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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
Parole chiave: geofisica marina, relitto, morfo-batimetria, risorgiva carsica, caratteristiche del fondo marino
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Ricorderete gli articoli sul recupero straordinario della corazzata della Regia Marina Leonardo da Vinci nelle acque del Mar Piccolo (Taranto, Italia meridionale). Un recente studio dell’Università di Bari ha dimostrato come indagini geofisiche marine possano fornire un importante contributo anche alla ricerca storica ed archeologica.
il raddrizzamento del Leonardo da Vinci – collezione privata Giuseppe Mastronuzzi
Nel 2018, fu avviato un progetto strategico pianificato dal Commissario del Governo per la bonifica nell’area di Taranto al fine di rilevare l’impatto antropogenico nei fondali marini altamente inquinati del Mar Piccolo e del Mar Grande. Il progetto, attraverso un approccio multidisciplinare che ha coinvolto studi geologici, biologici, chimici, ingegneristici ed ecologici, aveva come scopo principale di identificare qualsiasi potenziale fonte di inquinamento concentrandosi su caratteristiche antropogeniche del fondo marino come scarichi incontrollati, relitti o altri oggetti di origine peculiare, al fine di pianificare future strategie di intervento per bonifiche ambientali.
Lo studio, che riassumo brevemente corredandolo da alcune delle foto di corredo, ha evidenziato la completa applicabilità delle metodologie di rilevamento ad alta risoluzione in mare per la valutazione di problemi ambientali, storici e scientifici. Inoltre ha permesso di chiarire l’origine di alcune depressioni profonde sul fondo del Mar Piccolo, in prima istanza associate a un’origine naturale, in seguito risultate le “impronte” del relitto di una possente corazzata, il Leonardo Da Vinci, e dei lavori effettuati oltre cento anni fa per il suo recupero.
profili – da studio citato
Premessa
Le ormai diffuse tecniche geofisiche marine consentono oggigiorno di ottenere set accurati di dati per determinare le caratteristiche del fondo marino. Molte di queste sono state utilizzate per eseguire un’indagine richiesta dal Commissario governativo per la bonifica dell’area di Taranto ed eseguita dall’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, dal Politecnico di Bari, dal Centro Nazionale delle Ricerche, dal Consorzio Nazionale Interuniversitario delle Scienze del Mare, sui bacini del Mar Piccolo e del Mar Grande, in una zona considerata Sito di Interesse Nazionale a causa del suo noto grado di inquinamento. Queste ricerche sono fondamentali per la pianificazione di nuove strategie di risanamento ambientale in acque poco profonde e in aree con alto impatto umano dove non è sempre facile distinguere elementi naturali da quelli antropogenici.
Impatto dei relitti per l’integrità del fondo marino
L’impatto dei relitti sul fondo del mare può determinare una perturbazione dell’integrità del fondo marino, causando cambiamenti significativi ai sistemi ecologici ed alle condizioni morfologiche. Ancor di più, le operazioni di recupero possono determinare un impatto diretto modificando la morfologia stessa dei fondali marini. Un esempio di “impronte” legate ad impatti umani diretti è presente nella Laguna di Venezia, dove uno studio effettuato con sistemi multibeam ha rilevato aree dragate e caratteristiche erosive del fondo marino dovute alle chiglie delle navi. Più recentemente va menzionato l’impatto indiretto sul fondo del mare a seguito dell’incidente della nave da crociera Costa Concordia, il 13 gennaio 2012, nei pressi della costa orientale dell’isola del Giglio nel Mar Tirreno (Toscana, Italia). Il recupero della Costa Concordia, nel luglio 2014, determinò la dispersione di sedimenti fini e la diffusione dei detriti che causarono un impatto sugli habitat coralligeni.
Un ambiente geologico particolare
La città di Taranto si trova sulla costa ionica settentrionale ed è caratterizzata da una sequenza di superfici “quasi piane” costituite da terrazze marine attraversate da una rete fluviale e da bacini geologici sub circolari che sono chiamati Mar Grande e Mar Piccolo.
Ubicazione dell’area di studio (A, B), Taranto, Italia meridionale. (C) Mappa geologica, modificata dopo [2], con il permesso di Taylor e Francis Inc .; 1 — Calcare di Altamura Fm (ALT, Cretaceo); 2 — Calcarenite di Gravina Fm (GRA, Pliocene superiore – Pleistocene inferiore); 3 — unità informale subappennina argille (ASP, Pleistocene); 4 — depositi di terrazzi marini (MTD, MIS 5); 5 — depositi alluvionali; 6 — Sedimenti marini olocenici; 7 — molle sottomarine; 8: reti di drenaggio effimere; 9: guasti sepolti; 10 — contorno batimetrico, ogni 5 m; 11 — contorno topografico, ogni 10 m. (D) Schizzo delle relazioni geometriche tra le unità sedimentarie [3], con il permesso del Comitato Glaciologico Italiano. da studio citato
Il Mar Piccolo, oggetto dello studio citato, è un piccolo bacino marino protetto che ha avuto origine da una valle fluviale che fu inondata nell’Olocene e allargata dagli effetti delle onde del mare. Si estende per circa 20 chilometri quadrati, a nord della città di Taranto, ed è collegato al Mar Grande da due canali; quello nord-occidentale è naturale (Canale di Porta Napoli), mentre quello orientale (Canale Navigabile) fu scavato artificialmente attraverso la calcarenite pleistocenica alla fine del XIX secolo, quando il Governo italiano decise di realizzare nel Mar Piccolo il più grande arsenale navale della Regia Marina italiana. All’interno del bacino del Mar Piccolo si trova il promontorio di Punta Penna che lo suddivide in due agglomerati chiamati Primo Seno e Secondo Seno.
visione satellitare di Taranto, a sinistra il mar grande ed a destra il mar piccolo suddiviso nei due seni
La profondità massima dell’acqua al suo interno è di circa 15 metri, con alcune depressioni più profonde (fino a 33 metri) in corrispondenza di sorgenti sottomarine sub-circolari, note localmente con il nome di “citri“. Queste sorgenti di acqua dolce sono caratterizzate da una forma a cono rovesciato, profonda e ripida, nonché da un flusso delle acque sotterranee visibile anche sulla superficie dell’acqua di mare.
La ricerca
Per identificare le caratteristiche del fondale marino del Mar Piccolo sono stati effettuati una serie di rilievi geofisici sia con un ecoscandaglio Multibeam (MBES) R2Sonic 2022 sia con un sonar a scansione laterale (SSS) Klein 3000 da bordo del nave “Issel” del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa).
mosaico di immagini ottenute con il side scan sonar (SSS) Klein 3000 – da studio citato
Tali metodologie hanno permesso di produrre una mappatura morfologica batimetrica ad alta risoluzione con una risoluzione centimetrica del Mar Piccolo, determinando la presenza di prove antropogeniche connesse a piccoli relitti, barili, e solchi di ancoraggio.
La dettagliata mappatura ha incluso le sorgenti carsiche sottomarine e le caratteristiche biologiche del fondale. I dati stratigrafici (ad alta risoluzione) sono stati raccolti mediante un profiler parametrico sub-bottom INNOMAR SES-2000, con una frequenza primaria di 85-115 kHz che ha consentito l’acquisizione di dati sismici in acque molto basse e tra gli impianti di allevamento dei mitili del Mar Piccolo.
posizione della corazzata sul fondo come descritta dal Col. Giannelli, da studio citato
L’affondamento del Leonardo da Vinci
Prima di tutto un cenno alla storia del Leonardo Da Vinci, gioiello della Regia Marina italiana che affondò in circostanze misteriose in Mar Piccolo la notte del 2 agosto 1916. Sebbene potrete leggere la storia seguendo questi due indirizzi, link 1 e link 2, in breve si trattò probabilmente di un sabotaggio compiuto dagli agenti dei servizi segreti austriaci nella zona poppiera, vicino alla Santa Barbara della torre n. 5. Nell’esplosione e nel tentativo di salvare la nave dall’affondamento, morirono 21 ufficiali e 228 uomini del suo equipaggio e tra questi il comandante dell’unità Capitano di vascello Galeazzo Sommi Picenardi. La tremenda esplosione generò una grande onda sismica che fu registrata dal sismografo Vicentini nell’Istituto geofisico di osservatorio meteorologico e geofisico “L. Ferrajolo” di Taranto. Come conseguenza delle esplosioni e del naufragio, si generò un’onda marina che si abbatté sulle coste basse di Primo Seno e le strade costiere della Città Vecchia.
il recupero e il bacino – collezione privata prof. Giuseppe Mastronuzzi
Risultati
Le indagini geofisiche marine hanno messo in evidenza le caratteristiche del fondo marino nel Primo Seno del bacino del Mar Piccolo, mostrando un fondale piatto caratterizzato dalla presenza di sorgenti ed altre depressioni sul fondo del mare. Di particolare interesse la scoperta di un campo composto da diversi citri, localizzato nella zona settentrionale del Primo Seno, che hanno mostrato un deflusso di acqua dolce visibile anche sulla superficie del mare.
immagine della depressione sub circolare ottenuta con il MBES – da studio citato
All’interno del campo sono state evidenziate:
– una depressione subcircolare dovuta all’affondamento del Leonardo Da Vinci nella notte del 2 agosto 1916 e ai lavori di scavo per le successive operazioni di recupero;
– un canale dragato per le operazioni di rimorchio della corazzata ai bacini del cantiere navale, conclusosi il 18 settembre 1919;
– una sezione del fondale rettangolare costituita da un’area dragata per le operazioni di raddrizzamento del relitto scavata il 22-24 gennaio 1921.
immagine della depressione rettangolare ottenuta con il MBES – da studio citato
Queste aree si sono rivelate un impronta storica di quel drammatico intervento. In primis si è provveduto a correlare i dati di posizione della flotta della Regia Marina Militare nel Mar Piccolo in quel 2 agosto del 1916 con Lost Citro ottenendone una sovrapposizione. Quindi, attraverso le misurazioni effettuate con il magnetometro, è stata rilevata una forte anomalia magnetica su una posizione, risultata essere corrispondente a quella della torretta che esplose il 2 agosto 1916.
I dati batimetrici e magnetometrici hanno rivelato la corrispondenza della torretta rimossa con la posizione di “Lost Citro” sul fondo del mare – da studio citato
Tramite i dati SSS e MBES è stato identificato il canale dragato (lungo 2500 metri e largo 45) che fu usato per il rimorchio della nave dal luogo dell’affondamento alla banchina dell’Arsenale. Anche questo fatto ha avuto poi conferma nei rapporti ufficiali che riferirono che il Leonardo Da Vinci fu raddrizzato nel mezzo del Primo Seno, a circa 1300 metri di distanza dell’Arsenale. Si ha ora una conferma che il drammatico evento e le azioni successive generarono una forte perturbazione sul fondo del mar Piccolo, influenzando lo spessore del sedimento fino allo strato inferiore costituito da argille molto rigide che, di fatto ne impedì l’infangamento totale.
Grazie allo studio citato si è quindi potuto constatare che i sondaggi geofisici marini possono produrre dati ad alta risoluzione dei fondali marini, fornendo un valido aiuto per identificare tracce di relitti di grande interesse storico.
Andrea Mucedola
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Per ulteriori informazioni sul progetto e le metodologie più compiutamente descritte riportate nello studio potete rivolgervi al professor Giuseppe Mastronuzzi
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Titolo originale: The Footprints of the Wreckage of the Italian Royal Navy Battleship Leonardo Da Vinci on the Mar Piccolo Sea-Bottom (Taranto, Southern Italy)
Autori: Giovanni Scardino 1, Francesco De Giosa 2, Marco D’Onghia 3 , Pietro Demonte 3,
Paola Fago 1, Gianluca Saccotelli 3, Eliana Valenzano 1, Massimo Moretti 1,
Raffaele Velardo 4, Gennaro Capasso 4, Vera Corbelli 4, Giuseppe Mastronuzzi 1
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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