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livello elementare .
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ARGOMENTO: GEOLOGIA
PERIODO: XIX SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: sistemi dei cenote messicani, Quintana Roo, Sac Actun, Dos Ojos, Bil Phillips
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Tulum, un importante complesso archeologico Maya situato nella penisola dello Yucatán, in Messico, fu per sua sfortuna la prima città Maya ad essere avvistata dagli spagnoli il 3 marzo 1517. La città maya era un importante scalo commerciale di prodotti quali pesce, miele, sale, ossidiana e piume di quetzal. Sotto il suo castello che domina la spiaggia di sabbia bianca finissima, vi era un approdo che fungeva da porto per le barche dei pescatori. Oggi è diventata meta di turisti provenienti da tutto il mondo, alla ricerca delle sue spiagge ma anche delle immersioni sulle barriere coralline e in grotta. Oggi parleremo proprio di queste ultime, che vengono effettuate in cavità sommerse che si aprono nella giungla in scenari da sogno: i famosi cenote. La loro visita è resa possibile grazie agli sforzi di centinaia di sommozzatori che negli ultimi cinquant’anni ne hanno studiato le caratteristiche naturali e distribuzione. Un compito non facile perché, come vedremo, queste cavità sono intrecciate in sistemi complessi ancora da esplorare. Tra i tanti pionieri voglio ricordare Bil Phillips recentemente scomparso, a cui si deve la creazione di un prezioso database corredato da mappe dettagliate di questi sistemi complessi che consente agli esploratori attuali di proseguirne lo studio.
Bil Phillips ( .-2017) – photo credit by Jill Heinerth
Bil Phillips era nato e cresciuto a North Vancouver, British Columbia. Prima di diventare noto come uno dei più grandi esploratori di grotte nella storia, era stato un abile batterista professionista ed un meticoloso artigiano. Bil si appassionò a questi scenari fiabeschi e misteriosi e divenne un educatore, influenzando gli standard nell’addestramento e nella sicurezza delle immersioni. Su You Tube potete trovare i suoi video, vere e proprie perle di conoscenza per coloro che vogliono avvicinarsi a questo tipo di immersione. Bil scrisse numerosi articoli sull’immersione tecnica e ricoprì ruoli di leadership in diverse agenzie e associazioni subacquee. Non ultimo fu membro fondatore e direttore dell’APSA (Comitato Cenotes della Riviera Maya Association of Dive and Water Sport Operators). Volontario presso il National Training Speleological Society – NSS-CDS (Instructor Training Committee) per il Messico e membro del Board of Advisors per l’International Association of Nitrox e Technical Divers (IANTD Central America), divenne infine Direttore del Quintana Roo Speleological Survey.
Cosa sono i cenotes?
La parola cenote deriva dalla parola maya “D’zonot” e si riferisce a qualsiasi cavità sotterranea che contenga in maniera permanente dell’acqua. I cenote differiscono notevolmente per forme e dimensioni; essi possono apparire come laghetti, pozzi verticali, crepe su substrati rocciosi o lagune da sogno nel mezzo della giungla. Conosciuti sin dall’antichità sembra che fossero fonte d’acqua nella giungla per i Maya ed erano considerate le entrate sacre al loro “mondo sotterraneo”, o “Xibalba“, dove vivevano gli dei e i loro spiriti dopo la morte. Di fatto, queste cavità sommerse conservano al loro interno testimonianze geologiche e paleontologiche importanti; recentemente sono stati ritrovati resti fossili di camelidi, giaguari, mammut, bradipi e cavalli ma anche di esseri umani. Uno scheletro femminile, ritrovato al Hoyo nigro, datato con il Carbonio 14, ha permesso di stimare la frequentazione di quella grotta a circa 12.000 anni fa. Lo scheletro fu poi identificato come quello di una femmina adolescente.
Come si formarono questi sistemi?
Divenuti in questi ultimi anni il sogno proibito di molti subacquei, i cenote sono delle doline naturali che, a causa di una combinazione di eventi geologici e cambiamenti climatici, si crearono a seguito del crollo dei soffitti delle caverne. Tutto ebbe origine milioni di anni fa quando la penisola dello Yucatan era una gigantesca barriera corallina situata sotto diversi metri di acqua oceanica. Durante l’ultima era glaciale, il livello degli oceani diminuì portando la scogliera in superficie. Il corallo morì e la vegetazione incominciò a crescere sulla piattaforma calcarea. Nell’entroterra di Tulum si ritrovano ancora molti fossili che testimoniano il suo periodo marino. Le cavità si erano in realtà formate a seguito della graduale dissoluzione del calcare corallino, altamente poroso, dovuta alle infiltrazioni di pioggia leggermente acida (che sciolse il calcare alcalino). Si formarono quindi sistemi di gallerie all’interno delle quali si possono osservare formazioni geologiche spettacolari di stalattiti e stalagmiti che, nel tempo, sono destinate ad unirsi creando delle vere proprie colonne. Quando l’era glaciale giunse al termine, circa 18.000 anni fa, il clima del pianeta si riscaldò, i ghiacciai si ritirarono e le caverne si allagarono con l’innalzamento del livello marino. Molti scienziati concordano sul fatto che l’acqua abbia raggiunto il suo livello attuale circa 1.000 anni fa creando diversi sistemi di cenote, ancora oggi da scoprire nella loro interezza e connessione.
La scoperta
Ma veniamo a questa straordinaria scoperta avvenuta nel gennaio 2018, dopo dieci mesi di ricerche. L’Underwater Exploration Group del Great Maya Aquifer Project (GAM) ha trovato finalmente una connessione tra due dei più estesi sistemi di caverne allagate della Terra: Sac Actun e Dos Ojos, entrambi siti nei pressi di Tulum, Quintana Roo, Mexico.
Sistema Dos Ojos
“Questa immensa caverna rappresenta il più importante sito archeologico sommerso al mondo, dal momento che ha più di un centinaio di contesti archeologici, tra cui testimonianze dei primi coloni d’America, così come di fauna estinta e, ovviamente, la cultura Maya “, dice Guillermo de Anda, un esploratore del National Geographic e direttore della GAM. Questa fase del progetto è iniziata nel marzo del 2017 grazie alla ricerca condotta dal direttore di esplorazione, Robert Schmittner, e un team di subacquei specializzati nelle esplorazioni delle grotte. In realtà gli esploratori ricercavano da 14 anni una connessione fra i vari sistemi, raccogliendo dati e aggiungendo nuove gallerie alle mappe di questi misteriosi labirinti sommersi.
Sistema Ox Bel Ha
Fino ad ora, il sistema Ox Bel Ha che ha una lunghezza di 167 miglia, situato a sud di Tulum, era considerato il più lungo mentre il sistema Sac Actun, situato a nord est, era al secondo posto con circa 163 miglia.
Il terzo della lista era il sistema di Koal Baal, con 57 miglia mentre il quarto, oggetto della recente scoperta, chiamato Dos Ojos raggiunge le 52 miglia.
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Ora, dopo le ultime esplorazioni il sistema Dos Ojos risulta collegato al Sistema Sac Actun Hu. Secondo le regole della speleologia, quando due sistemi sotterranei sono collegati, la grotta più grande assorbe il minore in termini di lunghezza, ed il nome di quest’ultimo scompare. Questo significa che l’insieme delle cavità di Sac Actun Hu e Dos Ojos ha oggi preso il nome dal primo, raggiungendo una lunghezza di ben 215 miglia.
Il sistema Aktun Hu o delle grotte bianche
Il sistema Aktun Hu ha restituito anche delle sorprese per i paleontologi. Nel marzo 2008, tre membri del team Proyecto Espeleológico de Tulum e Global Underwater Explorers, Alex Alvarez, Franco Attolini e Alberto Nava, hanno esplorato una sezione del sistema Aktun Hu, noto come pozzo Hoyo Negro. Ad una profondità di 57 metri gli esploratori hanno localizzato i resti di un mastodonte di 43 metri ed il teschio umano di una giovane donna, battezzata Naia, che potrebbe essere la più antica prova di insediamento umano nello Yucatan fino ad oggi.
Dopo la fine dell’ultimo massimo glaciale, l’innalzamento del livello del mare inondò il labirinto di passaggi sotterranei della regione dello Yucatan e preservò un variegato complesso fossile del Pleistocene inferiore. Uno scheletro umano femminile, di nome “Naia”, trovato in associazione con i resti di fauna ormai estinta nel cenote di Hoyo Negro presenta un’opportunità unica per la ricerca interdisciplinare paleoamericana e paleoambientale a Quintana Roo, in Messico. Datato tra 13.000 e 12.000 anni fa, lo scheletro della giovane donna, di circa 15 anni d’età, rappresenta il più vecchio individuo quasi completo ritrovato nelle Americhe – foto Paul Nicken – National Geographic
La ricerca non si ferma.
Il prossimo obiettivo sarà quello di cercare la via di collegamento del Sac Actun Hu con gli altri tre sistemi, che come vedete dalle mappe sovrastanti sono molto vicini tra loro. Si tratta di un progetto ambizioso che, secondo i dati del Quintana Roo Speleological Survey, include 358 sistemi di grotte sommerse nel nord dello stato, con quasi 870 miglia di passaggi sommersi al di sotto della giungla. Il gruppo di esplorazione GAM ha inoltre mappato un altro importante sistema con una lunghezza di undici miglia chiamato “la madre di tutti i cenotes“. Ha una profondità massima di 65 piedi e si trova a nord di Sac Actun Hu. Da quanto noto finora, si tratta di un sistema individuale, ma il team di esploratori ritiene che potrebbe essere collegato anch’esso a Sac Actun Hu. Un nuovo tassello in questo intricato puzzle.
Cenote Chac Mol, 2013 photo credit @andrea mucedola
Un’altra caratteristica che l’ecosistema dei cenote è la usa grande biodiversità sviluppatasi grazie alla riserva di acqua dolce che diede vita alla vegetazione e fauna di questa regione dello Yucatan. La fase successiva di questo ambizioso progetto comprenderà un’analisi della qualità dell’acqua del Sistema Sac Actun Hu, nonché uno studio della sua biodiversità e della sua conservazione. Naturalmente continuerà anche la mappatura dettagliata dei contesti archeologici sommersi.
La ricerca continua e le sorprese non mancheranno
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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