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Relitti: Dopo 77 anni, ritrovata la portaerei USS Hornet sul fondo dell’oceano nei pressi delle Isole Salomone

tempo di lettura: 6 minuti

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livello elementare 

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: Relitto, Guadalcanal, Midway, Doolittle, R/V Petrel

 

Raccontiamo oggi la storia della portaerei USS Hornet ritrovata dopo oltre 70 anni sul fondo dell’oceano nei pressi delle Isole Salomone.

La terza e ultima portaerei della classe Yorktown, la USS Hornet, fu ordinata dalla marina statunitense il 30 marzo 1939. La costruzione iniziò a Newport News Shipbuilding Company in settembre prima dello scoppio della seconda guerra mondiale in Europa. In quel momento la posizione scelta dagli Stati Uniti era di rimanere neutrali. Varata il 14 dicembre 1940, fu completata l’anno seguente ed il 20 ottobre 1941, l’Hornet fu consegnata alla US Navy. Il primo comando della portaerei fu assegnato al Captain Marc A. Mitscher. Nelle cinque settimane successive, la portaerei iniziò l’addestramento basico al largo della baia di Chesapeake

Dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour il 7 dicembre 1941, l’USS Hornet tornò a Norfolk, Virginia, per essere ammodernata. Di fatto, nel gennaio 1942 il suo armamento antiaereo venne sostanzialmente aggiornato e fu deciso di mantenerla in Atlantico, per effettuare delle prove di decollo dei bombardieri B-25 Mitchell. I test si dimostrarono efficaci ed il 4 marzo l’Hornet lasciò Norfolk per San Francisco, California. Dopo aver attraversato il Canale di Panama, arrivò alla Stazione Aeronavale Navale di Alameda, il 20 marzo 1942 dove imbarcò sedici B-25 delle Forze aeree dell’esercito americano..

The Doolittle Raid
Il comandante della nave, Mitscher, salpò il 2 aprile 1942 ed informò l’equipaggio che era stato pianificato un attacco aereo, guidato dal tenente colonnello Jimmie Doolittle, per attaccare direttamente il territorio giapponese. L’Hornet si unì quindi alla Task Force 16 comandata dal vice ammiraglio William Halsey, che era imbarcato sulla USS Enterprise. La missione prevedeva che gli aerei della Enterprise avrebbero fornito la copertura aerea durante l’attacco dei bombardieri della Hornet nel cuore del Giappone.

Il 18 aprile, la forza americana fu avvistata dalla nave  giapponese Nitto Maru che fu intercettata rapidamente dalla USS Nashville. Temendo di aver perso il fattore sorpresa  e  che la nave Nitto Maru avesse fatto in tempo ad avvisare le altre forze nipponiche della forza navale americana, Halsey decie di anticipare i tempi e, a circa 170 miglia dal punto di lancio previsto degli aerei, ordinò il decollo dei bombardieri. Doolittle partì per primo alle 8:20 del mattino. Dopo aver raggiunto il Giappone, i bombardieri statunitensi colpirono con successo i loro obiettivi ma, non avendo sufficiente carburante, si diressero verso la Cina.

USS Hornet:
Tonnellaggio: 26,932 tons

Lunghezza: 827 ft., 5 in.
larghezza: 114 ft.
pescaggio: 28 ft.
Propulsione: 4 turbine a vapore Parsons, 9 caldaie Babcock & Wilcox 
4 assi
Velocità massima: 32.5 nodi
autonomia: 14,400 miglia nautiche a 15 nodi
equipaggio: 2,919
Armamento
8 × 5 in. Cannoni binati, 20 × 1.1 in., 32 × 20 mm mitragliere antiaeree
90 aerei

Nel frattempo, dopo il decollo degli aerei, la Divisione navale si diresse verso Pearl Harbour e, dopo una breve sosta tecnica alle Hawaii, il 30 aprile procedettero verso sud in sostegno della USS Yorktown e della USS Lexington nella Battaglia del Mar dei Coralli. Incapaci di raggiungere la zona in tempo, dirottarono verso Nauru e Banaba prima di tornare a Pearl Harbour il 26 maggio. La sosta in porto fu breve ed il Comandante in Capo della flotta del Pacifico, l’ammiraglio Chester W. Nimitz, ordinò che sia l’Hornet che l’Enterprise dirigessero verso Midway. Sotto la guida del contrammiraglio Raymond Spruance, le due portaerei si riunirono al USS Yorktown..Con l’inizio della battaglia di Midway, il 4 giugno 1942, le portaerei statunitensi lanciarono attacchi aerei con gli aerosiluranti Douglass TBD Devastator contro le quattro portaerei della Prima Flotta aerea del Vice Ammiraglio Chuichi Nagumo. Le perdite furono ingenti e lo squadrone VT-8 dell’Hornet perse tutti i suoi quindici aerei. Nel corso del combattimento, i bombardieri della Yorktown e dell’Enterprise riuscirono però ad affondare tutte e quattro le navi giapponesi. Nel pomeriggio, gli aerei della Hornet attaccarono le navi giapponesi di supporto ma con scarsi risultati.

Due giorni dopo, affondarono l’incrociatore pesante Mikuma e danneggiarono in maniera grave il Mogami. Ritornato in porto, Hornet dovette subire due mesi di revisioni che compresero un potenziamento delle difese antiaeree e l’installazione di un nuovo radar.

Il 17 agosto, l’Hornet salpò da Pearl Harbour per le Isole Salomone. Arrivando in zona, la portaerei sostenne le operazioni alleate e alla fine di settembre fu per un breve tempo l’unica portaerei operativa nel Pacifico dopo la perdita della USS Wasp ed i gravi danni subiti dalla USS Saratoga e dall’USS Enterprise. Insieme all’USS Enterprise il 24 ottobre, Hornet si diresse per intercettare la forza giapponese che si avvicinava a Guadalcanal. Nel corso della Battaglia delle isole Santa Cruz, gli aerei dell’Hornet inflissero gravi danni al trasportatore Shokaku e all’incrociatore pesante Chikuma.

Durante lo scontro l’USS Hornet fu però colpito da tre bombe e due siluri. I danni furono ingenti e la situazione apparve subito drammatica, necessitando parecchie ore per porre gli incendi sotto controllo. Nel tentativo di salvare la portaerei, incapace di manovrare, fu ordinato all’incrociatore USS Northampton di rimorchiarla. Una situazione critica in cui le due navi, spostandosi alla velocità ridotta di 5 nodi, furono nuovamente attaccate da aerei giapponesi e l’Hornet colpito da un altro siluro. Il comandante, Captain Charles P. Mason, vista la situazione, ordinò l’abbandono nave, mentre la grande nave, in preda ad incendi e continue esplosioni, era ormai abbandonata alla deriva. Due cacciatorpedinieri, USS Anderson e USS Mustin, furono quindi inviati per affondarla definitivamente. Le navi spararono oltre 400 proiettili da cinque pollici e nove siluri ma la Hornet continuò a restare a galla. La situazione fu risolta dopo la mezzanotte quando fu colpita da quattro siluri dei cacciatorpediniere giapponesi Makigumo e Akigumo che erano arrivati nella zona, ignari della situazione.

La grande portaerei, dopo essere stata in attività solo un anno e sette giorni, affondò nelle profondità dell’Oceano con oltre 100 perdite umane. Le navi di superficie statunitensi furono costrette a ritirarsi dall’area di battaglia dopo la perdita della portaerei USS Hornet, con la USS Enterprise gravemente danneggiata. Le portaerei giapponesi si ritirarono a loro volta a causa delle pesanti perdite nelle forze aeree e dei danni significativi alle loro infrastrutture.

Anche se il Giappone ottenne una apparente vittoria tattica,  di fatto la vittoria gli costò cara, in termine di uomini e mezzi, e costituì nel lungo termine un vantaggio strategico per gli Americani. 

An International Harvester aircraft tug on the wreck of USS Hornet (CV 8), which was discovered in January 2019 in the South Pacific, resting on the ocean bottom nearly 17,500 feet below the surface. (Photo courtesy of Paul G Allen’s Vulcan Inc.) 190212-O-N0801-009 | An International Harvester aircraft tug… | Flickr

Il ritrovamento
E’ il caso di dirlo, continuano i successi della nave da ricerca R/V Petrel nel Pacifico meridionale, un area che fu tutt’altro che pacifica durante la seconda guerra mondiale. La nave da ricerca ha finalmente ritrovato, nel gennaio 2019, il relitto della portaerei USS Hornet. Un nuovo importante successo per la Petrel che, ricorderete in un altro nostro articolo, aveva ritrovato nel 2017 la USS Indianapolis.

cannone da 5 inch della USS Hornet. Photo: Navigea; R/V Petrel 190212-O-N0801-004 | A five-inch gun aboard the wreck of USS… | Flickr

La Petrel ha setacciato 140 miglia quadrate di oceano, in un progetto finanziato dal co-fondatore della Microsoft, Paul Allen, che aveva una passione per la storia marittima ed aveva equipaggiato la nave da ricerca con strumenti all’avanguardia per la ricerca e identificazione di relitti in acque profonde. Inizialmente i ricercatori avevano raccolto informazioni negli archivi della Marina statunitense, studiando i rapporti di operazione delle altre navi che erano state coinvolte nella battaglia. Per verifica, avevano esaminato anche i documenti contenuti negli archivi navali giapponesi delle navi che diedero il colpo di grazia alla Hornet.

La R/V Petrel fu quindi inviata su una posizione presunta ed incominciò la sua ricerca con i sonar in dotazione agli AUV. Dopo circa un’ora e mezza di viaggio per raggiungere il fondo, il  mezzo ebbe il suo primo rilevamento del fondale. L’analisi dei dati sonar mostrò miglia e miglia di fondali desolatamente vuoti … fino a quando furono avvistati i primi detriti.

A sonar image from R/V Petrel shows the wreck of USS Hornet (CV 8) resting on the ocean bottom in the South Pacific, nearly 17,500 feet below the surface. (Photo courtesy of Paul G Allen’s Vulcan Inc.) https://www.flickr.com/photos/compacflt/33199119058

La scansione sonar mostrò qualcosa che sembrava simile ad una grande nave e le successive ispezioni video dimostrarono senza ombra di dubbio che era stata ritrovata la grande portaerei. La nave giace a più di 17.000 piedi (5400 metri) di profondità vicino alle Isole Salomone. Sono visibili i suoi potenti cannoni, la struttura  ed i resti degli aerei. Una finestra su quel tragico avvenimento di 77 anni fa. Nel buio spettrale degli abissi tutto sembra essere fossilizzato a quel giorno. Immagini forti che in questo video ci raccontano questa terribile tragedia del mare.

 

foto in anteprima A five-inch gun aboard the wreck of USS Hornet (CV 8), which was discovered in January 2019 in the South Pacific, resting on the ocean bottom nearly 17,500 feet below the surface. (Photo courtesy of Paul G Allen’s Vulcan Inc.) – credit USN – US Pacific Fleet  https://www.flickr.com/photos/compacflt/

 

Alcune delle foto presenti in questo blog sono prese dal web, pur rispettando la netiquette, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o chiedere di rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo
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