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livello elementare
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ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: ODIERNO
AREA: GLOBALE
parole chiave: Plastica, emergenza, cause
Dagli anni ’60 l’uso della plastica è aumentato drammaticamente nella nostra società e la porzione dei rifiuti plastici nella nostra spazzatura è aumentata dal 1% del flusso dei rifiuti domestici a circa il 13% (fonte US Environmental Protection Agency). Questa percentuale è in aumento preoccupante ed è divenuta ormai una emergenza non più demandabile.
plastics – photo credit @andreamucedola
Il nostro pianeta sta diventando un mondo di plastica
Conosciamo i vantaggi legati ai bassi costi dei materiali ma non tutti ne conoscono gli svantaggi e, soprattutto, l’impatto che sta diventando sempre più importante. La plastica è ovunque: dai contenitori alimentari e gli imballaggi (bottiglie di bevande, carni e alimenti) alle bottiglie di shampoo fino ai cosiddetti beni durevoli (elettrodomestici, mobili e anche interni ed esterni delle automobili. Possiamo dire che praticamente non esiste un settore in cui esse non siano utilizzate.
plastics – photo credit @andreamucedola
Certamente ci sono sforzi per renderle maggiormente biodegradabili o riutilizzabili ma non è abbastanza. L’uso (abuso) e il consumo delle plastiche è sempre più alto ed i dubbi in merito al loro effettivo riutilizzo, riciclaggio e smaltimento sono sempre maggiori.
Pochi parlano dei famosi additivi che ne alterano struttura, flessibilità, colore, resistenza ai microbi, e altre caratteristiche, rendendole sempre meno riciclabili e più tossiche. Di fatto il costo dei rifiuti plastici è talmente basso che il loro valore di mercato non ne incoraggia il recupero e, purtroppo, molte Autorità preposte preferiscono inviarle alle discariche o addirittura incenerirle.
Sulla base dei dati del 2011 della Environmental Protection Agency (in acronimo EPA, Agenzia per la protezione dell’ambiente) solo l’8% di materie plastiche vengono recuperate attraverso il riciclaggio. Un’altra grande preoccupazione nel flusso dei rifiuti è la loro longevità. Una buona parte delle materie plastiche, se non la maggior parte, necessiterebbero dai 500 ai 1000 anni per biodegradarsi. A causa di questa non auspicabile longevità e del basso tasso di riciclo, gran parte dei nostri rifiuti di plastica finisce nelle discariche. Alcuni di questi rifiuti di plastica sono abbandonati, a causa dello scarso senso civico dei cittadini, o si fanno letteralmente strada attraverso i fiumi verso il mare. Questi rifiuti trasportati dalla correnti e dal vento si depositano sulle spiagge o si allontanano da costa entrando nel giro delle correnti marine e creando vortici enormi che generano melasse tossiche di residui di micro e macro plastica. Secondo le Nazioni Unite, ormai quasi l’80% dei rifiuti marini è composto da plastica.
Sappiamo che questi rifiuti di plastica, direttamente e indirettamente, creano danni agli organismi viventi marini e, di conseguenza, a tutto l’ecosistema, entrando nella nostra catena alimentare. Le plastiche sono ritrovate nel corpo dei grandi pesci e sostanze tossiche e cancerogene sono presenti nelle loro carni. In tutto il mondo vi è un crescente movimento di pensiero per ridurre la generazione delle plastica. Sebbene alcuni tipi di plastica possono essere ‘più sicuri’ per l’ambiente, tuttavia, la loro rimozione, la necessità di controlli più severi e la riduzione delle fonti di inquinamento non può essere più demandata. Una nuova speranza sembra provenire dalla creazione di bioplastiche totalmente biodegradabili, ottenute attraverso l’impiego di materiali biologici.
plastics – photo credit @andreamucedola
Si stanno sviluppando iniziative da parte di privati per il recupero dei detriti nei nostri oceani. Queste plastiche sono poi trasformate in materiali utilizzabili: da calzini sportivi prodotti dalla lavorazione delle reti da pesca ripescate in mare alla produzione di combustibili ricavati da una varietà di rifiuti di plastica. Questi sforzi sono ovviamente delle soluzioni palliative che possono però contribuire a mitigare la situazione di forte emergenza attuale. Come sempre dobbiamo sperare nel genio umano. Un fattore importante è l’educazione ambientale che deve essere elargita ai più giovani nelle scuole di ogni ordine e grado per far crescere la consapevolezza dell’importanza di riciclare i rifiuti e non abbandonarli nell’ambiente. Può sembrare una banalità ma tale educazione è di fatto sparita dai programmi scolastici. Nonostante una raccolta firme di oltre 4300 firme, consegnate allora (2019-2020) al Segretariato del Ministero dell’ambiente (all’attenzione del ministro), e corredate da un dettagliato piano per l’istruzione scolastica a tutti i livelli (a costo zero), non c’è stata risposta … se non patetiche dichiarazioni ideologiche in occasione delle elezioni. L’educazione civica per un ambiente più pulito evidentemente serve solo in certe occasioni, poi tutto cade nel dimenticatoio. Bisogna sperare sempre in buoni amministratori locali che per fortuna non mancano nonostante i fondi risicati. Bisognerebbe ricordarsi che il mare non ha colore ma è un patrimonio di tutti e tutti dovremmo fare la nostra parte per difendere questo “territorio” sovrano da cui dipende il nostro futuro.
Con OCEAN4FUTURE vogliamo continuare a sensibilizzare questa emergenza di cui incominciammo a parlare nel 2012 con le campagne NO PLASTIC AT SEA by OCEANDIVER con il concorso di grandi fotografi italiani ed internazionali (Carlo Mari, Settimio Cipriani, Alberto Balbi, Francesco Pacienza, Mimmo Roscigno, Max Giorgetta, Raffaele Livornese, Alex Mustard, Ellen Cuylaerts, Chris Vizl McGregor, Rico Besserdich, Alex Sher, Claudia Weber, Christian Coulombe, Steve Kovacs … solo per citarne qualcuno dei tanti) e sportivi di fama internazionale come Marina Kazankova e Paolo De Vizzi. Iniziative che solcarono i mari spingendosi fino alle isole della Polinesia e all’Antartico, paradisi un tempo incontaminati che sono anche loro vittime di questo male del III millennio. Facemmo molto rumore e sicuramente alzammo l’attenzione su un problema scomodo per tanti.
Come sempre vi terremo informati ma, nel frattempo: NON ABBANDONATE LE MATERIE PLASTICHE, DI QUALSIASI TIPO, NELL’AMBIENTE, PENSATE AL VOSTRO FUTURO.
photo credit @andrea mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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