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ARGOMENTO: OCEANOGRAFIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Risorgenze idrotermali, vent, emissioni gassose subacquee
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Nel 2002, negli atti del congresso dell’Associazione Italiana di Oceanologia e Limnologia (AIOL) – Volume 15, fu pubblicato un interessante studio sulle caratteristiche delle risorgenze idrotermali marine di origine vulcanica che offre ancora molti spunti interessanti.
Lo studio fu realizzato da Stefano Aliani, Andrea Bergamasco e Roberto Meloni, ricercatori del C.N.R. in una zona geologicamente interessante per la quantità di emissioni presso l’isola di Milos nell’Egeo.

Carta geologica di Milos modificata da Papachristou et al. (2014) e Fytikas (1989), dati geocronologici da Angelier et al. (1977), Fytikas et al., (1986) e Alfieris, (2006). Mappa tettonica semplificata dopo Papanikolaou, et al. (1993). da studio “Geochemistry of Hydrothermal Particles in Shallow Submarine Hydrothermal Vents on Milos Island, Aegean Sea East Mediterranean” di Pavlos Megalovasilis
Queste spettacolari emissioni subacquee contengono principalmente acqua allo stato gassoso la cui origine è complessa; in genere esse possono essere riconducibili ad infiltrazioni di acqua marina o pluviale e vengono generate dai processi termali sotterranei. Oltre alle visibili e spettacolari colonne di bolle dal fondo verso la superficie, avvengono localmente dei fenomeni che possono alterare sensibilmente la composizione chimica dell’acqua di mare, andando ad influenzare i parametri chimico-fisici locali.
Il gas emesso è soprattutto diossido di carbonio, il CO², che si manifesta con emissioni spettacolari di colonne di bolle di gas che giunte in superficie si disperdono in atmosfera. Oltre al CO² vengono emessi altri gas come metano e idrogeno solforato. In questo caso si formano dei depositi di zolfo per reazione con l’ambiente che possono essere trasportati dalle correnti. Un aspetto evidente è l’aumento della temperatura che può arrivare ad oltre 150°C nei primi centimetri di profondità dai sedimenti.

emissioni con depositi da studio “Geochemistry of Hydrothermal Particles in Shallow Submarine Hydrothermal Vents on Milos Island, Aegean Sea East Mediterranean” di Pavlos Megalovasilis
Perché si formano?
Le risorgenze idrotermali, in inglese hydrothermal vent, sono aree del fondo marino associate a zone tettonicamente attive in cui si osservano emissioni di fluidi di origine vulcanica che rendono questi ambienti molto particolari ed unici nel loro genere. Le condizioni ambientali in queste zone possono arrivare ad essere estreme quando i fluidi emessi dal sedimento presentano concentrazioni di sostanze chimiche (soprattutto H²S e metalli), normalmente considerate tossiche per gli organismi, con temperature straordinariamente elevate (fino a 300°C).
La quantità di fluidi emessi varia nel tempo ed interessa aree di pochi chilometri. I processi biogeochimici nelle zone di idrotermalismo superficiale differiscono considerevolmente da quelli, che abbiamo incontrato in altri articoli, dei vent profondi per la presenza contemporanea di produzione primaria fotosintetica e chemosintetica.
In particolare, nel Mar Mediterraneo la subduzione della placca africana sotto quella europea forma la dorsale mediterranea e i bacini di retro arco dove si osservano molte aree marine con emissioni vulcaniche (Fig. 1). La dorsale è un’area geologicamente molto attiva con vulcani di fango e grandi bacini anossici. Associati ai bacini di retroarco si osservano degli archi insulari (come l’arco eolico e quello ellenico) che sono interessati da idrotermalismo marino superficiale. Lungo l’arco ellenico, in molte isole delle Cicladi, è stata segnalata attività vulcanica a bassa profondità (fino a circa 100 metri). L’isola che è maggiormente studiata è probabilmente Milos, che è forse l’unica dove siano stati fatti studi che includono aspetti di oceanografia fisica.
Le emissioni delle risorgenze idrotermali superficiali mediterranee sono essenzialmente di tipo gas idrotermale, cioè sono generate dai fluidi espulsi che contengono acqua (sotto forma gassosa o liquida), gas diversi e calore. Le aree direttamente interessate dai fluidi sono in genere limitate ovvero dell’ordine di alcuni metri ma tracce indirette del loro effetto si possono osservare anche a distanze dell’ordine del chilometro. L’acqua emessa dai vent può provenire da processi e reazioni chimiche interne alle rocce profonde e risale in superficie lungo le spaccature delle rocce stesse. In particolare, una parte è acqua marina, che è penetrata dentro le cavità profonde delle rocce, un’altra è di origine meteorica che si accumula nelle cavità subaeree e percola fino al basamento vulcanico impermeabile. Analizzandone la salinità deriva che le emissioni di acqua hanno un contenuto salino non omogeneo che può variare da sorgente a sorgente anche se situate a breve distanza tra loro.
Nelle risorgenze idrotermali il calcolo della salinità non è semplice e possono esistere seri problemi a calcolare valori di salinità accurati ricavandoli dalle misure della conducibilità in quanto nei vent la proporzione dei principali ioni non è costante nello spazio e nel tempo in quanto l’acqua termale diluisce molto rapidamente in mare già a pochissima distanza dalle emissioni ed è soggetta a varie fluttuazioni e periodicità. Inoltre, va considerato che la salinità ricavata dalla conducibilità può non essere rappresentativa di tutti i sali contenuti nella massa d’acqua in quanto esistono altri composti chimici che, pur non contribuendo alla conducibilità entrano sostanzialmente nel contenuto solido della massa d’acqua. Ad esempio, l’acido silicico, talvolta emesso in gran quantità dalle risorgenze idrotermali, non viene misurato dal sensore di conducibilità ma può contribuire sostanzialmente al contenuto solido dei silicati nell’acqua. Pertanto, prima di poter utilizzare la conducibilità per stimare la salinità è opportuno usare cautela ed effettuare delle analisi chimiche per stabilire la compatibilità tra l’acqua termale e quella prevista nelle comuni tabelle di conversione.
Per i ricercatori ed i subacquei, le emissioni gassose sono senza dubbio le manifestazioni più evidenti soprattutto quando si possono osservare colonne di bolle di gas del diametro di oltre un metro, come spesso avviene a basse profondità (Fig. 2).
Le concentrazioni di metano nelle bolle di gas sono molto minori di quelle di anidride carbonica ma le sue anomalie sono usate per fornire indizi sulla localizzazione di un possibile campo di emissioni termali. L’idrogeno solforato (H²S) è comunemente presente in gran parte delle emissioni vulcaniche e contribuisce al caratteristico odore delle fumarole subaeree. L’H²S viene poi consumato dai batteri solforiduttori che utilizzano la chemosintesi come fonte di energia. Lo zolfo emesso precipita in flocculi formando, insieme ad altri elementi emessi dalle risorgenze idrotermali, dei precipitati e laghi di brine sulfuree (Fig. 3), conferendo al substrato un colore tipicamente giallognolo.
Le emissioni di calore in prossimità delle risorgenze idrotermali superficiali possono portare la temperatura dei sedimenti anche a 130°C e in acque superficiali si può osservare l’acqua bollire (chi è stato all’isola di Vulcano ricorderà la possibilità di averci potuto fare il bagno).
La misura della temperatura è un sistema semplice ed efficace per ottenere una stima dei flussi emessi. La temperatura, oltre ad essere facilmente misurabile con sensori stabili in ambiente corrosivo, è infatti un buon tracciante della diluizione dell’acqua termale in mare in quanto dipende direttamente dalla quantità di fluido emesso. Nei pressi dell’isola di Milos, dove avvenne lo studio citato, fu in quell’occasione raccolta la più lunga serie temporale di temperatura di una risorgenza idrotermale (un anno) in contemporanea con vari parametri oceanografici. Interessante fu il fatto che le fluttuazioni della temperatura seguivano le oscillazioni della marea con fase opposta ovvero si osservò che a massimi di pressione (alta marea) corrispondevano minimi di temperatura (in corrispondenza delle emissioni dei vent).

depositi minerali in corrispondenza delle emissioni idrotermali – da studio “Geochemistry of Hydrothermal Particles in Shallow Submarine Hydrothermal Vents on Milos Island, Aegean Sea East Mediterranean” di Pavlos Megalovasilis
In questi ultimi anni, nuovi studi effettuati nella stessa area (ad esempio, Geochemistry of Hydrothermal Particles in Shallow Submarine Hydrothermal Vents on Milos Island, Aegean Sea East Mediterranean di Pavlos Megalovasilis) hanno rivelato che le particelle provenienti dalle sorgenti idrotermali sottomarine erano dominate da metalli come il Fe, Ca, Si e Al, fortemente arricchite di Mn, Cu, Pb, Ca e Ba.
Ciò ha confermato che la chimica delle particelle emesse dalle infiltrazioni può influenzare fortemente la distribuzione degli elementi sul fondo del mare a livello locale e, se soggetti a ulteriore trasporto, possono anche influenzare una regione molto più grande con implicazioni biologiche. La ricerca continua.
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foto di anteprima: studio di emissioni gassose alle Eolie – gentile concessione Giorgio Caramanna
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