livello elementare
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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MEDIORIENTE
parole chiave: Israele, Ira, BRICS, Stati Uniti, Russia, Cina, India, Nuovo Ordine mondiale
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Il mondo sta cambiando con nuovi protagonisti che, se non altro per ragioni demografiche, devono necessariamente sopravvivere. Niente di nuovo in quanto da almeno diecimila anni i popoli hanno cercato sempre la stessa cosa: la sicurezza economica con qualsiasi mezzo disponibile, questo ancora prima di tutte le politiche di realpolitik1 , imponendo le proprie regole sugli altri. Ricordo le invasioni barbariche che non sarebbero avvenute se non ci fossero stati lunghi periodi di siccità, che affamarono i popoli oltre i limes dell’impero romano; quest’ultimo non fu in grado di opporsi alla spinta esterna, strozzato dalla complessità burocratica di un impero che aveva perso quei valori che avevano fatto grande Roma. I soldati dell’esercito più potente del mondo non erano più i valorosi legionari che avevano portato ovunque la gloria e la civiltà di Roma, sorretti da una visione politica che andava oltre i confini naturali, ma erano ormai soldataglie, spesso di mercenari gestiti da dirigenti corrotti. Di fatto, i princìpi etici e morali di Roma erano ormai persi e sostituiti da parole e pochi fatti. L’impatto dei barbari fu quindi devastante, dimostrando che la necessità è sempre superiore a qualsiasi altro valore. Nei secoli seguenti il modus operandi non cambiò e, come sempre, il caso fu ed è sempre pilotato dalla necessità.
In questo terzo millennio siamo prossimi ad un punto di svolta e siamo sul limite di un baratro; ricordando Huntington, il nostro è di fatto uno scontro di civiltà, non tanto legato alle differenze religiose o ideologiche ma più semplicemente alla necessità intrinseca dei popoli di accaparrarsi le risorse necessarie per la loro sopravvivenza. Mark Twain scrisse che la storia non si ripete ed il presente è costruito dai frammenti del passato2. Sono questi frammenti che proliferano e creano instabilità e incertezze, che trovano in un mondo sempre più multipolare terra fertile per generare il disordine. Ironicamente gli esiti del New World Order, ideato con non poca superficialità da Condoleezza Rice, ha generato un generale disordine tra le potenze adolescenti che, sgambettano per trovare spazio in un mondo sempre più mancante di riferimenti dove le necessità sono quantitativamente e qualitativamente cambiate. Un tempo si parlava di grano, poi di petrolio, ora di terre rare … in futuro dell’acqua; se non si arriverà ad una visione globale comune, l’avventura della nostra specie sul pianeta terminerà in una battaglia all’ultima risorsa. Questo comporta che le necessità comuni dovranno essere obbligatoriamente e pragmaticamente gestite, facendo sì che non vengano strumentalizzate da regimi illiberali. Come? L’Organizzazione delle Nazioni Unite deve riformarsi e diventare leader dell’ordine mondiale e non strumento imbelle delle Superpotenze. Non si può accettare che ancora oggi, decisioni prese all’ONU vengano ignorate dai Paesi che le hanno approvate (il fuoco contro le forze dell’UNIFIL è un chiaro esempio dell’incapacità dell’ONU di gestire le crisi). Un errore di fondo ricorrente è l’uso della parola “democrazia”, un termine non appropriato in quanto non possiamo applicarlo propriamente in gran parte del mondo, perché legato alla nostra cultura occidentale. I suoi limiti sono noti, come ci ricordava Winston Churchill, ma resta il male minore 3 , a fronte di sistemi totalitari e liberticidi. Il termine “esportazione della democrazia”, usato a sproposito suona molto come imposizione e dovrebbe essere saggiamente sostituito da una reale “condivisione di interessi comuni”.
Scene di distruzione nel Kibbutz Bari, Guerra della Spada di Ferro, il quarto giorno di guerra dopo l’ottavo sabato del raduno di Sukkot, i terroristi dell’organizzazione terroristica Hamas hanno invaso l’insediamento e hanno compiuto un massacro indiscriminato dei residenti – Foto di Kobi Gideon / GP Gaza envelope after coordinated surprise offensive on Israel, October 2023 (KBG GPO05).jpg – Wikimedia Commons
Sotto questo aspetto i gravi episodi avvenuti in Medio Oriente, dall’attacco ai kibbutz nel deserto ai massacri di Gaza, che provocano ancora dolore a tutte le parti, sono una logica conseguenza di politiche di condivisione sbagliate, che sono proliferate causando le storture che tanto indignano l’opinione pubblica. Per quello che ci riguarda più da vicino, le radici della nostra civiltà occidentale sono state lentamente minate dal suo interno, colpendo l’essenza del cammino storico che ci ha accompagnato per secoli tra guerre fratricide. L’adozione di miti altrui, sicuramente attraente, ha di fatto indebolito i popoli, svuotati delle loro intrinseche caratteristiche sociali e creando divisioni tra le classi generazionali. Con una metafora potremmo dire che l’albero della nostra società è stato mal potato, lasciando crescere rami sterili e indebolendone le radici; questa debolezza è evidenziata da una mancanza etica che percepiamo ormai in ogni campo e che viene usata dal resto del mondo contro di noi. Un’idea malsana che fa sì che tutto ciò che è passato sia necessariamente errato e che il futuro debba per forza essere quello che i ben pensanti ci suggeriscono debba essere, anche quando le evidenze lo negano.
Non è un gioco da tavola ma un rischio reale
Stiamo vivendo una partita a scacchi tra vecchi giocatori (Stati Uniti e Russia) che partecipano ad un gioco rischioso, avendo dimenticato le regole del fair-play; un confronto a volte dilettantesco con Paesi che sono cresciuti e non vogliono più accettare un rapporto di sussidenza ma ricercano un loro spazio, se necessario anche a discapito di altri. Lo ha fatto capire il premier Modi che, anche all’ultimo Summit dei Paesi non allineati di Kazan (BRICS), ha affermato la sua indipendenza; lo sa bene il suo alter ego cinese Xi, che continua a seguire il suo piano di sviluppo facendosi forte della sua pragmaticità, come anche altri leader che decidono di schierarsi pericolosamente a favore di uno o dell’altro per motivi ideologici, al fine di mantenere il loro status quo. Ecco che, in questa visione per ragioni di spazio semplificata di un puzzle geopolitico tridimensionale, episodi come quelli del Medio Oriente sono le ennesime dolorose spaccature di faglie che stanno allargandosi pericolosamente e non ci fanno dormire. A questo punto il problema è che cosa ci dobbiamo aspettare.
Foto di gruppo al BRICS, Kazan, Repubblica di Tatarstan, Russia – autore Sergey Bobylev – Fonte Photohost agency brics-russia2024.ru
Il recente attacco israeliano è un evento che rientra nella outstanding list del Medio Oriente; niente di inaspettato, che certo non potrà dare i risultati aspettati … Israele e Iran sono competitor in un mondo tormentato in cui le vittime sono sempre le rispettive popolazioni; vittime degli errori del passato e nello stesso tempo carnefici in una lotta che va ben oltre i chilometri di sabbia che li dividono. Un’equazione senza soluzione, almeno fino a quando i grandi della Terra non si siederanno intorno ad un tavolo con reciproca comprensione prendendo decisioni che sicuramente non soddisferanno entrambi gli attori ma consentiranno uno status quo definitivo. Un possibile attore mediorientale per una mediazione potrebbe essere l’Arabia Saudita di Mohammed bin Salman, paese emergente, membro dei BRICS che non disdegna però stretti rapporti con l’Occidente e che sembrerebbe aver messo da parte le forze interne più radicali legate alla Jihad per proporre un islamismo apparentemente più tollerante e moderno (sebbene esistano ancora lati oscuri). Certo MbS ha una difficile eredità alle spalle ma è giovane, ambizioso e visionario; un politico che guarda il mondo oltre il petrolio, diversificando l’economia e sfruttando il turismo per le tante bellezze del suo Paese. Nello scacchiere mediorientale è un uomo nuovo che si presenta con un obiettivo che va oltre le secolari rivalità, offrendo una politica estera non allineata e che ha tutti gli interessi a smorzare i toni sia con il nemico di sempre, l’Iran e i suoi proxy (Houthi in primis), che con Israele, un interlocutore certamente scomodo con il quale ci si dovrà comunque un giorno confrontare.
Nell’ipotesi di uno scontro nell’area mediorientale, il dominio marittimo sarà il primo campo di battaglia
Scenari marittimi
Volendo tornare al mio campo di analisi, il dominio marittimo, il rischio di un’escalation mediorientale è maggiore lungo le rotte commerciali marittimo che sono il 90% del traffico commerciale mondiale; non sarebbe la prima volta, e potrebbe avere pesanti ricadute sulle nostre economie. L’Iran, in particolare, ha più volte causato situazioni al limite, bloccando il traffico attraverso Hormuz, eventi che hanno colpito le economie europee e il flusso dei beni. Bisogna ricordare che oltre 30.000 navi mercantili attraversano lo Stretto di Hormuz ogni anno, con un volume giornaliero di trasporto di petrolio che ha superato i 20 milioni di barili nel 2022, rappresentando circa l’80% delle esportazioni di petrolio della regione del Golfo e il 20% della produzione mondiale di petrolio. Di fatto, Hormuz è una delle rotte di trasporto energetico più cruciali al mondo e un choke point strategico non solo per l’Occidente con ricadute sull’economia globale e sulla politica internazionale.
I Pasdaran hanno più volte intrapreso azioni di disturbo e le loro forze potrebbero essere sufficienti per interrompere il flusso mercantile; ovviamente questo comporterebbe reazioni che potrebbero portare ad un nuovo mandato dell’ONU al fine di garantire il free maritime trading. Chi ci guadagnerebbe potrebbe essere la Cina che assiste alla lotta tra un sempre più debole Occidente, applicando ciò che Sun Tzu scrisse oltre 2.500 anni fa4. Un ulteriore conflitto nell’area, frutto di politiche internazionali sbagliate, aggraverebbe i problemi di un pianeta che deve trovare in fretta un equilibrio, essendo arrivato al culmine della sua curva di sopravvivenza. Le ripercussioni sull’Europa sarebbero pesanti e comporterebbero un incremento della presenza navale nel Mediterraneo allargato, impegno gravoso in termine di uomini e mezzi che peserebbe sulle economie nazionali. La funzione di presenza e deterrenza è quindi fondamentale per mantenere un equilibrio delle forze sul mare che possa consentire il free trading. E l’Italia dovrà fare la sua parte considerando che viviamo in un sistema globalizzato che regola la bilancia delle economie locali (oltre il 25% del PIL nazionale è correlato al sistema mare aggregato).
In sintesi, sul mare si decideranno ancora i destini dell’Umanità e anche il nostro Paese dovrà essere pronto a difendere i nostri interessi marittimi con una marina militare adeguata alle sfide del terzo millennio con una particolare attenzione al dominio subacqueo che presenta considerevoli rischi … sempre in attesa che nel nostro povero pianeta rinascano personaggi politici con una visione più ampia sul futuro.
Andrea Mucedola
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in anteprima immagini della flotta italiana, strumento di potere marittimo al servizio del nostro Paese – foto UPICOM
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Note
1. In estrema sintesi la realpolitik è una politica basata su una concreta pragmaticità, che rifugge ogni premessa ideologica o morale perseguendo un’attenta valutazione delle risorse a disposizione del proprio Stato. Idealmente, ciò necessiterebbe di una gestione diplomatica della pace, evitando di ricorrere alla corsa agli armamenti e all’affermazione militare in aree del mondo economicamente appetibili.
2. « history never repeats itself, but the Kaleidoscopic combinations of the pictured present often seem to be constructed out of the broken fragments of antique legends » – Mark Twain
3. « Many forms of Government have been tried, and will be tried in this world of sin and woe. No one pretends that democracy is perfect or all-wise. Indeed, it has been said that democracy is the worst form of Government except for all those other forms that have been tried from time to time » – Fonte Churchill Speaks: Collected Speeches in Peace and War, 1897-1963 di Winston Churchill
4. Sun Tzu scrisse nella Arte della guerra che « combattere e vincere cento battaglie non è prova di suprema eccellenza: la suprema abilità consiste nel piegare la resistenza (volontà) del nemico senza combattere ». Riferimento Sun Tzu, The Art of War, a cura di Ralph D. Sawyer, Westview Press, 1994.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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