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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MAR ADRIATICO
parole chiave: Nazario Sauro, smg. Pullino
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Il 10 agosto di ogni anno ricorre l’anniversario della morte di Nazario Sauro, ufficiale della Regia Marina Militare italiana, patriota irredentista che, a seguito di una missione di guerra, fu catturato nel 1916 dagli austriaci, accusato di alto tradimento e quindi impiccato. Un grande patriota che, come tante figure storiche non sempre è citato nei libri di storia.
In una visione solo italiana, sembra quasi che coloro che hanno dato la vita per il nostro Paese debbano essere condannati al silenzio, quasi che sentimenti come l’amore patrio ed il coraggio eroico (e non quello dei disperati) siano valori da cancellare. Sebbene in tempo di pace ci sia bisogno di professionisti e non di eroi, coloro che hanno sacrificato la loro vita per ideali puri, scevri da ogni interesse personale, devono essere posti come esempi di virtù per le nuove generazioni. Questo bell’articolo di Fabio Vitale, storico della subacquea, raccontando anche le ultime ore di questo eroe dell’irredentismo italiano, con perizia e cura storica, riassume la storia della sfortunata missione del Regio Sommergibile Pullino, della sua tragica fine e del successivo complesso recupero, operato da due palombari italiani, Giacomo Varesco (o Varisco) e Francesco Culiat.
Una notte oscura
Era una notte oscura, fredda, con scarsa visibilità, tipica di quella zona di mare. Questo rendeva la navigazione in superficie del sommergibile “Giacinto Pullino” estremamente difficile. In torretta, il tenente di vascello Nazario Sauro, era spasmodicamente concentrato nel suo compito di ufficiale di rotta per guidare il sommergibile Pullino ed il suo equipaggio nel golfo del Quarnaro.

Nazario Sauro
Non era un caso. Nazario Sauro era nato in Istria da una famiglia italiana, divenne marinaio e a 20 anni era già ufficiale della Marina austro-ungarica e quindi un esperto conoscitore di quelle coste. Con l’entrata in guerra dell’Italia, Sauro si arruolò volontario nella Regia Marina, dove ottenne il grado di tenente di vascello di complemento. La missione del regio sommergibile prevedeva un’incursione bellica su Fiume ma la fortuna non gli arrise.
Il Regio Smg. Pullino era comandato dal tenente di vascello Ubaldo degli Uberti ed aveva un equipaggio di diciotto uomini. Poco dopo la mezzanotte, tra lo scoglio della Galiola e l’isola di Unie, il sommergibile urtò di prua una secca, proprio a sessanta metri dalla costa. Con il cuore in gola e la percezione di essere precipitati nel giro di un secondo in una situazione disperata, furono tentate tutte le manovre possibili ma il sommergibile non dette segno di disincaglio.
Alle prime luci dell’alba si decise di abbandonare il mezzo dopo averlo sabotato e aver distrutto i codici segreti di comunicazione. L’equipaggio sbarcò sul vicino faro, che ovviamente era spento a causa delle attività belliche, e requisì un barcone a vela dagli allibiti guardiani. L’idea era di raggiungere le coste italiane per mettersi in salvo. Nel frattempo Nazario Sauro si allontanò da solo su un battellino, cercando di raggiungere l’Istria, la sola speranza concreta di salvarsi. Sapeva che se fosse stato catturato, essendo istriano per lui sarebbe stata la fine. Gli Austriaci consideravano infatti gli irredentisti istriani alla stregua di traditori. Purtroppo due siluranti austriache catturarono sia Nazario Sauro che il resto dell’equipaggio che fu poi imprigionato a Pola. Il resto della storia è noto. Nazario Sauro, riconosciuto come istriano, fu processato e condannato all’impiccagione per alto tradimento, il 10 agosto 1916, per aver indossato i panni del nemico.
Alla moglie Nina scrisse una straziante lettera che terminava dicendo: “Cara consorte, insegna ai nostri figli che il loro padre fu prima italiano, poi padre e poi uomo. Nazario.” parole che si commentano da sole. NDR

L’equipaggio del Sommergibile “Giacinto Pullino” viene fatto sbarcare sul molo carboni di Pola, dopo essere stato catturato dagli Austriaci in seguito all’incaglio del natante allo scoglio della Galiola. da https://archivioirredentista.wordpress.com
I tentativi di recupero del sommergibile
Gli Austriaci provarono a recuperare il sommergibile cercando di tirarlo dalla secca ma, per motivi mai chiariti, questo affondò durante i loro tentativi. In seguito, venne tentato un nuovo recupero, utilizzando un discreto numero di mezzi: due pontoni, due torpediniere, due siluranti, bettoline e barche appoggio palombari. A Venezia questi movimenti non sfuggirono al Comando Dipartimentale che decise di dare battaglia per ostacolare il recupero. Fu così dato ordine al regio sommergibile Argo di recarsi insidiosamente sul posto dove si stavano eseguendo i tentativi di recupero. L’ordine era di impegnare e cercare di affondare più mezzi possibili. L’attacco dell’Argo fu sicuramente temerario e dimostrò la sconfinata fiducia riposta in questo nuovo mezzo. In effetti, fu un’azione temeraria ma anche molto fortunato. Il suo attacco non produsse danni alle navi austriache, che furono mancate dai suoi siluri, ma la confusione che fece fu tale che gli Austriaci reputarono di essere attaccati da più sommergibili e ritennero prudente ritirare la squadra di recupero a Lussin piccolo.
Il recupero
Tredici anni dopo quella fatidica notte del 1916, rinvenendo i piani austriaci di recupero del “Pullino” negli archivi dell’arsenale di Pola, il generale Ferruccio Boscaro decise di organizzare una spedizione per il suo recupero che in quel periodo aveva un grande valore simbolico per l’Italia. Furono approntati i mezzi navali dalla piazzaforte di Pola e il 19 settembre del 1929 il convoglio si mise in navigazione per la Galiola. Una volta raggiunto il luogo stimato dove doveva giacere il relitto, si immersero i palombari Giacomo Varesco (o Varisco) e Francesco Culiat. Il sommergibile si trovava su un fondale di 56 metri, una profondità allora ai limiti del possibile, e col senno del poi le operazioni d’individuazione del relitto non furono certo esenti da rischi. Una volta individuato si decise di imbracare il relitto a prua e a poppa. Culiat si immerse a poppa e cominciò il suo lavoro, durato un’ora e mezza, per l’imbragatura e il fissaggio dei cavi.
Bisogna dire che questo sistema di recupero poté funzionare perché il R. Smg. Pullino in immersione dislocava “solo” 405 tonnellate. Qualche decennio dopo, alla vigilia del successivo conflitto, le maggiori dimensioni dei sommergibili non poterono più prevedere il loro recupero a mezzo pontoni ma si dovettero approntare altri sistemi di salvataggio. Per ironia della sorte, come spesso accade nelle attività di recupero subacqueo, non appena fu raggiunto l’interno del porto di Pola, nel tentativo di far risalire il sommergibile fino alla quota di dieci metri e rendere così possibile l’immissione in uno dei bacini del Cantiere Scoglio Olivi, uno dei grossi cavi del pontone si spezzò e il sommergibile riaffondò su un fondale di trenta metri. Ci vollero altre ore di lavoro per i palombari Varesco e Culiat per poterlo riagganciare e portarlo quindi in secco in uno dei bacini di carenaggio. Una storia di palombari e di coraggio ancora poco conosciuta.
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Fabio Vitale
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storico della subacquea tra i più importanti in Italia. Ha partecipato come esperto a numerose trasmissioni televisive tra cui lo speciale sui palombari di Alberto Angeli. E’ socio della Historical diving society e autore di numerosi libri sulla subacquea e sui suoi protagonisti