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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO INDIANO
parole chiave: sicurezza marittima
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Riferimento
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Torniamo sulla situazione internazionale a seguito dell’ultimo incidente a Hormuz. Riepilogando, sia l’UKMTO che la V flotta (Comando delle forze navali statunitensi nella regione) hanno ricevuto due chiamate di soccorso separate dalle 06:12 del mattino ora locale, la prima dalla motonave M/T Altair e la seconda alle sette del mattino dal M/T Kokuka Courageous.
Entrambe le navi erano in navigazione sul canale in uscita dallo stretto di Hormuz, in acque internazionali, nel Golfo di Oman a circa 20 miglia nautiche dalla costa iraniana. Nella zona era presente in attività di pattugliamento il USS Bainbridge (DDG 96), un cacciatorpediniere lancia missili classe Arleigh Burke della United States Navy.
Dopo la sua entrata in servizio, nel 2005, l’USS Bainbridge è stato assegnato al Mediterraneo sotto il controllo operativo della VI flotta. In seguito passò sotto il comando della V Flotta, in Oceano Indiano e Golfo Persico, in un’area altamente complessa dal punto di vista della sicurezza marittima, dove pirati e contrabbandieri forniscono una sfida quotidiana alla stabilità dell’area.
L’USS Bainbridge, in una sua dislocazione nell’Oceano Indiano nell’aprile 2009, ragiunse un certa notorietà per aver evitato il dirottamento della MV Maersk Alabama da parte di una banda di pirati somali. L’azione si concluse il 12 aprile 2009 con la drammatica liberazione del comandante della nave, il capitano Richard Phillips. Phillips era stato preso come ostaggio dai pirati in fuga su una scialuppa di salvataggio ma il Bainbridge, ed altre unità, avevano mantenuto il contatto visivo con i pirati sperando, con l’assistenza dell’FBI, in una soluzione pacifica per la sua liberazione. La situazione degradò e solo grazie all’intervento dei SEAL della US Navy, ovvero con l’uso della forza, Phillips fu alla fine messo in salvo. Una storia che colpì l’opinione pubblica, che fu poi raccontata in un film con Tom Hanks del 2013, intitolato Capitan Phillips.
Come dicevamo l’USS Bainbridge si trovava nelle vicinanze, a circa 40 miglia nautiche dalla M/T Altair al momento del presunto attacco, e ricevette l’ordine di avvicinarsi immediatamente alla nave. Considerando le posizioni reciproche, il tempo di intervento potrebbe essere stimato, alla massima velocità della nave, intorno ai 60 minuti.
Alle 8:09 del mattino, un aereo statunitense riportò di aver osservato una motovedetta della classe IRGC Hendijan e diverse unità di attacco rapido del Islamic Revolutionary Guard Corps (IRGC) nelle vicinanze della M/T Altair. Identificate poi come le imbarcazioni da attacco costiero veloce (FAC/FIAC) usate dai Guardiani della Rivoluzione.
Alle 9:12 un mezzo aereo degli Stati Uniti osserva il FAC/FIAC che recupera un’imbarcazione dall’Altair fuori dall’acqua.
Alle 9:26 del mattino, gli iraniani chiedono alla motonave Hyundai Dubai, che aveva salvato i marinai dalla M/T Altair, di consegnare l’equipaggio alle FIAC iraniane. La motonave Hyundai Dubai ottempera alla richiesta e trasferisce l’equipaggio della M/T Altair sulle FIAC iraniane.
Alle 11:05 il USS Bainbridge si avvicina al rimorchiatore olandese Coastal Ace, che nel frattempo aveva salvato l’equipaggio di ventuno marinai del M/T Kokuka Courageous dopo che avevano abbandonato la loro nave. I marinai dichiarano che dopo le esplosioni avevano notato delle mine limpet inesplose sullo scafo. I marinai sono stati messi in salvo sul USS Bainbridge precedendo il tentativo della motovedetta IRGC Hendijan iraniana che si era anch’essa diretta verso il rimorchiatore olandese.
Alle 04:10 pm ora locale sembrerebbe che una motovedetta della classe Gashti dell’IRGC si sia avvicinata alla M/T Kokuka Courageous e filmata mentre i suoi artificieri stavano rimuovendo una “limpet mine” inesplosa dallo scafo, poi pubblicata dalla stampa internazionale.
Quando queste presunte limpet sono state posizionate sullo scafo?
Che siano state messe sullo scafo in maniera occulta durante la navigazione con la nave in movimento appare poco probabile a meno che si ipotizzino dei complici a bordo che abbiano provveduto loro stessi alla posa.
Perché posate al di sopra della linea di galleggiamento?
Ammesso che siano state poste in corrispondenza di aree sensibili per la nave, farlo in navigazione sarebbe estremamente complicato per qualsiasi attaccante. Immaginatevi di avvicinarvi in maniera occulta ad una nave di grandi dimensioni che sta procedendo su una certa rotta, affiancarsi al suo scafo e posare delle mine al di sopra della linea di galleggiamento. Bisognerebbe essere molto bravi ma anche molto fortunati. Inoltre, l’avvicinamento di un mezzo navale di superficie o subacqueo in maniera occulta al mercantile implicherebbe grandi negligenze da parte del Comando di bordo che sia con il radar che con le vedette avrebbe dovuto scorgere il battello attaccante. Procedure standard in quelle acque travagliate.
Non ultimo ricordo che le norme BIMCO per la vigilanza anti pirateria, da tempo in vigore in quelle aree, prevedono un controllo stretto del traffico circostante. In altre parole, un posizionamento di limpet prima della partenza delle navi dall’ultimo porto sarebbe di logica dovuto avvenire al di sotto della linea di galleggiamento, per non essere visto dalle ronde di sicurezza di bordo. In navigazione appare improbabile a meno di una complicità con il personale di bordo.
Questo tipo di azioni occulte sono molto complesse, e lo sappiamo bene noi Italiani che impiegammo per primi questo tipo di attacchi (contro le navi britanniche in porto) durante la II guerra mondiale, utilizzando delle cariche esplosive (bauletti) che venivano fissate alle alette di rollio delle navi bersaglio tramite dei morsetti. Certo la tecnica permette ora di attaccarle con dispositivi magnetici (James Bond insegna) ma la loro efficacia è maggiore se poste occultamente ed in determinate posizioni, non certo sulle paratie esterne e al di sopra della linea di galleggiamento.
Chi potrebbe essere l’autore della presunta azione?
Permane il mistero e il cui prodest, ovvero a chi giova un inasprimento della tensione nel canale di Hormuz. Forse a destabilizzare il prezzo del petrolio e a far irritare la comunità mondiale contro il regime di Teheran? Oppure a mettere in atto situazioni di pressione politica?
Le domande sono sempre aperte. Per la sicurezza del traffico marittimo speriamo solo che prevalga il buon senso.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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