghi Lucrino ed Averno, e vi mise in cantiere una nuova flotta di dimensioni imponenti, curando personalmente l’allestimento delle navi e l’addestramento degli equipaggi durante un intero inverno. Nella primavera successiva venne avviata l’operazione pianificata da Ottaviano ed Agrippa per prendere la Sicilia in una morsa, attaccandola da tre direzioni: Ottaviano e Lepido dovevano sbarcare con le truppe da levante e da sud-ovest, mentre la nuova flotta doveva avvicinarsi da nord al comando di Agrippa. Quest’ultimo sconfisse due volte per mare la flotta avversaria, la prima volta nelle acque di Milazzo, privando i pirati di trenta navi, la seconda volta in quelle di Nauloco, ove egli riportò la vittoria decisiva, annientando le forze navali di Sesto Pompeo (si salvarono con la fuga solo 17 navi, su 350).

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La successiva Guerra Dalmatica (35-33 a.C.) venne condotta utilizzano la stessa flotta vittoriosa, sempre sotto il comando di Agrippa. Questi sbarcò in alcune isole della Dalmazia, sconfiggendovi i pirati che vi si erano insediati, ed entrò poi nel golfo del Quarnaro, ove prese il porto principale dei Liburni (Segna) e catturò tutte le loro navi (le celebri e velocissime liburne), che immise nella propria flotta. Sbarcò poi per contribuire alle operazioni condotte da Ottaviano contro gli Illiri ed i Pannoni. A patire dal successivo inverno egli mantenne la flotta nelle acque della Dalmazia per attuare il blocco dei rifornimenti diretti ai Dalmati, che si erano ribellati.

La successiva campagna che egli condusse con Ottaviano su quelle coste così aspre fu particolarmente difficile, ma il blocco navale diede infine i risultati attesi, poiché i Dalmati, logorati dalla mancanza di rifornimenti, richiesero la pace. Dopo che il Tirreno e l’Adriatico furono resi nuovamente sicuri, la terza ed ultima minaccia all’Italia pervenne infine dal suo terzo mare, lo Ionio, e fu decisamente la più grave. Gli storici dell’antichità amavano personalizzare ogni conflitto e ci hanno abituato a pensare alla Guerra Aziaca come il duello finale fra i due pretendenti all’impero: Cesare Ottaviano e Marco Antonio. In parte si trattò anche di questo, sebbene l’idea dell’impero, come istituzione, non fosse ancora stata concepita [35]. La situazione reale fu molto più complessa. Di fatto, contro l’Italia e contro Roma si era coalizzato l’intero Oriente ellenistico che, sotto l’egida alessandrina, volle compiere un estremo tentativo di realizzare il sogno inebriante della propria egemonia, vagheggiando il risorgere dell’effimero impero di Alessandro Magno. Lo stesso Marco Antonio nel 32 a.C. era ormai privo di qualsiasi autorità (il triumvirato era spirato l’anno prima); si era sposato con Cleopatra, con la quale conviveva ad Alessandria da cinque anni, ed aveva con lei promosso la raccolta di ingenti forze di terra e di mare con il contributo di tutti regni e le regioni del Mediterraneo orientale. Nell’autunno dello stesso anno l’immensa flotta orientale – che includeva, fra navi da guerra e mercantili, 200 navi alessandrine ed altre 800 con equipaggi ellenici o egiziani – salpò dal Pireo ed entrò nello Ionio, dirigendosi verso l’Italia con il dichiarato intento di sottometterla. Avendo tuttavia percepito, tramite alcune navi esploratrici, la presenza della flotta di Agrippa che pattugliava a sud del canale d’Otranto, Antonio e Cleopatra decisero di ancorare la flotta ad Azio, per svernare in quella rada imprendibile.

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Marco Agrippa

Marco Agrippa operò subito nello Ionio per bloccare quella flotta ed intercettarne tutti i rifornimenti marittimi: per tutto l’inverno egli fece catturare le navi onerarie provenienti dal Mediterraneo orientale cariche di armi e viveri destinati ad Azio. Nella successiva primavera, intensificò le incursioni navali contro gli obiettivi nemici, si impadronì di altri punti chiave, come Patrasso e Corinto, per bloccare qualsiasi traffico proveniente dalla Grecia. e sconfisse in due battaglie navali delle formazioni nemiche che avevano azzardato qualche sortita. Essendo poi stato raggiunto dal console Ottaviano, sbaragliò nelle acque di Azio l’intera flotta orientale che, logorata e decimata dalle privazioni, tentava di forzare il blocco. Egli catturò 300 poliremi e distrusse le altre, tranne le 60 navi di Cleopatra che presero la fuga seguite dalla quinquereme di Antonio (2 settembre 31 a.C.). I due coniugi sconfitti si tolsero la vita l’anno dopo, quando Ottaviano entrò ad Alessandria e fece dell’Egitto una provincia di Roma. Così come la vittoria navale delle Egadi aveva segnato un punto di svolta della storia romana, dando l’avvio al lungo periodo dell’espansione transmarina, la vittoria navale di Azio segnò un altro dei grandi punti di svolta epocali, consentendo l’instaurazione di un lungo e benefico periodo di pace sulla terra e sui mari del neonato Impero [36].

Domenico Carro

Note

[34] “Una vittoria ottenuta con le armi è un successo comune a comandante e soldati, ma la buona riuscita di un’impresa, dovuta all’intelligenza strategica, spetta solo al comandante” [Diod. Sic. XXXVIII-XXXIX, 22].

[35] Il principato poté essere ideato solo negli anni successivi, da parte di Ottaviano, che lo mise a punto con gradualità, adattandolo alla propria personalità ed alle circostanze.

[36] “This victory gave Octavius command of the whole Mediterranean, an indispensable preliminary to his subsequent conquest of Egypt and his assumption of imperial power as Caesar Augustus. For five centuries after Actium, commercial vessels moved from the Black Sea to the Atlantic protected only by small fleets of police vessels to keep down piracy. The entire Mediterranean and its tributary waters had become a closed sea, with all coasts and naval bases controlled by Rome. On land and sea the Pax Romana was established, the longest period of comparative peace in history.” (Potter 1981)

 

 

 

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