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La Marina militare italiana al termine della seconda guerra mondiale

tempo di lettura: 6 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE  
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Marina Militare italiana post seconda guerra mondiale


L’umiliazione del dopo guerra

I trattati di pace di Parigi furono firmati nella capitale francese il 10 febbraio 1947 preceduti da una conferenza di pace tra gli alleati, tra il 29 luglio e il 15 ottobre 1946. Le nazioni perdenti subirono sanzioni pesantissime: la Germania non fu nemmeno considerata e, per quello che restava delle forze armate italiane, l’umiliazione fu ancora più amara di quella politica.

Cominciamo dalle clausole militari: il Regio Esercito fu portato a 185 mila unità e a 25 mila l’aviazione (con 350 aerei). Anche il tonnellaggio complessivo della flotta della Regia Marina, come vedremo nei dettagli, fu estremamente ridotto. Inoltre, le restrizioni riguardanti la Regia Marina Militare Italiana, (articolo 59), vietarono la costruzione, l’acquisto e la sostituzione di navi da battaglia, oltre all’utilizzazione e alla sperimentazione di unità portaerei, naviglio subacqueo, motosiluranti e mezzi d’assalto di qualsiasi tipo. Il dislocamento totale del naviglio militare in servizio ed in costruzione, eccettuate le navi da battaglia, non doveva superare le 67.500 tonnellate, mentre il personale effettivo non poteva eccedere le 25.000 unità.

Il protocollo navale delle quattro potenze del 10 febbraio 1947 impegnava l’Italia a mettere a disposizione delle Nazioni vincitrici (in particolare Stati Uniti d’America, Unione Sovietica, Regno Unito, Francia, Jugoslavia, Albania e Grecia) le seguenti unità navali in conto riparazioni dei danni di guerra:

navi da battaglia: Italia, Vittorio Veneto e Giulio Cesare;

R.N. Giulio Cesare

incrociatori ed esploratori: Emanuele Filiberto duca d’Aosta, Attilio Regolo, Scipione Africano, Eugenio di Savoia ed Eritrea;

Regia Nave Emanuele Filiberto duca d’Aosta

cacciatorpediniere: 5 unità classe “Soldati”, più l’Augusto Riboty e l’Alfredo Oriani;

Regia Nave classe Soldati

torpediniere: sei unità appartenenti a varie classi, fra cui le moderne Aliseo e Fortunale;

torpediniera Aliseo

sommergibili: otto battelli, di cui tre appartenenti alla recente classe Acciaio;

Regio sommergibile Acciaio ancora sullo scalo

nave scuola: Cristoforo Colombo (unità gemella dell’Amerigo Vespucci, che fu data all’Unione Sovietica e finì tristemente la sua vita in Mar Nero come … carboniera).

Regia Nave Cristoforo Colombo

La ricostruzione 
Con un così pesante fardello lo Stato Maggiore della Marina dovette affrontare la ricostruzione degli arsenali, la bonifica dei porti e delle coste dai campi minati e la necessità di riorganizzare gli staff. Il processo di ricostruzione iniziò segretamente subito dopo la guerra, in un momento in cui ancora si percepivano tensioni politiche accese nel Paese. Da un lato il desiderio di rinascita del Popolo italiano, che dopo anni di guerra aveva la volontà di riaffermare il suo valore internazionalmente, dall’altro le spinte del partito comunista italiano di avvicinarsi alla nascente Unione Sovietica.


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Il Piano Marshall, ufficialmente chiamato Piano per la ripresa europea (“European Recovery Program”), fu annunciato dal segretario di Stato statunitense George Marshall il 5 giugno 1947 all’Università di Harvard, al fine di sopperire ai gravi problemi economici e sociali che avrebbero portato l’Europa ad una totale destabilizzazione. Il progetto di Marshall, già noto al Regno Unito, venne positivamente accolto dalla Francia, che chiese di estendere gli incontri preparatori anche all’Unione Sovietica. Questa, dopo un primo inziale interesse si rifiutò di partecipare al negoziato, obbligando anche tutti i paesi del blocco orientale ed i paesi baltici a fare altrettanto. L’Italia aderì ricevendo dal 1948 al 1951 al 1.204 milioni di dollari. La Francia (2296) e il Regno Unito (3297) ma anche la Germania occidentale (1448) ottennero una fetta importante del piano. In sintesi, il Piano consentì all’economia europea di superare il dramma post bellico, favorendo ai Paesi beneficiari di superare l’indice di produzione prebellico già dal 1951. nel momento in cui il flusso di aiuti terminò.

Concetti come “libera impresa”, “spirito imprenditoriale”, “recupero di efficienza”, e la “tutela della concorrenza” divennero patrimonio dei paesi occidentali raffrontandosi a politiche comuniste di maggiore statalismo e rigidità.

Il rilassamento delle politiche di austerità ed il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione favorì lo schieramento politico pro-atlantista europeo che maturò nella creazione del Patto Atlantico, la NATO.

le prime riunioni della NATO in piena guerra fredda

La rinascita della Marina Militare italiana
Nel maggio del 1950 la Marina Militare ricostituì l’Ufficio dell’Ispettore per la Marina, in attesa di poter acquisire, una volta sollevate le sanzioni post belliche, una Portaerei leggera (CVL) dagli Stati Uniti, nell’ambito del programma MDAP (Mutual Defense Assistance Program). In vista di questo obiettivo, che tuttavia non fu conseguito, la Marina diede avvio alla formazione del personale di volo, inviando presso la Naval Air Station di Corpus Christi (Texas) un primo gruppo di Ufficiali e Sottufficiali (tra cui l’allora T.V. Antonvittorio COTTINI) per la frequenza dei corsi di qualificazione per conseguire i brevetti di Pilota e di Specialista del servizio aereo. Questi uomini sarebbe dovuti essere l’embrione dell’Aviazione di Marina, tanto fortemente negata dall’Aeronautica Militare nonostante questa componente operativa si fosse dimostrata fattore vincente in tanti scontri durante la guerra.

Nave Artigliere, D553, ex USS Woodworth classe Benson

Giunsero dagli USA due cacciatorpediniere classe Benson (ribattezzati Artigliere e Aviere) e altre tre unità di scorta che, utilizzate come fregate, costituirono la classe Aldebaran.

Nave Aldebaran

Sul naviglio nazionale, sopravvissuto alla guerra vennero avviati i lavori di ricostruzione/trasformazione di due incrociatori leggeri della classe Capitani Romani, trasformati nei cacciatorpediniere San Giorgio (D 562) e San Marco (D 563) che entrarono in servizio tra il 1955 e il 1956.

Nave San Giorgio, 1967 –  sul San Giorgio effettuai l’imbarco da allievo del secondo anno per la campagna navale addestrativa dell’Accademia Navale (1979), la sua ultima campagna prima del disarmo. Era una nave di altri tempi, con ancora le corazzature originali e locali equipaggio formicaio da cui spesso si entrava o usciva solo attraverso dei portelloni verticali. 

Furono poi realizzate quattro corvette della classe Alcione, prime unità di scorta costruite in Italia nel dopoguerra, e due cacciatorpediniere della classe Indomito, oltre a quattro fregate classe Centauro.

nave Indomito

Nella seconda metà degli anni cinquanta vennero emanate da parte dello Stato Maggiore della Marina le direttive per un nuovo programma di potenziamento dello strumento militare marittimo, anche noto come “Programma 1958“, che prevedeva la realizzazione di:

– due incrociatori lanciamissili e portaelicotteri classe Andrea Doria;
– due cacciatorpediniere lanciamissili classe Impavido;
– quattro fregate portaelicotteri classe Bergamini;
– quattro sommergibili classe Toti. 

Alle nuove costruzioni si affiancarono progetti di ricostruzione/trasformazione dell’incrociatore Giuseppe Garibaldi in una unità lanciamissili e del sommergibile Bario.


In quegli anni, precisamente nel 1956 (anno di nascita dell’Aviazione Navale), la Marina Militare, che aveva continuato a formare i suoi piloti nelle scuole della USN di Pensacola e Corpus Christi, iniziò a sperimentare i primi elicotteri imbarcati. Inizialmente vennero utilizzati dei Bell AB 47 G che, pur risultando decisamente insufficienti nelle loro capacità operative, effettuarono le prime prove  di appontaggio sulle fregate della classe Bergamini, le prime unità di scorta al mondo ad imbarcare elicotteri.

Nave Fasan, classe Bergamini, con AB 47 G – notare il minuscolo ponte di volo che veniva ampliato grazie ad un hangar telescopico

Era il 1958, il mondo stava cambiando e la Marina Militare italiana metteva le basi della grande Marina odierna.

Andrea Mucedola

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foto Ufficio Storico della Marina 

 

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1 commento

  1. Angelo Angelo
    13/05/2021    

    Per una Marina moderna ed efficace e per lo sviluppo del lavoro giovanile e non solo, dobbiamo imparare dagli errori fatti dall’ultimo conflitto in modo particolare gli alti comandi sono di esempio di tanto dolore per non cadere nella trappola dell’egoismo; ci vuole tanta autodisciplina, rispetto e onore e fiducia sempre per avere una manineria moderna ed efficace. Questo da un punto di vista di un ex marinaio del battaglione San Marco.

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