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livello elementare
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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: evoluzione della costa per l’analisi archeologica
pubblicato nel numero di ottobre di www.sottoacqua.info
L’archeologia subacquea non si occupa solamente di relitti affondati in antichità ma anche delle strutture attualmente sommerse, un tempo al servizio dell’uomo e della sua organizzazione sociale. Diventano così obiettivi sensibili della ricerca archeologica antichi approdi e porti, peschiere e strutture adibite alla lavorazioni delle merci, allo stoccaggio e al facilitare la loro veicolazione verso i mercati dell’antichità attraverso le vie liquide (e aggiungerei economiche) del mare. L’archeologia subacquea si pone questi obiettivi per ricostruire in chiave socio-economica la struttura societaria delle comunità antiche e comprendere meccanismi e automatismi della gestione dell’economia e del potere in epoca preistorica e storica. Negli anni 60 e 70 del secolo scorso una forte corrente archeo-filosofica americana teorizzò la new archaeology ovvero lo studio non invasivo, per certi versi antropologico, delle evidenze archeologiche, basato con gli altri concetti fondamentali, anche sulla teoria generata da modelli di sviluppo degli insediamenti abitativi e produttivi, standardizzati e sempre riprodotti nella successione delle epoche in una visione di sviluppo legata all’orografia dei luoghi. In Europa questa corrente di pensiero non produsse significativi risultati e non ebbe che pochi proseliti.
L’evoluzione delle ricerche dei dati materiali per la ricostruzione storica tuttavia, si scontra necessariamente, tutti i giorni, con la costatazione che la modificazione del paesaggio, costantemente in evoluzione nel corso dei secoli, ha prodotto e produrrà in futuro cambiamenti significativi del paesaggio. In questo work in progress della natura non si distacca l’evoluzione delle linee di costa, il confine labile, nonostante il pensiero statico dell’uomo, fra terra emersa e mare.
L’esperienza mana dell’ultimo cinquantennio ci porta a elencare numerosi esempi, in Italia, ma si potrebbe tranquillamente affermare anche nel resto del mondo, di erosioni costiere, crolli di falesie, arretramenti o avanzamenti di spiagge e quanto qui si possa descrivere nel disegnare la storia del territorio. E’ facile affermare che la morfologia del suolo e con essa del confine fra terra e mare è in costante movimento e segnatamente collegata ad azioni naturali e/o artificiali e antropiche che modificano l’ambiente. Ne deriva di conseguenza che per affinare la ricerca, l’archeologo subacqueo deve gioco forza avvalersi del contributo del geologo che possa indicare attraverso la lettura del paesaggio, le modificazioni che si sono succedute del corso dei secoli. E’ una sorta di applicazione moderna dei concetti di new archaeology dove la multidisciplinarietà viene in soccorso alla ricerca storica. Così il geologo si mette al lavoro per raccogliere i dati necessari al raggiungimento del suo obiettivo. Fra questi dati sono indicatori importanti delle variazioni locali delle linee di costa le beach rock o anche spiagge fossili. Con il termine beach rock definiamo un sedimento litificato, formatosi nella zona compresa fra il livello di bassa e di alta marea, per cementazione del sedimento stesso che costituiva la spiaggia entro cui esso si trovava. In altre parole una spiaggia antica che ha subito un processo di indurimento per compattazione e ha generato una sostanziale indeformabilità della struttura.
All’interno del sedimento composto da granuli di sabbia, quarzi, e quant’altro si possa immaginare come componente dell’antica spiaggia il geologo può trovare resti organici (animali morti, conchiglie, rami, foglie, alghe ecc.) che possono determinare, con un’analisi al Carbonio 14, la datazione della spiaggia, con la conseguenza di poter riconoscere il livello del mare dell’epoca in cui la spiaggia era l’interfaccia fra terra e mare e ridisegnare la linea di costa alla stessa coeve. Altri indicatori possono essere usati dai geologi per raccogliere dati sulle variazioni delle linee di costa. Questi sono i piani di cava antichi, muri e contrafforti, moli e pozzi d’acqua dolce attualmente sommersi dal mare. Tali strutture necessarie e non contingenti alla vita umana erano strutturalmente costruite sulla costa, ma fuori dall’acqua dove ora si trovano. Ricercare i segni del confine fra acqua e aria, negli antichi usi di tali strutture può aiutare nella ricostruzione e nella misurazione di una quota di battente d’acqua in epoca antica e quindi consentire, rilevando le linee batometriche nelle vicinanze, di ricostruire la linea di confine fra terra e mare dell’epoca stessa in cui furono costruite e usate tali strutture. A complicare ulteriormente il lavoro occorre altresì ricordare che dalla fine dell’ultima glaciazione, circa 20 mila anni fa, quando il livello del mare corrispondeva a circa 120 metri meno l’attuale livello (in termini medi ovviamente) si è riscontrato un progressivo innalzamento, legato all’aumento delle temperature medie, che ha portato agli attuali livelli. Solo 2 mila anni fa, all’epoca della consacrazione di Ottaviano a Cesare Augusto, primo imperatore romano, il livello del mare nel Mediterraneo occidentale era di circa 150/200 centimetri inferiore all’attuale.
A questo poi dobbiamo aggiungere i fenomeni di bradisismo e di erosione generata dall’azione violenta del frangere del moto ondoso, dai fenomeni di accumulo di sabbie e di trasporto delle stesse ad opera dell’azione del mare. Nel complesso un lavoro di osservazione, di rilevazione e misurazione che comporta una attenzione e valutazioni particolari da parte dell’esperto geologo ma il cui frutto è particolarmente prezioso all’archeologo subacqueo: la conoscenza della posizione dell’interfaccia mare-terra in epoca antica consente di formulare ipotesi verosimili per la ricostruzione delle vicende storiche dei luoghi indagati, su cui basare la ricerca per cercare i riscontri archeologici, a cui spesso possono seguire i risultati incoraggianti che il ricercatore si auspica.
Ivan Lucherini
archeologo professionista – istruttore subacqueo
in anteprima rostro di Ostia – photo credit Domenico Carro
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archeologo subacqueo, appassionato ai temi della valorizzazione, della diffusione dei contenuti storici dei nostri Beni Culturali è iscritto all’elenco nazionale del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo come esperto abilitato alla redazione degli elaborati sulla VIARCH (valutazione di impatto archeologico). Si occupa di valorizzazione scrivendo progetti che rendano fruibili e contestualizzati gli apporti di ogni conoscenza materiale, e progettando percorsi multimediali provenienti dallo studio di siti di rilevanza storica. La sua attenzione si concentra soprattutto sugli ambienti costieri e marini, con approfondimenti sui temi del commercio e della navigazione antica. Laureato in Archeologia, curriculum tardo antico e medievale, all’Università di Sassari con una tesi dal titolo: “L’Archeologia subacquea di alto fondale, evoluzione delle metodologie di indagine e nuove prospettive nell’archeologia subacquea oltre i 50 metri di profondità” con una votazione di 110/110 e lode. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Archeologia alla scuola di dottorato in Storia, Letterature e Culture del Mediterraneo dell’Università di Sassari con una tesi dal titolo: “Evoluzione del paesaggio costiero nella Sardegna nord occidentale: Bosa e il suo fiume. Metodi avanzati di indagine.” Inoltre Lucherini è iscritto all’elenco regionale RAS delle guide turistiche e Course Director PSS (Valutatore nei corsi per istruttori subacquei) e OTS (Operatore Tecnico Subacqueo).