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livello elementare
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ARGOMENTO: PESCA
PERIODO: XVIII SECOLO
AREA: SICILIA MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Ustica, pesca, corallo
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Sono molti gli studiosi che negli anni si sono occupati di Ustica, uno fra tutti Carmelo Trasselli, indimenticato direttore dell’Archivio di Stato di Palermo, che nel suo libro “Il popolamento dell’isola di Ustica nel XVIII secolo” evidenzia quanto la pesca del corallo significò per lo sviluppo socioeconomico di quel territorio. Secondo quest’ultimo, i banchi di corallo erano già noti prima del ripopolamento ufficiale dell’isola avvenuto dopo 1760. Racconta infatti lo studioso che nel 1737 un trapanese di nome Barraco ingaggiò una piccola flotta di barche corallare che si unì ad altre imbarcazioni già allestite per la pesca, per spingersi fino all’isola alla ricerca del prezioso celenterato. Ma giunti ad Ustica tutto ciò che trovarono fu il fermo rifiuto del Delegato Regio, là presente come massimo rappresentante governativo, il quale temendo che quella flotta di pescatori depredasse le poche risorse di prima necessità presenti nell’isola, vietò loro la raccolta del corallo. Tale precauzione, tuttavia, non impedì il diffondersi della notizia sui banchi di corallo presenti a Ustica né di conseguenza l’arrivo delle barche napoletane e liparote. Il valore del corallo era tale che gli armatori pur di ottenere l’autorizzazione anche parziale alla pesca del prezioso oro rosso non esitavano a simulare acquisti di barche, scambi di personale, insomma tutto il possibile pur di restare nelle acque usticesi. Gli abitanti dell’isola rivendicavano il pieno diritto a sfruttare il corallo ed entravano, per questa ragione, in conflitto con tutti gli altri pescatori.
Ma essendo prevalentemente agricoltori non riuscivano a trarre profitto dalla pesca che richiedeva mezzi ed esperienze adeguati e non ancora in possesso della giovane comunità. Risorse che invece possedevano gli eoliani così come i trapanesi, come dimostra il documento dell’Archivio di Stato di Palermo contenuto nel Fondo Real Segreteria. Si tratta di una supplica, che al di là del contenuto specifico, mostra l’alto interesse per la pesca del corallo da parte dei liparoti, che ricordiamo furono fra i primi a giungere a Ustica nel periodo dei nuovi insediamenti organizzati avvenuti per l’appunto nella metà del 1700.
Eccolo qui di seguito: “Inteso il Re delle suppliche rassegnategli da Domenico Lo Re come capitano di ventidue barche liparote addette alla pesca del corallo, il quale ricorre anche in nome dei suoi compagni contro varie persone interessate in detta pesca per i motivi che allega nell’annesso memoriale e nei documenti in quello allegati: mi comanda la S.M. di rimetterlo a V.E. come lo eseguisco, acciò disponga che si faccia ai supplicanti pronta ed esatta giustizia anche per le spese, danni e interessi nonché le spese di avvocato e procuratore… Prenda conto dell’esito e lo dia a S.M. e occorrendo superiore providenza lo dica senza però sospendersi né il corso né l’esecuzione della giustizia e senza causarsi per tutto ciò spesa alcuna ad alcuna Università. Caserta 5 febbraio 1757. Padron Domenico Lo Re capitano di 22 barche liparote e trapanesi dedite alla pesca del corallo, tanto suo nomine proprio quanto per parte degli altri padroni e marinari. Rappresenta a S.M. che avendo avanzato all’E.V. ricorso contro i mercanti di Lipari i quali avendo esborsato il danaro per colonna delle dette barche che si portarono nelle isole dell’arcipelago per la pesca, pretendendo allo ritorno d’esse barche il di loro denaro, quando per il patto in contratto si assoggettarono alla perdita e come che detti mercanti si sono uniti con gli officiali di quella corte capitale perché loro congiunti ed aderenti, han posto in fuga parte dei marinari, parte carcerati e parte refugiati in Chiesa, essendo tratii almeno di 270 uomini capi di casa, e perché la stessa causa ad istanza di certi messinesi fu decisa dal Consolato del Mare e terra di Messina a favore dei poveri marinari, implorò l’oratore dall’E.V. le provvidenze e che abbia V.E. colla sua carità e giustizia ad informe di detto Consolato spedito sotto li 29 novembre presente anno un biglietto a detta Corte Capitale e per non essere stato eseguito si servì V.E. con altro rescritto del 22 dicembre 1756, incaricata a detta corte per non aver eseguito detto primo biglietto; pertanto implora dalla real munificenza d’incaricare all’E.V. di delegare in essa un ministro di questa Capitale à danni, spese ed interessi dei gentiluomini negozianti ed officiali congiunti, ed aderenti per far eseguire gli ordini dati da V.E. escarcerando la povera gente carcerata, dar ampio indulto, franchezza e libertà alli refugiati in Chiesa e far ritornare alle loro case i fuggitivi e di restituirli nelli danni, spese ed intere ed insieme destinarli delegato perpetuo nella città di Milazzo.“ Il mercato delle Maraviglie
Nel 1998 una studentessa catanese portò alla luce la figura dimenticata di Nicolò Serpetro, un erudito originario di Raccuja, piccolo centro collinare del messinese, vissuto nel XVII secolo. Era questi l’autore di un’opera enciclopedica edita a Venezia dal titolo “Il mercato delle Maraviglie“ un trattato di storia naturale concepito secondo i dettami della scienza dell’epoca che allo stesso tempo, però, non disconosceva le superstizioni popolari e la ricerca dello straordinario.
Nel 2012 due studiosi raccujesi, Antonino e Carmelo La Mancusa hanno pensato di ripubblicare, dopo oltre tre secoli e mezzo, il libro del loro antico concittadino, dando così ai posteri la possibilità di conoscere questo straordinario siciliano. Ecco come Nicolò Serpetro nel 1653 scrive Del Corallo:
“Il Corallo, chiamato d’altro nome Litodendron, nasce da un succo impietrito e d’un arboscello verde e molle sotto l’acqua marina, il quale ha le bacche candide, ma in specie e grandezza simili alle corniole. Subito tagliato si indurisce, prima che si tagli sembra verde tutto. Alle volte ha il tronco e li rami in parte rossi, e in parte bianchi e in parte negri. Uscito dall’acqua vien tutto rosso. Se ne coglie grandissima quantità nel mare mediterraneo e più di ogni altro in quello di Sicilia. I Massiliesi ed i Trapanesi ne fanno ogni anno la pesca estraendolo dall’intime viscere del mare… il volgo si è persuaso che difenda i fanciulli dal fascino e dai venefici, ciò non è senza superstizione. Sospeso al collo discaccia i sogni turbolenti…se è portato dall’huomo maggiormente fa rosso, ma per la consuetudine della donna si impallidisce. La cagione è, che i spiriti della donna sono fuliginosi ed il calore del corallo è più languido. Ma nell’huomo il calor naturale ha una vaporosa e mite sostanza…“.
I Francesi e la pesca del corallo a Lustrica nel XVII secolo
Sulla stessa scia delle informazioni contenute nel testo del Serpetro si muovono le fonti archivistiche. Alcuni atti notarili conservati presso l’Archivio di Stato di Palermo rivelano, infatti, come le acque di Ustica furono al centro delle attenzioni straniere, in particolare dei marsigliesi.
I documenti riportano come i pescatori di corallo francesi prendessero a nolo le imbarcazioni e tutte le attrezzature, “ingegno” compreso (si tratta del tipico strumento da pesca corallifera costituito da due grosse assi di legno disposte a croce da cui pendevano grappoli di reti; veniva calato in mare e tirato su e giù) da padroni siciliani per poter effettuare campagne di raccolta nel mare dell’isola. Viene descritto minuziosamente l’armamento in dotazione. “16 agosto 1621. Magister Bartholomeus De Natali cives panormitano mihi notario cognito… sponte locavit et locat patrono (comandante ndr) Francisco Fabri, gallo, etiam mihi notario cognito presenti et stipulandi… eius barca per servigio piscandi corallum in maribus insule Lustrice, longitudinis palmorum viginti otto in circa et bancorum quattuor una cum infrascritto armigio ut videlicet: in primis, quattro rimi di punta, dui rimi parigli, un ferro di dar fondo cum suo capo, una vila cum lo arburo et intenna, un timuni, pagliolo, due barrili, un pagliolo et sassula hoc est illam et barcam cum preinserto armigio“.
L’importanza del contratto si desume dall’autorevolezza del garante, in questo caso il Console di Francia nel Regno di Sicilia. Il succitato Bartolomeo Di Natale affitta un’altra barca a ”Joannis La Rosa, gallo de civitate paris et commoranti in civitate marsiglie”, per i quali francesi garantisce ”Joseph Laurier consules nationis gallorum in hoc Sicilie regno”. Stringenti anche le condizioni del noleggio. Si obbligano i locatari stipulandi a restituire la barca nelle medesime condizioni della consegna, inoltre ”Et hac ex causa prefatus patrono Francisco Fabri quod dicitur per loerio barca preditta… se obligat a De Natali locatori stipulanti dare ei hic Panormi una parte tangente, uni nauta ut dicitur di quelli che vanno con detta barca alla pescagione di detto corallo in li detti mari di Lustrica…”. E ancora, le eventuali conseguenze in caso di rovesci, rischi di naufragio o danni all’imbarcazione che per nessun motivo si poteva barattare: “la piscagione di detti coralli et il viaggio sono ad risium, periculum et fortunam di detto Di Natali, dei maris et hominum amicorum et inimicorum ac infidelium et in casu sinistri seu perdite ipsius barce…“. L’affitto prevedeva inoltre un compenso in natura che sottostava a condizioni molto dettagliate. Il contratto del La Rosa, per esempio, indicava le seguenti modalità: “se obliga il locatario a dare al proprietario midia parte et unum quartam unius partis ut dicitur toccanti ad un marinaro di quelli che vanno con detta barca alla pescagione di detto corallo nelli mari dell’isola di Lustrica et hoc de viagiu in viagiu successivo…”.
I conti venivano regolati anche grazie a intermediari, scelti fra persone di fiducia, possibilmente concittadini, che provvedevano anche al recupero delle somme:
”patronus Joannes Boison, gallus de civitate marsiglie, – incarica – Antonius Ysautier, posaterium, di ricuperare illos septem reales de otto monete hispanicam dovute per il padrone De Falcone ex resto realium undecis de otto monete predette dovute per tutti i servizi personali resi”.
Ingegno, antico strumento usato nella pesca del corallo mediterraneo
Non era escluso che gli armatori siciliani vendessero le loro barche e le stesse attrezzature di bordo alle compagnie straniere. Un esempio di ciò ci è fornito da un tale Francesco Garufo di Messina che “vende al patrono Jacobo Olivieri, gallo, una barca sive battello avente le stesse caratteristiche delle precedenti per il prezzo di onze otto e tarì 12“.
“Patronus Jacobus Olivier, gallus de civitate Marsiglie… patronus eius barce et arbitrio pro pescagione corallorum mihi notario cognitus sponte dedit… a Pontio Andreu etiam mihi notario cognito presente e stipulante uncias decem… quas uncias decem dictas de Olivier asserit servire pro ultimo expedimento ditte eius barce et arbitrio sine quibus non poterat nevigare et sequi viagium Lustrice per pescatione corallorum… Hoc ad opus et effettum de et cum eis tirandi consequendi et habendi di media parte lucrorum dante domino pro venditor… ex ditta barca et arbitrio… viagiis faciendis in pescatione corallorum ab hodie in antis ad lucrum et pro dittam iuxta usum et consuetudinem maritime huius preditte urbis quod lucrum… fatus de Olivier”.
Gli atti notarili danno anche importanti riferimenti per quanto attiene il commercio del corallo, gli scambi, i periodi di impegno e di ingaggio nonché il tariffario previsto per le diverse qualità e quantità del prodotto: “Patronus Jacobus Olivier, gallus de civitate Marsiglie, et ad presente hic panormi comorans patronus eius barca et arbitrio pro pescatione corallorum mihi notario cognitus coram nobis pro se et eius nautis sponte vendidit et vendit Pontio Andreu etiam mihi notario cognitus presenti stipulanti et ab eo ementi totam illam quantitatem corallorum predittum de Olivier et eius nautas cum ditta barca et arbitrio corallorum capiendorum de cetero… per totum mensem decembris… in maribus Lustrice seu in aliis maribus huius sicilie regni et hoc iuxta bonitatem et qualitatem illorum rotulorum viginti novem corallorum predittum de Olivier dicto de Andreu venditorum et consignatorum vigore contrattus fatti in attis meis infrascritto notaio hodie paulo ante ad quem relatio habeatur et casu quo ditta quantitas corallorum superioris vendita et minoris bonitatis et qualitatis dittorum corallorum consignatorum autoritate prolendati contrattus… debeat fieri tara – sotto la visione di due esperti – eligendis ex patto inter eos ditta per quantitas corallorum superioris vendita nec parte illius… nec valeat vendere nec donare nec penes se retinere pro pretio ad ragione di tarì 28 e grana 10 ponderis generali singulo rotolo di coralli franco detto di Olivier venditore ex accordio inter eos post fatta consignatione corallorum…“.
Tartana corallina, tipica imbarcazione per la pesca del corallo
Nel documento originale sono indicati altri dettagli sul prezzo assegnato al corallo puro e impuro. Il prodotto era molto ambito. Fra i committenti delle campagne di pesca anche molti italiani come Vincenzo Lo Giudice e Bernardino Cifonti, imprenditori che tenevano stretti collegamenti con i capitani francesi che a loro volta costituivano vere società per ripartire oneri e rischi. Una di queste vede protagonisti appunto “Jacobus Olivier, Johannes Falcone e Patronus Spiritus Raineri omnes galli… ad obbligationem piscatoris corallorum pro tempore mercede pretiis… obligati et obligat a detto de La Rosa ad consignationem corallorum et terral piscato a Lustrice et in aliis maris”.
Nulla era lasciato al caso. Fra le tante specificazioni anche quelle relative al trattamento della ciurma: “… durante la suddetta pescagione si farà bisogno per il loro vitto tutta la quantità del pane che al detto Olivier et ai suoi sei marinari si dovrà dare… item rotoli tre d’oglio, al mese et… vino et sardelle”.
Marsiglia è stata nei secoli una piazza del Mediterraneo particolarmente importante sia per la pesca che per la lavorazione e commercializzazione dell’oro rosso. I marsigliesi stringevano accordi anche con Livorno dove era attestata l’esistenza, già da tempo, di grosse compagnie di commercianti di corallo. Anche i pisani erano interessati allo scambio e alla commercializzazione del prodotto grezzo e dei lavorati, si prenda ad esempio la Compagnia di coralli gestita dalla famiglia Vaglienti. Senza dimenticare ovviamente la mole di affari con la celebre piazza di Torre del Greco dove nel tempo sorsero numerose aziende specializzate nella fabbricazione di gioielli di pregevole fattura. E tutto questo potè avvenire grazie all’ottimo prodotto siciliano pescato anche nel mare di Ustica che oggi grazie all’Area Marina Protetta, istituita nel 1986, si conserva in tutta la sua integrità e bellezza a vantaggio degli estimatori di questi meravigliosi fondali.
Gabriella Monteleone
Soprintendenza del Mare Regione Siciliana
NewCiMed Project: New Cities of the Mediterranean Sea Basin (Program ENPI CBC MED PROJECT)
in anteprima corallo rosso – photo credit andrea mucedola
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Bibliografia
– Lettera. Rivista del Centro studi e documentazione Isola di Ustica, Ustica 2004, n. 17-18.
– Serpetro, N. Il mercato delle Maraviglie overo Istoria naturale, Venezia 1653. Trasselli, C.
– Il popolamento dell’isola di Ustica nel secolo 18, Caltanissetta 1966.
Fonti archivistiche
Archivio di Stato di Palermo. Fondi: Conservatoria, Real Segreteria, Notai Defunti.
L’articolo fa parte della pubblicazione NewCimed Different Vision, del progetto NewCimed finanziato all’interno del programma
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