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Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

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  Address: OCEAN4FUTURE

La Libia di Qadhdhāfī

Reading Time: 7 minutes

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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XX – XXI SECOLO
AREA: MEDITERRANEO
parole chiave: Libia, Gheddafi

 

Oggi raccontiamo la storia di Muʿammar Gheddafi, la guida della Rivoluzione della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista. La sua leadership nel bene e nel male disegnò la politica libica per decenni, di fatto creando non pochi momenti di tensione che misero a volte in pericolo la sicurezza del Mediterraneo. Comprendere la storia della Libia sotto Gheddafi è importante per analizzare con maggiore comprensione le crisi attuali nel Mediterraneo che potrebbero derivare dal delicato gioco delle potenze per assicurarsi le risorse di questo ricco Paese.   

Muʿammar Gheddafi photo courtesy of Tanja Kragujević, author Stevan Kragujević (1922–2002) Moamer el Gadafi (cropped).jpg – Wikimedia Commons

Il dittatore libico, che in un modo o nell’altro fece parlare di se per tutto il XX secolo, era nato nel 1942 in una tenda, facendo parte della tribù di Qadhadhfa, da cui il nome comunemente usato di Gheddafi (che in realtà identifica la sua etnia, una delle tante tribù minori del deserto libico). Dopo una breve carriera militare, alla fine degli anni ’50, Gheddafi frequentò la scuola coranica di Sirte, restando affascinato dalle idee panarabe del Presidente egiziano Gamal Abd el-Nasser. Una volta concluso il corso presso l’Accademia militare di Bengasi (nel 1966) e, dopo aver svolto un breve periodo di specializzazione in Gran Bretagna, cominciò la sua carriera nelle file dell’esercito libico, ricevendo la nomina al grado di capitano all’età di 27 anni. In quegli anni, nella sua mente si disegnò il progetto che cercò di realizzare per tutta la sua vita: una terza via che rigettava l’insieme dei principi della democrazia liberale, proponendo nuove idee basate sul socialismo, panarabismo , democrazia diretta  e conservatorismo. Tutto ottenuto attraverso il coinvolgimento del popolo al processo politico attraverso gli strumenti del “Congresso popolare” e dei “Comitati popolari”. In realtà furono proprio questi ultimi a trasformare il regime in un sistema non democratico e repressivo. 

Insoddisfatto del governo del re Idris I di Libia, giudicato troppo accondiscendente verso le influenze straniere, in particolari francesi e statunitensi, il 26 agosto 1969 si pose alla guida del colpo di Stato, che portò, il 1 settembre dello stesso anno, alla proclamazione del nuovo regime inizialmente guidato dal Consiglio del Comando della Rivoluzione. Una volta al potere, Gheddafi, si auto-nominò colonnello e trasformò il regime in una dittatura, abolendo le elezioni e tutti i partiti politici. Inutile dire che chi si opponeva veniva eliminato dalla scena.

La politica del suo primo ventennio viene definita dai suoi sostenitori una “terza via” rispetto al comunismo e al capitalismo; un insieme, a volte non chiaro, dei principi del panarabismo e della socialdemocrazia che Gheddafi descrisse nel Libro verde nel 1976. In quel volumetto, scritto secondo i puristi in un arabo molto semplice, proclamò l’emancipazione e l’autodeterminazione africana nei confronti del neocolonialismo perpetuato dai paesi occidentali.

In nome del Nazionalismo arabo, decise di nazionalizzare la maggior parte delle proprietà petrolifere straniere, di chiudere le basi militari statunitensi e britanniche e di espropriare tutti i beni delle comunità italiana ed ebraica, espellendole dal Paese. Arrivò a proporre una moneta unica panafricana denominata “Dinaro d’oro”, in alternativa al dollaro, da usare nelle contrattazioni commerciali. Ideò una Banca Africana che avrebbe dovuto promuovere l’unione economica dei Paesi africani per rendere il continente nero più indipendente, forte ed emancipato dal sistema monetario internazionale.

Nel 1977, grazie ai maggiori introiti derivanti dal petrolio, il regime decise di effettuare alcune opere a favore della propria nazione, con la costruzione di strade, ospedali, acquedotti e industrie. Proprio sull’onda della popolarità di tale politica, nel 1979, Gheddafi rinunciò ad ogni carica ufficiale, pur rimanendo di fatto l’unico vero leader del Paese, serbandosi solo l’appellativo onorifico di “Leader della Rivoluzione“. Una dittatura che, secondo un suo detto, non era un male  in quanto “Le dittature non sono un problema se fanno il bene della gente.” Sul “bene” ci sarebbe da discutere, col senno del poi. 

Di fatto Gheddafi reggeva la Libia con il pugno di ferro anche grazie ad un complesso gioco di alleanze interne ma anche esterne, miranti ad ottenere la leadership del Nord Africa. Un uomo spregiudicato, tirannico e divorato da insaziabili ambizioni che lo portarono ad essere tutto ed il contrario di tutto. Negli anni ’80 Gheddafi appoggia organizzazioni legate alla lotta contro Israele (OLP) e si propone come leader di un’unione politica tra i tanti Stati islamici dell’Africa, radicalizzando sempre più le posizioni anti-israeliane e anti-statunitensi. Arriva anche a sostenere altri gruppi terroristi, tra cui l’IRA irlandese e il Settembre Nero palestinese, venendo accusato dall’Intelligence statunitense di avere connessioni con gruppi colpevoli di importanti attacchi terroristici. 

Ricorderete che in quel periodo avvenne anche l’abbattimento del DC 9 di Ustica, uno dei misteri italiani mai completamente chiariti. Secondo le ipotesi più probabili, in quel tragico giorno un missile aria/aria sarebbe stato lanciato da un velivolo militare francese contro un caccia libico MiG-23 che avrebbe tentato di nascondersi nella traccia radar del DC-9 italiano. Il missile anziché colpire il MiG avrebbe raggiunto e abbattuto l’aereo passeggeri italiano. All’origine dell’intervento la convinzione francese che sul velivolo libico si trovasse proprio il colonnello Gheddafi, personaggio particolarmente inviso all’allora presidente francese Valéry Giscard d’Estaing. 

All’alba del III millennio, dopo gli attacchi terroristici alle torri gemelle, l’11 settembre 2001, Gheddafi, da sempre sospettato di azioni terroristiche pere terra e per mare (ricordo il minamento occulto effettuato da una nave libica nel mar rosso nel 1984) condannò pubblicamente Osama bin Laden, arrivando a mettere una taglia sulla sua testa. E’ il periodo in cui il leader libico si oppose al proliferare del fondamentalismo islamico, arrivando a fornire informazioni intelligence al governo statunitense su Al-Qaeda e ad altri gruppi terroristici. Gli anni 2000 videro Gheddafi protagonista del riavvicinamento tra Italia e Libia, sancito da diverse visite ufficiali del capo libico in Italia e della controparte italiana in Libia. Ma come era la situazione interna? Gheddafi aveva veramente il consenso del suo Paese?

Questa sua apparente coesione interna era in realtà basata su un regime che non lasciava spazio alle opposizioni interne.
Un fattore indiscutibile che comportò numerosi appelli e critiche da parte di molte organizzazioni umanitarie a causa dei maltrattamenti interni che venivano perpetuati sui dissidenti ma anche sui migranti africani che si avvicinano alle coste libiche per traghettare in maniera clandestina verso Europa. Gheddafi non se ne curò più di tanto e continuò la sua battaglia contro quelli che considerava soprusi dell’Occidente, arrivando a chiedere un risarcimento di 777 miliardi di dollari ai paesi colonizzatori. Nel Libro verde affrontò il problema dei medicinali e dei vaccini che non dovevano essere venduti ma gratuiti, criticando le aziende farmaceutiche occidentali che, a suo dire, producevano virus per poi proporre vaccinazioni e realizzare un profitto. 

Interessante fu in quel periodo il riavvicinamento verso L’Italia. Grazie al Governo Berlusconi, venne firmato l’accordo italo-libico in cui l’Italia si impegnava a versare 250 milioni di dollari all’anno di risarcimento per i prossimi vent’anni ed a realizzare un certo numero di opere pubbliche tra cui l’autostrada Tripoli-Bengasi., in cambio di interessanti accordi petroliferi 

Ma il suo progetto più significativo, e forse meno conosciuto, fu la realizzazione del Grande fiume artificiale, un acquedotto che preleva acqua dolce fossile dalle profondità del Sahara libico, trasportandola per centinaia di chilometri verso le città costiere di Tripoli, Bengasi, Sirte, Tobruk, dove risiede il 70% della popolazione. Per dare un idea di questa opera faraonica, nel 1996 il progetto aveva raggiunto una delle sue fasi finali: nelle case e nei giardini dei cittadini della capitale Tripoli zampillava acqua dolce non inquinata. Oltre cinque milioni di metri cubi di acqua al giorno venivano trasportati attraverso il deserto verso le zone costiere, incrementando la quantità di terra coltivabile. 

L’acquedotto comprende una rete di tubi del diametro di quattro metri che furono interrati per eliminare l’evaporazione. Il sistema si estende per 4.000 km dal deserto fino alle città della costa.From Where I am………Kuala Lumpur: Insights into Libya (anythingbeautiful.blogspot.com)

Nel febbraio del 2011, sull’onda della Primavera Araba, nacquero anche in Libia disordini popolari che ben presto sfociarono in una guerra civile sanguinosa. L’intervento militare internazionale in Libia del 2011 iniziò il 19 marzo ad opera di alcuni paesi autorizzati dalla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza che, nel marzo dello stesso anno, aveva istituito una zona d’interdizione di volo sul Paese nordafricano.

L’intervento fu inaugurato dalla Francia con un attacco aereo diretto contro le forze terrestri di Gheddafi attorno a Bengasi, attacco seguito, qualche ora più tardi, dal lancio di missili da crociera tipo “Tomahawk” da navi militari statunitensi e britanniche su obiettivi strategici in tutta la Libia. Il 20 ottobre 2011, risultando vana ogni ulteriore resistenza nella difesa di Sirte, Muʿammar Gheddafi tentò di guadagnare il deserto per continuare la lotta, ma il convoglio in cui viaggiava fu individuato da droni statunitensi ed attaccato da parte di aerei militari francesi. Gheddafi fu catturato vivo ma dopo aver ricevuto violenze di ogni tipo, fu ucciso con un colpo di pistola alla testa. il suo cadavere fu trasportato a Misurata, esposto al pubblico e, quindi, sepolto in una località segreta nel deserto libico.

Moriva così un dittatore feroce che si era macchiato di crimini aberranti contro l’umanità e che sognava un Africa diversa, libera da influenze occidentali, che si era opposto alle politiche francesi in Africa sin dai tempi in cui era entrato in guerra contro il governo del Ciad per annettersi il territorio della Striscia di Aozou, ritenuto ricco di giacimenti di uranio. 

Il Post Gheddafi
Sono passati più di otto anni dopo la caduta del regime di Gheddafi, e la situazione in Libia non si è ancora stabilizzata. Le vecchie ruggini tra le tribù riflettono faide di vecchia data, un tempo controllate con il pugno di ferro dall’ex leader massimo ed ora ricadute in conflitti tribali.

Di fatto la Libia è sprofondata in una nuova guerra civile, con una pericolosa ascesa delle forze islamiste, in parte legate anche allo Stato Islamico dell’autoproclamato “califfo” Abū Bakr al-Baghdādī e ad altre fazioni terroristiche. Ma quali furono e sono le conseguenze per l’Europa e soprattutto per l’Italia? Qual’è il ruolo della Turchia e della Russia? Lo scopriremo nel prossimo articolo.

Andrea Mucedola

 

Fonti
Blundy, David; Lycett, Andrew (1987). Qaddafi and the Libyan Revolution. Boston and Toronto: Little Brown & Co. 
Sergio Romano, (2015)  La quarta sponda. Dalla guerra di Libia alle rivolte arabe, Longanesi
Remondino (2011) Le bugie colonialiste su Libia e Africa, da https://www.globalist.it/
Umberto De Giovannangeli, Libia: due governi, due parlamenti, 140 tribù, 230 milizie (oltre l’Isis). Fotografia di un rebus inestricabile per l’Onu, L’Huffington Post
Wikipedia, vari
Storia della Libia, Zanichelli

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