livello medio
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ARGOMENTO: GEOLOGIA
PERIODO: NA
AREA: CLIMATOLOGIA
parole chiave: cambiamenti climatici, emissioni di carbonio
Il Giurassico fu un Era geologica lunghissima, decisamente caratterizzata da forti cambiamenti climatici. L’Uomo non era ancora apparso ma la Terra era già viva, con grandi foreste e mari popolati da esseri mostruosi. La ricerca ha dimostrato che in quel periodo vi furono enormi rilasci in atmosfera di anidride carbonica. Nuove scoperte scientifiche pongono quindi nuovi dubbi sulla relazione “emissioni di carbonio” e clima … sebbene ci sia un forte impatto causato dall’inquinamento causato dall’Uomo sembra che negli effetti vadano considerati altri fattori. Un recente studio multidisciplinare rispolvera vecchie teorie che trovano però nuove conferme sull’impatto della posizione della Terra rispetto al Sole sul clima del pianeta.

Tirannosauro, Museo di Scienze Naturali di Halifaz, Nova Scotia, photo credit @andrea mucedola
Una recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica PNAS fa luce sulla complessa interazione di fattori che influenzarono il clima globale nel Giurassico, reinterpretando le cause di due dei più devastanti eventi di estinzione della storia geologica della Terra.

Paleogeografia giurassica antica che mostra la posizione del pozzo di Mochras (stella rossa) all’interno della via costiera eurasiatica settentrionale (rettangolo rosso). dallo studio citato
Utilizzando dati chimici, provenienti da antichi depositi di fango trovati in Galles, un team internazionale di ricercatori, tra cui scienziati del Trinity College di Dublino, Irlanda, ha confermato che i cambiamenti periodici nella forma dell’orbita terrestre attorno al sole furono in parte responsabili dei cambiamenti nel ciclo del carbonio e del clima globale. Il pozzo trivellato, Mochras Farm, si trova in un campo di dune costiere a ovest del villaggio di Llanbedr a Gwynedd, Galles occidentale, Regno Unito. Tutti i materiali raccolti sono stati catalogati e sono ora conservati presso il British Geological Survey (BGS) National Geological Repository (NGR) a Keyworth, Nottingham, Regno Unito. La valutazione microscopica della sostanza organica contenuta nei sedimenti è stata utilizzata per valutare il grado della sua ossidazione/degradazione. I sedimenti sfusi del Mochras comprendono una sostanza organica altamente ossidata di origine prevalentemente marina. Dall’analisi dei dati, correlati con i periodi orbitali del pianeta e della sua attività vulcanica, sono emersi interessanti risultati.
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I dati forniscono una registrazione chemo-stratigrafica continua ad alta risoluzione, biostratigraficamente ben definita, per il Giurassico inferiore, pliensbachiano-toarciano.
Importante la correlazione con due eventi: il primo coincidente con la grande estinzione del periodo Triassico-Giurassico, avvenuta circa 200 milioni di anni fa che causò la perdita di circa l’80% delle specie sulla Terra, mentre il secondo legato al cosiddetto “evento oceanico anossico” del piano geologico detto Toarciano (T-OAE), che iniziò circa 183 milioni di anni fa, uno dei più gravi dell’Era Mesozoica. Questo evento, ampiamente studiato negli ultimi tre decenni, è associato a quattro fattori:
– un’importante escursione negativa di isotopi di carbonio (riscontrati nei dati chimici fisici dei sedimenti raccolti);
– a estinzioni di massa;
– alla trasgressione marina;
– ad un forte riscaldamento globale.
Sebbene non vi sia un consenso generale sulle cause o sui meccanismi scatenanti questo evento, lo studio sembra aprire un nuovo spiraglio per poter comprendere i meccanismi dei cambiamenti climatici della Terra in quel periodo. I ricercatori ritengono che, oltre agli effetti astronomici (associati alla forma dell’orbita terrestre e al diverso irradiamento), in quei periodi vi fu anche il rilascio naturale di grandi quantità di gas serra a causa di un’intensa attività vulcanica che provocò gravi alterazioni del ciclo del carbonio, con conseguenti cambiamenti climatici-ambientali a livello globale.
In estrema sintesi, lo studio, dedicato ad una lettura da parte di esperti, sembra dimostrare che, nei 18 milioni di anni tra l’estinzione di massa triassico-giurassica e l’evento anossico oceanico dell’età toarciana, il ciclo globale del carbonio della Terra fu in costante stato di cambiamento. Inoltre, secondo la tesi dei ricercatori, i cambiamenti periodici nella forma dell’orbita terrestre attorno al Sole influenzarono la quantità di energia ricevuta dalla Terra, agendo direttamente sui processi climatici e ambientali e sul ciclo del carbonio, non solo su scala locale ma anche globale.
In realtà questo meccanismo era già noto essendo ritenuto responsabile dei cicli glaciali (cicli di Milankovich) e lo studio dimostra finalmente che questi meccanismi esterni alla Terra controllano da sempre il ciclo del carbonio del pianeta, anche in tempi non glaciali, quando esistevano condizioni climatiche che richiamano l’attuale effetto serra. Ciò è comprovato da dati stratigrafici raccolti che rivelano la particolare sensibilità del ciclo del carbonio marino alla forzatura orbitale ad eccentricità lunga della Terra intorno al Sole.

Cambiamenti nell’ambiente globale, tra cui l’orbita e il ciclo del carbonio della Terra. [credit Marisa Storm]
L’illustrazione mostra la variazione delle orbite terrestri attorno al Sole, che cambia da quasi circolare a quasi ellittica nel tempo, misurata in migliaia di anni. Sebbene le attuali configurazioni e processi orbitali nel sistema solare dovrebbero portare in futuro ad un ritorno alle condizioni glaciali, il sempre maggiore rilascio antropico di carbonio probabilmente ha interrotto o rallentato questo processo naturale, causando un rapido riscaldamento globale piuttosto che un costante ritorno ai climi più freddi. Ma per quanto tempo?
L’importanza di studiare la storia della Terra per comprendere il futuro
Lo studio degli eventi passati di cambiamento globale, come l’estinzione di massa del tardo Triassico e l’evento anossico oceanico dell’età toarciana può consentire agli studiosi di separare i diversi processi che controllano i cambiamenti globali nel ciclo del carbonio e comprendere i momenti critici nel sistema climatico terrestre.

Geologi che studiano la successione fangosa con belemniti (Pliensbachian) del Giurassico inferiore nel Dorset, nel Regno Unito, che mostrano variazioni orbitali della composizione del sedimento simili al nucleo studiato in Galles. photo credit M. Ruhl
Il gruppo di ricerca internazionale, composto da scienziati provenienti da Europa, Nord e Sud America e Cina (tra cui gli autori dello studio citato e altri ricercatori della Trinity University) ha annunciato che inizierà presto a perforare un pozzo profondo un chilometro per recuperare nuovi campioni di roccia. Questi carotaggi hanno lo scopo di raccogliere informazioni dettagliate sul clima e sull’ambiente e consentiranno una migliore comprensione dei processi che portarono il pianeta Terra a quei grandi eventi di estinzioni di massa.
La perforazione di questo pozzo avverrà nell’ambito dell’International Continental Drilling Program (ICDP). Questo programma da tempo effettua studi paleoclimatici che indagano il modo in cui il clima passato della Terra cambiò, le ragioni di tali cambiamenti, nonché il ruolo dell’evoluzione umana nel processo. Altri studi del ICDP si concentrano sugli effetti del vulcanismo e sui maggiori impatti sul clima e sulle estinzioni di massa. Da notare che la ricerca sulla biosfera profonda è diventata anche una componente importante dei progetti di trivellazione per aiutare a comprendere meglio l’evoluzione e l’estensione della vita sulla Terra. In particolare, studiando le variazioni del ciclo del carbonio e l’attività microbica del sottosuolo, ovvero di come la vita microbica si è adattata alle condizioni più estreme degli habitat del sottosuolo, si pò meglio comprendere il ruolo della biosfera profonda sulla geosfera e atmosfera.
L’International Continental Scientific Drilling Program accetta proposte ogni anno, entro il 15 gennaio, da singoli o gruppi di scienziati dei Paesi membri. Le proposte sono poi selezionate in base principalmente ai meriti scientifici e agli impatti previsti. Una nuova strada per comprendere quale sarà il nostro futuro.

ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare.
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