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NO PLASTIC AT SEA

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Petizione OCEAN4FUTURE

Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

Salve a tutti. Noi crediamo che l'educazione ambientale in tutte le scuole di ogni ordine e grado sia un processo irrinunciabile e che l'esempio valga più di mille parole. Siamo arrivati a oltre 4000 firme ma continuiamo a raccoglierle con la speranza che la classe politica al di là delle promesse comprenda realmente l'emergenza che viviamo, ed agisca,speriamo, con maggiore coscienza
seguite il LINK per firmare la petizione

  Address: OCEAN4FUTURE

Studiamo gli abissi degli oceani

Reading Time: 5 minutes

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livello elementare

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ARGOMENTO: GEOLOGIA MARINA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA

parole chiave: Fondi abissali

 

Da oltre quattro ore due uomini sono rinchiusi in una sfera di poco più di due metri di diametro appesa sotto ad un imponente serbatoio pieno di benzina. La benzina però non serve da carburante ma da galleggiante.  Gli uomini sono Jacques Picard e Don Walsh e la sfera è la cabina del batiscafo Trieste, diretto verso l’abisso Challenger nella Fossa delle Marianne.

 

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Bathyscaphe_Trieste-sw.jpg

I serbatoi di galleggiamento erano alloggiati nella fusoliera a forma di sigaro. Nella parte inferiore del galleggiante è possibile vedere la sfera d’acciaio in cui erano alloggiati i due membri dell’equipaggio 
NH 96801 U.S. Navy Bathyscaphe Trieste (1958-1963)Rilasciata dal U.S. Navy Electronics Laboratory, San Diego, California.
Autore sconosciuto – dominio pubblicoFile:Bathyscaphe Trieste.jpg – Wikimedia Commons

Dopo una lunghissima discesa finalmente l’ecoscandaglio di bordo indica l’avvicinarsi del fondo, il pilota rilascia una parte della zavorra per rallentare la velocità del batiscafo che si arresta dolcemente sul fondo a quasi 11,000 metri di profondità. È il 23 gennaio del 1960. L’oscurità è totale, interrotta solo dal freddo cono di luce generato dalle lampade del batiscafo. Attraverso il piccolo oblò di cui la sfera è dotata i due esploratori osservano un paesaggio al tempo stesso monotono ed eccitante. Monotono perché costituito da un fondale fangoso praticamente privo di caratteristiche salienti, eccitante perché questo luogo è l’abisso più profondo del pianeta. Se potessimo rimuovere tutta l’acqua degli oceani, scopriremmo una morfologia del fondale molto articolata con pianure, valli, montagne e precipizi. Il livello batimetrico (ossia la profondità) degli oceani si divide in tre settori principali: il livello attuale della costa, il livello generale dei fondali (5000 metri di profondità) e le fosse abissali profonde (oltre i 10000 metri di profondità). 

Una delle strutture più importanti dei fondali oceanici è rappresentata dalle dorsali medio-oceaniche, una lunga catena di rilievi che attraversa gli oceani della terra; la cresta delle montagne ospita una profonda valle dalla quale viene spesso emessa lava basaltica che, a contatto con la fredda acqua del fondo (attorno ai quattro gradi Celsius) si solidifica rapidamente formando dei depositi caratteristici  chiamati “lave a cuscino”.

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Lava a cuscino su un pendio al largo della Hawaii quando il magma è trasudato dal basso – foto 1988 – Credito: OAR/National Undersea Research Program (NURP)Nur05018-Pillow lavas off Hawaii.jpg – Wikimedia Commons

La continua fuoriuscita di lava genera un nuovo fondo oceanico che va a compensare quello perduto nelle zone di subduzione, Dove le placche oceaniche scivolano sotto quelle continentali o sotto altre placche oceaniche lungo il perimetro di quelli che sono definiti archi vulcanici, identificati da una serie di isole vulcaniche che emergono dal mare. Una tipologia particolare di isole vulcaniche è rappresentata dagli atolli. Il meccanismo di formazione di tali strutture venne ipotizzato da Charles Darwin; in questo caso, un vulcano sottomarino si accresce fino a formare in superficie un’isola. Una volta che l’attività eruttiva termina, l’erosione inizia a demolire le strutture emerse e la subsidenza inizia a far sprofondare l’isola nel mare. Se l’isola si trova in mari tropicali i coralli iniziano a colonizzare la sommità, ormai sommersa. La continua crescita dei coralli compensa la subsidenza, creando una tipica struttura ad anello con all’interno una laguna in generale di modesta profondità e all’esterno una ripida scarpata che raggiunge il fondo dell’oceano. La teoria è stata confermata quando trivellazioni attraverso i coralli hanno identificato rocce basaltiche alla loro base. In altri casi la sommità della struttura rimane sommersa e questo origina i “sea mount” (una bella immagine ricostruita dagli oceanografi del WHOI la vedete in anteprima). Questi monti sottomarini creano forte turbolenza con formazione di correnti anche molto veloci che trasportano una serie di nutrienti che creano condizioni molto favorevoli allo sviluppo di diverse forme di vita.

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Una stella di mare abissale – Photo credit WHOI

In opposizione alle dorsali oceaniche troviamo le fosse abissali, come quella delle Marianne esplorata dal batiscafo Trieste. Esse sono originate dalla subduzione della crosta oceanica che forma delle valli lunghe e relativamente strette, in genere associate con sistemi di isole vulcaniche. Il fondo di queste fosse è ricoperto da uno spesso strato di sedimenti fini continuamente depositati come una “pioggia” sottomarina composta da materia organica ed inorganica. Circa 50 fosse oceaniche sono presenti principalmente nell’Oceano Pacifico. Nonostante le condizioni estreme di questo ambiente abissale diverse forme di vita si sono adattate a viverci nutrendosi del materiale organico che precipita dagli strati superiori dell’oceano.

L’attività vulcanica sui fondali oceanici origina anche aree geotermiche dove fluidi mineralizzati ad altissima temperatura (spesso oltre i 400 gradi Celsius) fuoriescono da dei “camini” che si ergono per decine (ma anche centinaia) di metri dal fondo. Queste vere e proprie oasi sommerse ospitano forme di vita estremamente particolari che si nutrono dei minerali rilasciati dai fluidi, essenzialmente composti dello zolfo, attraverso un processo che è definito chemiosintesi.

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Camino geotermale profondo – Photo credit WHOI

In alcune zone della terra, spesso al largo di estesi depositi deltizi fluviali, il fondo marino è attraversato da imponenti canyon, lunghi fino a centinaia di chilometri, con fianchi ripidi e profondità fino a 2000 metri rispetto al margine continentale.

Per molti anni gli scienziati sono rimasti perplessi circa l’origine dei canyon. Quale forza poteva erodere in modo così massiccio il fondo del mare? La risposta è arrivata in modo molto particolare. Nel tempo, infatti, si sono osservate delle rotture dei cavi di trasmissione telefonica sottomarini, spesso in concomitanza con i terremoti. La cosa interessante è che tali interruzioni avvenivano in sequenza. Si è perciò intuito che i cavi venivano spezzati dal movimento di masse di detriti mobilizzati dalle scosse sismiche. In modo simile ad una frana che, scivolando lungo una montagna, travolge quello che incontra. Essendo nota la distanza tra i vari cavi e misurando il tempo delle interruzioni fu possibile calcolare la velocità di queste correnti di detriti. In alcuni casi la velocità raggiungeva i 90 chilometri orari. Sono proprio queste immense, e veloci frane sottomarine a scavare i canyon.

L’ambiente abissale è quindi ben diverso da una semplice piatta distesa di fango ma è invece caratterizzato da una serie di imponenti strutture geologiche che formano un paesaggio particolare ed estremo che tuttavia è stato colonizzato da forme di vita che si sono evolute per sopravvivere in tali condizioni.

Giorgio Caramanna

 

in anteprima: batimetria di un sea mount oceanico realizzata con immagini acustiche credit WHOI 
 
 

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Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo
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Maria pia
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Maria pia
07/07/2021 8:18

Che darei per avere solo la più piccola parte del coraggio di questi grandi uomini..

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Andrea Mucedola
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