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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: X SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Pisa, Saraceni, Arabi, Musetto
I mari della Sardegna, specie dopo la progressiva e sanguinosa conquista della Sicilia da parte degli Arabi (Rometta, l’ultima roccaforte bizantina, riuscì a resistere fino al 965, a 140 anni di distanza dallo sbarco dei primi soldati saraceni), rimangono estremamente pericolosi. Pisa, che inizia ad avere propri quartieri in diverse città che si affacciano sul Mediterraneo, corre il rischio, assieme alla nascente potenza genovese, di trovarsi un nemico agguerrito a poche miglia di distanza.
In Europa, tra il IX e il X secolo, ebbero luogo le invasioni dei Saraceni (o Arabi), degli Ungari (o Magiari), dei Vichinghi (o Normanni). Il termine saraceno probabilmente da un termine arabo, sciarkîn – sham, che deriva da una radice che indica dove “sorge” il sole, e ha quindi il significato di provenienti dall’Oriente. Gli arabi occidentali erano e sono ancora definiti del Maghreb (dove tramonta il sole).
Tra le città del Califfato di Cordova, Denia, sulla costa a ovest delle Baleari, è tra quelle dotate di una buona flotta. Il controllo della rotta delle Isole, che unisce geograficamente le Baleari stesse, la Corsica e la Sardegna, è considerato importantissimo anche dagli Arabi. Nonostante, e forse, anzi, proprio a causa del progressivo crollo delle istituzioni califfali all’inizio dell’XI secolo, un politico e militare arabo, conosciuto nelle cronache italiane come Musetto, accarezza il sogno di conquistare e governare l’intera rotta delle isole. Musetto, di origine slava (forse catturato da bambino), governa Denia fin dalla morte del suo capo Almanzor.
In Storia dei Tre Celebri Popoli Marittimi Dell’Italia, Veneziani, Genovesi e Pisani. Volume II (1818), Giovanni Battista Fanucci spiega la situazione in modo che oggi definiremmo “politicamente scorretto”: “Di quei Mori Musatto ne era il re e il condottiero, arabo potente in Affrica, già fatto padrone delle isole Baleari e di Denia sulla costa della Spagna presso Valenzia, da dove traeva e ciurme da navi, e popolaccio saraceno dato alle piraterie.”
Lo stato di guerra civile che travolge la Spagna islamica all’inizio dell’XI secolo produce anche un gran numero di fazioni sconfitte, sfollati e predoni. Giustamente, il Martini si chiede quanti di questi soggetti abbiano deciso di imbarcarsi sulla flotta di Musetto. La data dell’invasione non è affatto chiara, ma sembra che il primo sbarco di massa sia avvenuto nell’anno 1000.
Musetto, stando ad alcune fonti, ha un centinaio di navi e diecimila uomini, anche se dimezzare i numeri sembra (in questo e in altri casi) un esercizio proficuo ai fini di una corretta ricostruzione. I Sardi si difendono da soli. Subiscono gravi perdite, ma riescono a infliggere alcune sconfitte ai Saraceni. I giudici Bosone d’Arborea e Comita di Torres rispondono colpo su colpo per mesi, e in un’occasione è la figlia di Comita, Verina (il cui marito è stato appena ucciso dagli Arabi), a spronare i suoi all’attacco. I Saraceni contano duemila morti e, alla fine, battono in ritirata. L’unico problema di questa ricostruzione
Musetto però è un uomo orgoglioso ed un condottiero tenace. Nel 1002 si porta nuovamente in Sardegna, e questa volta riesce a conquistarne buona parte. La Barbagia, che, con un eccesso di semplificazione, possiamo definire la zona della Sardegna centro-orientale che converge verso il massiccio del Gennargentu, diventa il rifugio di Giudici e Vescovi. Una zona impervia, inespugnabile, dove la popolazione autoctona sarda ha resistito ai Cartaginesi, ai Romani, ai Vandali e ai Greci. Ancora nell’XI secolo, probabilmente, sopravvivono lì sacche di paganesimo sfuggite all’opera evangelizzatrice degli inviati di Gregorio Magno e dell’Imperatore d’Oriente.
Con la Sardegna e la Corsica praticamente in mano alle masnade di Musetto, a temere per la sopravvivenza della costa tirrenica della penisola è anche il Papa che, nel 1003, chiede ai Pisani di intervenire. A Pisa, ovviamente, la Sardegna interessa molto. Oltre alle risorse naturali, l’isola sarebbe una barriera naturale alle incursioni saracene. Il rapporto geografico tra Pisa e Sardegna è, tra l’altro, molto simile a quello che intercorre tra Genova e la Corsica.
Tornando al 1003, i Pisani sono restii ad intervenire in modo decisivo in Sardegna, come chiesto dal Papa, per due ragioni principali: (i) le posizioni occupate da Musetto in Sardegna sono molto più solide di quelle corse; (ii) la città di Lucca, rivale di Pisa, è una minaccia troppo concreta per pensare di impiegare molti soldati in mare.
Ad ogni modo, uno dei consoli pisani, Filippo Visconti, incendia gli animi dei suoi concittadini e li convince all’azione. La flotta pisana, guidata dall’ammiraglio Orlandi, intercetta la flotta araba a circa dieci miglia dal porto di Civitavecchia. Pur essendo in minoranza numerica, i Pisani riportano una grande vittoria, impadronendosi di diciotto vascelli nemici e facendo centinaia di prigionieri. E’ un momento di pura esaltazione, e l’Orlandi, probabilmente, pianifica di puntare dritto verso la Sardegna, ma le forze pisane sono costrette a tornare verso la città per respingere (con successo) un’incursione di Lucca.
L’attacco alle basi sarde di Musetto è solo rimandato. Nel 1004, la flotta di Pisa sbarca a S. Lucia e saccheggia le proprietà arabe, poi si dirige a razziare Olbia. Musetto però non è uno sprovveduto, e fa convergere forze di terra e di mare da Cagliari per circondare i Pisani. Questi ultimi riescono però a imbarcarsi e a tornare sull’altra sponda del Tirreno, rientrando in città carichi di bottino. Gli Arabi sono pienamente consapevoli del pericolo che corrono. Le loro basi sono sì abbastanza stabili, ma controllano solo una piccola parte del territorio sardo e, soprattutto, devono fare i conti con la profonda ostilità della popolazione. A quanto sembra, alle bande di Muscetto si aggiungono pochi altri contingenti da Spagna, Baleari e Nordafrica. Le taifas, gli stati sorti in Spagna dopo la caduta del califfato, sono in guerra costante tra loro (cosa che agevolò la Reconquista), mentre gli Arabi e i Berberi nordafricani non sono particolarmente amichevoli nei confronti dei loro cugini. Musetto ha intenzione di rispondere al duro colpo inflittogli da Pisa con un’azione altrettanto spericolata.
E trova il momento giusto l’anno successivo, quando i Pisani sono impegnati con altri pirati Arabi, quelli che dalla Sicilia, sotto il loro controllo, infestano le acque calabresi dopo aver preso proprio Reggio Calabria. Pisa, la potenza tirrenica in ascesa, espugna proprio Reggio e massacra tutti i Saraceni con grande giubilo della popolazione locale, ma la voglia di rivalsa e la fame di bottino dell’ammiraglio Pandolfo Capronesi e dei suoi uomini porta le navi pisane a trattenersi oltre il dovuto nelle acque del sud. I Pisani liberano Amantea, Tropea e Nicotera, roccaforti arabe in Calabria, e tornano indietro con un ricco bottino.
Quando approdano però, il 6 agosto 1004, invece di essere accolti dalla popolazione in festa, si trovano davanti uno spettacolo terribile. Parte della città è stata devastata da un’incursione di Musetto, che ha razziato e incendiato. Il comandante arabo non è riuscito a portare a termine il suo proposito di distruggere la città solo grazie all’intervento di una donna avvolta nel mito, quella che Paolo Tronci, nei suoi Annali di Pisa (1829) chiama “Chinsica Sismondi o Gismondi”. Chinsica, chiamata anche Kinzica, sentendo urlare “al fuoco, al fuoco” corre dai governanti di Pisa e fa suonare le campane. Uomini, donne e anziani scendono in strada e si uniscono ai soldati rimasti in città. A questo punto, gli Arabi desistono e tornano in tutta fretta alle navi, facendo rotta verso la Sardegna. Sull’effettiva data di questo saccheggio e dell’intervento di Chinsica si è molto dibattuto. Alcuni storici reputano che l’episodio debba essere spostato al 1016, nel corso di un’altra scorreria araba, ma, allo stato attuale della ricerca, è difficile optare per l’una o l’altra data. In questo articolo, ho preferito seguire la linea cronologica degli Annali Pisani.
Si è dibattuto anche sul nome di Chinsica/Kinzica, per lungo tempo (e infondatamente) considerato di origine araba soprattutto in ragione del fatto che, a Pisa, erano presenti mercanti mediorientali e nordafricani. In realtà, però, la presenza di stranieri è attestata dall’XI-XII secolo e sia il cognome (Sismondi/Gismondi) sia il nome stesso, derivante dal longobardo Kinzic, lasciano presupporre proprio un’origine germanica. L’opera di Maria Giovanna Arcamone (in Chinzica: Toponimo Pisano di origine Longobarda, in Bollettino storico pisano, Bd. 47 (1978) e dell’archeologa Simona Betti rappresentano sono, in questo senso, assolutamente convincenti.
Gabriele Campagnano
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disegni dall’articolo originale Pisa e gli Arabi: il Mito di Kinzica (1005) – Zhistorica (zweilawyer.com)
Bibliografia
BERTOLOTTI, Davide. Gli Arabi in Italia. 1838 (pgg 90-119)
TRONCI, Paolo. Annali Pisani. 1829 (pgg 142-172)
FANUCCI, Giovanni B. Storia Dei Tre Celebri Popoli Marittimi Dell’Italia, Veneziani, Genovesi E Pisani. Volume I, 1818. (pgg.87)
FANUCCI, Giovanni B. Storia Dei Tre Celebri Popoli Marittimi Dell’Italia, Veneziani, Genovesi E Pisani. Volume II, 1818. (pgg 30 on)
MARTINI, Pietro. Storia delle Invasioni Degli Arabi e Delle Piraterie Dei Barbareschi in Sardegna, 1861 (pag. 160)*
*Il Martini, pur avendo scritto un’opera straordinaria, ha usato tra le sue (numerose) fonti anche le famose Carte di Arborea, una serie di falsi del 1845 condannati anche dal Mommsen in persona.
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Diplomato al Liceo Classico Francesco Vivona di Roma e laureato in Giurisprudenza (indirizzo storico comparatistico), ha esercitato la professione di legale d’azienda prima di dedicarsi alla comunicazione d’impresa e istituzionale. Ha conseguito il Master Universitario di 2° livello – CMU2 in Scienze Giuridiche presso la LUISS. La sua passione principale è sempre stata la storia. Ha letto Storia di Roma Antica, di M. Grant, a soli 7 anni, e da allora non si è più fermato. In tutto, la sua biblioteca storica digitale conta più di 4.000 titoli. È il fondatore e presidente di Zhistorica e Necrosword. Ha scritto più di 250 articoli e tre libri: Storia della Presa di Famagosta (2014), I Padroni dell’Acciaio (2017) e Zodd, Alba di Sangue (2018)
Conosco la storia raccontata. Ho riferimenti temporali differenti 1015/1016. Una delle fonti è La Sardegna Pisana e Genovese di Francesco Artizzu, Chiarella Editore, Sassari, 1985. E poi ci sono gli studi di Alberto Boscolo. La sconfitta degli arabi e di Musetto segna un momento fondamentale per la Sardegna che rischiava di diventare come la Sicilia araba. In questo modo l’Isola inizia la fase italiana, poichè dopo la caduta dell’impero romano e una breve parentesi di dominazione dei vandali diviene Bizantina. Evento importante che andrebbe ricordato con maggiore enfasi soprattutto in Sardegna perché apre la porta alla civiltà dei liberi comuni. E’ in questo periodo che si forma un primo nucleo del libero Comune di Sassari che sarà confederato a Genova e legato da un associazione la cui influenza durerà a lungo.
Grazie, porteremo la sua segnalazione all’autore, il dottor Gabriele Campagnano