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La guerra ai pirati di Gneo Pompeo Magno

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: I SECOLO a.C.
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Gneo Pompeo, pirati, Tirreni

 

Il fenomeno della pirateria è antichissimo
Oltre tre millenni fa popoli guerrieri adattarono la loro strategia predatoria passando dalla terra ferma al mare. Nel mar Mediterraneo scorrazzavano i coraggiosi Shardana, popoli del mare che si erano specializzati nella pirateria ed il cui valore in battaglia li aveva portati ad essere la guardia di onore dei faraoni. Nello stesso mare, un popolo etrusco, conosciuto con il loro nome greco, Thyrrenoi o Tirreni (da cui deriva il nome del Mar Tirreno), depredava implacabilmente tutte le navi commerciali. I Pirati operavano in tutto il Mediterraneo e avevano fama di essere efferati e senza scrupolo. Fecero vittime famose tra cui un giovane romano che sarebbe diventato poi famoso, Gaio Giulio Cesare, catturato al largo dell’isola di Farmacusa dai pirati della Cilicia, una regione della costa sudorientale dell’Asia Minore. Svetonio racconta che “(Cesare) restò con loro per circa quaranta giorni, in compagnia di un medico e di due schiavi. I compagni di viaggio, infatti, e tutti gli altri servi erano stati inviati immediatamente a Roma per raccogliere i soldi del riscatto. Quando furono pagati i cinquanta talenti stabiliti, venne sbarcato su una spiaggia e allora, senza perdere tempo, assoldò una flotta e si lanciò all’inseguimento dei pirati: li catturò e li condannò a quel supplizio (l’impiccagione) che spesso aveva minacciato loro per scherzo … ” dalla Vita dei Cesari, Garzanti, Milano 2004. 

Plutarco racconta che il Senato della Repubblica Romana, preoccupato dalla cresciuta difficoltà di rifornire Roma dei beni necessari per la sua sopravvivenza, a causa della depredazione delle navi mercantili, diede l’incarico di “risolvere” il problema ad un generale, Gneo Pompeo Magno. Pompeo, come vedremo, condusse una guerra rapida senza frontiere, inseguendo i pirati nello loro basi e giustiziandoli senza pietà. Altri tempi altre leggi ma, dopo soli tre mesi, la pace tornò sul mare nostrum e vi rimase per oltre 400 anni.

Dalle fonti storiche (Strabone VIII sec. a.C.) l’impiego di forze militari per combattere la pirateria era incominciato già dai tempi delle città-stato della Grecia che avevano organizzato un complesso ed articolato sistema di navi per scortare i convogli mercantili contro i pirati. Fra di esse Rodi si assunse compiti di “polizia del mare” navigando fino in Adriatico «per la salvezza delle genti». Atene, la maggior potenza navale ellenica, nel cosiddetto “decreto Tod 200” (325/24 a.C) progettò la creazione di una base navale in Adriatico per «protezione dai Tirreni», cioè degli Etruschi che controllavano le coste tirreniche.


Mar Egeo: crocevia di pirati
In realtà il fenomeno era molto più vasto. Un punto caldo del mare nostrum era il mar Egeo; con la sua miriade di isole, baie ed insenature che si prestava per un tipo di guerra che oggi chiameremmo asimmetrico.  I pirati vi si potevano nascondere con facilità ed attendere il momento opportuno per abbordare le navi mercantili di passaggio. Va compreso che all’epoca la navigazione era prettamente costiera per cui i pirati non dovevano faticare molto. Le azioni marittime erano spesso accompagnate da razzie e saccheggi dei villaggi costieri dove i poveri abitanti venivano derubati e uccisi e le donne e i giovani presi come schiavi da rivendere sui mercati.

Al tempo della guerra contro i pirati, condotta da Gneo Pompeo nel 67 a.C., lo storico romano Cassio Dione Cocceiano li descriveva così:

« I pirati non navigavano più a piccoli gruppi, ma in grosse schiere, e avevano i loro comandanti, che accrebbero la loro fama [per le imprese]. Depredavano e saccheggiavano prima di tutto coloro che navigavano, non lasciandoli in pace neppure d’inverno […]; poi anche coloro che stavano nei porti. E se uno osava sfidarli in mare aperto, di solito era vinto e distrutto. Se poi riusciva a batterli, non era in grado di catturarli, a causa della velocità delle loro navi. Così i pirati tornavano subito indietro a saccheggiare e bruciare non solo villaggi e fattorie, ma intere città, mentre altre le rendevano alleate, tanto da svernarvi e creare basi per nuove operazioni, come si trattasse di un paese amico

In un simile scenario ci voleva un abile generale per eradicare il problema e quell’uomo fu Gneo Pompeo.

gneo-pompeo

Busto di Gnaeus Pompeius in Ny Carlsberg Glyptotek, Copenaghen Pompejus modified.png – Wikimedia Commons

Chi fu Gneo Pompeo Magno?
Nato nel 106 a.C. ad Ascoli Piceno da famiglia nobile e ricca, era stato un seguace di Silla. L’appellativo Magno gli era stato dato dopo che aveva combattuto i seguaci di Gaio Mario in Sicilia e poi in Africa, mettendo fine, nel 77 a.C., alla ribellione del console Marco Emilio Lepido, in Etruria. Abile ed astuto militare, nel 71 a.C. Gneo Pompeo aveva represso, insieme a Marco Licinio Crasso, la celebre rivolta di Spartaco cosa che li fece divenire personaggi influenti sulla scena politica. Sebbene avessero una vecchia rivalità, saggiamente preferirono l’accordo allo scontro armato, e si fecero eleggere insieme al consolato del 70 a.C. Per guadagnarsi il consenso della plebe e dei nobili moderati, abrogarono le riforme di Silla, restituendo pieni poteri ai tribuni della plebe ed ampliando l’elargizione del frumento al popolo.

Scaduto il loro mandato, Pompeo e Crasso scomparvero dalla scena pubblica. In realtà Pompeo continuò a mantenere le sue amicizie politiche e, nel 67 a.C., a seguito di una legge per contrastare la pirateria, proposta da un vecchio amico, il tribuno Aulo Gabinio. che minacciava l’approvvigionamento alimentare di Roma, ricevette il comando militare delle forze con poteri eccezionali. Plutarco, nella “Vita di Pompeo” (cap. XXIV-XXVI) descrisse nei dettagli quella campagna che riporto attingendo dalla traduzione di Vito Patella.

XXIV : ” …  Il potere dei pirati era iniziato dalla Cilicia, e le vicende del loro potere furono in un primo tempo incerte, finché non arrivò in loro aiuto il re Mitridate. Accadde perciò che i Romani, impegnati nelle guerre civili, lasciarono i mari incustoditi, ciò che spinse i pirati non solo ad attacchi in mare aperto, ma addirittura a mettere sottosopra le isole e le città costiere. Essendo pertanto lucrosa l’attività dei pirati, molti di famiglie ricche e importanti, si imbarcarono sulle navi dei pirati. I pirati allora crearono molte postazioni armate, e fari con    fortificazioni : tutto ciò era fatto, tra l’altro, con ostentata arroganza e provocazione, per scoraggiare e umiliare. Si diedero quindi a catturare personalità di alto livello, e a pretendere riscatti molto alti per il loro rilascio: tutto ciò ovviamente era un insulto e un’umiliazione per la supremazia di Roma. All’epoca, le navi dei pirati erano diventate più di 1000, e quasi 400 le città costiere catturate e soggiogate dai pirati. ….Una volta addirittura catturarono due pretori in carica, Sestilio e Bellino, con tutto il loro seguito. Catturarono anche la figlia di Marco Antonio, che liberarono solo dopo pagamento di un riscatto. Ma il loro comportamento più insultante era il seguente: se un prigioniero dichiarava il proprio nome, e si proclamava cittadino romano, i pirati fingevano di essere terrorizzati, si inginocchiavano ai piedi del prigioniero, supplicandolo di perdonarli per il loro errore (di averlo cioè catturato). Il prigioniero pensava che la scena fosse reale, e che loro davvero fossero umili e sottomessi. In alcuni casi, i pirati ponevano calzature romane ai piedi del prigioniero,  gli facevano indossare una tunica, e mentendo affermavano di fare tutto ciò perché per il futuro non avessero a verificarsi altre catture per errore. Quindi, ponevano una scala in mare, e invitavano il prigioniero ad andarsene. Se il prigioniero recalcitrava di fronte a questa messinscena, essi lo annegavano subito nel mare. …

XXV: “ … Il potere dei pirati si estese talmente tanto sul nostro mare divennero impossibili la navigazione e I commerci. Fu questa situazione che indusse i Romani a delegare Pompeo perché liberasse il mare dai pirati, e rendesse così di nuovo possibili gli stessi rifornimenti di merce e provviste. A Pompeo fu perciò attribuito, attraverso una legge fatta approvare da Gabinio, amico di Pompeo. Questa legge concedeva a Pompeo  non solo il domando della flotta sul mare, fino alle colonne d’Ercole, ma un potere assoluto ed eccezionale, anche sulla terraferma entro 400 stadi ( circa 40 chilometri) di distanza dal mare. Il Senato propose una lista di nomi, tra cui Pompeo scelse 15 legati Comandanti (legati) attribuendo a ciascuno di essi la responsabilità di un settore geografico di intervento. …

In questa tabella i nomi dei comandanti e le zone di mare assegnate

Lucio Gellio Publicola Mar Tirreno
Publio Atilio Mar Ligure e acque della Corsica
Marco Pomponio Mar Gallico (Golfo del Leone)
Aulo Manlio Torquato Mar Balearico e acque delle coste orientali della Hispania
Tiberio Claudio Nerone Stretto di Gibilterra  e mare di Alboran
Gneo Cornelio Lentulo Marcellino Acque della Sardegna e mar libico
Aulo Plozio Varo Mare Siculo
Marco Terrenzio Varrone Mar ionio, basso Adriatico, e basso Egeo fino a Delo
Aulo e Quinto Pompeo Bitinico Mare Egizio
Quinto Cecilio Metello Nepote Egeo sud-orientale, mar Panfilio ed acque di Cipro
Marco Pupio Pisone Frugi Calpurniano Propontide e Bosforo
Gneo Cornelio Lentulo Clodiano Mar Adriatico
Lucio Lollio Mar Egeo settentrionale fino ai Dardanelli (Ellesponto)

… L’ampiezza dei poteri concessi a Pompeo si comprende, considerando che i territori su cui venivano riconosciuti i pieni poteri, erano in pratica i territori di tutto l’Impero di allora.  I legati erano inoltre autorizzati ad attingere ai fondi del Tesoro, e quelle rimesse dei Pubblicani, ovvero degli esattori periferici delle tasse per l’Impero. La flotta era composta da 200 navi, sotto un comando unico, come detto sopra. La popolazione accolse con favore queste decisioni, che però furono molto contrastate in Senato dove, tra i personaggi eminenti, il solo Giulio Cesare appoggiò senza esitazioni la legge Gabinia. Alla fine, le forze agli ordini di Pompeo era composta da 500 navi, 120.000 soldati armati di tutto punto, e 5000 cavalli. Ventiquattro divennero i legati per Pompeo, tutti indicati dal Senato. Ventidue  legati erano ex pretori; due, ex questori. Appena la decisione fu operative, i prezzi  delle derrate alimentari scesero in maniera sensibile, ciò che fece dire al popolo che il solo nome di Pompeo aveva posto fine alla guerra. Il mare e la terraferma entro 40 chilometri, furono suddivisi in tredici settori di intervento, a ognuno dei quali furono attribuiti delle navi, dei soldati e dei cavalli. Le forze così organizzate, si sparsero per tutto il mare, e attaccarono in massa e in contemporanea le navi dei pirati. Contro Pompeo si schierarono 60 tra le navi migliori dei pirati, ma Pompeo  le affrontò solo dopo che il Mar Tirreno, il Mar Libico, la Sardegna, la Corsica, e la Sicilia,  erano  stati ripuliti dalle navi nemiche. Il tutto avvenne in 40 giorni, grazie al coordinamento delle forze di Pompeo. …

Una decisione strategica
La strategia di Gneo Pompeo di dividere il Mare Nostrum ed il Mar Nero in tredici settori, ognuno dei quali affidato al controllo di un suo comandante, permise in soli tre mesi di prendere il dominio dell’isola di Creta, le coste della Cilicia, della Panfilia e della Licia. Ma la sua azione non fu solo militare ma anche politica: si preoccupo dei  sopravvissuti e li fece trasferire in regioni interne e spopolate. Al fido Cecilio Metello affidò la gestione dei pirati cretesi, dirigendo la sua attenzione su un nemico di Roma ben più temibile, Mitridate. Ma questa è un’altra storia.

For English readers, Pompeius life by Plutarco can be found at this link

 

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