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Il contesto strategico nel Mediterraneo Orientale – parte I

tempo di lettura: 3 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: GEOPOLITICA MARITTIMA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: CESMAR, Mediterraneo, Russia, Cina

 

Il Mediterraneo Orientale da almeno 250 anni (ma potremmo risalire fino all’età del Bronzo) è uno dei principali teatri geostrategici mondiali per motivi talmente ovvi che sarebbe inutile ripeterli. Fino al XVII secolo l’impero Ottomano, strenuamente contrastato dalla flotta veneziana, ha dominato tale teatro.

Successivamente prima il Regno Unito, poi gli USA e la NATO, hanno contrastato le “sempre presenti” mire zariste, sovietiche e poi russe. L’aspirazione di avere accesso al Mediterraneo, infatti, è una costante della politica geostrategica russa, da Pietro il Grande in poi. Non dimentichiamo che il Mediterraneo Orientale è il principale corridoio commerciale mondiale, e negli ultimi anni è diventato anche un’importantissima fonte di idrocarburi, in particolare di gas naturale, grazie ai numerosi giacimenti rinvenuti (e parzialmente già sfruttati) nelle Zone Economiche Esclusive (ZEE) di Cipro, Israele ed Egitto.

Nonostante la sua indiscutibile rilevanza economica e geostrategica, tale bacino ha registrato, a cominciare dalla fine della guerra fredda, un graduale disimpegno americano, che non si è arrestato nemmeno con l’insorgere dei pericolosi conflitti in Libia e Siria.

 

La Sesta Flotta oggi è l’ombra di quella che fu e la guerra in Ucraina ha solo temporaneamente invertito la tendenza. L’avversario principale della US Navy nel III millennio rimane la Cina e l’Indo-Pacifico rimane il suo teatro geostrategico di riferimento. Alla difesa degli interessi occidentali nel Mediterraneo Orientale saranno quindi sempre più chiamate le Marine Militari alleate, in primis  quella italiana. In tale ambito, gli equilibri strategici mediterranei sono sottoposti a sempre maggiori pressioni da parte di tre paesi: Russia, Cina e Turchia.

La Russia
La Voenno-morskoj flot nel Mediterraneo è stata notevolmente rafforzata dall’inizio della guerra in Ucraina, tramite il trasferimento di alcune unità dalla flotta del Nord e da quella del Pacifico.

Attualmente nel Mediterraneo sono presenti circa una ventina di unità,  tra cui almeno un paio di sottomarini e due grandi unità lanciamissili. Il fatto che sia stata avviata un’importante ristrutturazione e ampliamento della base di Tartus (in Siria) dimostra che l’attuale presenza russa nelle acque mediterranee non solo non diminuirà, ma sarà prevedibilmente destinata ad aumentare. Tale presenza consente alla Russia di ottenere almeno quattro importanti obiettivi strategici:

–  rafforza la sua posizione militare nel Mar Nero, la cui difesa avviene in posizione avanzata, ovvero nel Mediterraneo Orientale;

–  obbliga la NATO a dispiegare delle unità in un teatro lontano dalle acque di normale giurisdizione. Attualmente sono presenti nell’area tre strike groups della NATO, con altrettante portaerei;

–  viene a costituire una minaccia nei confronti delle vie commerciali e delle infrastrutture energetiche vitali per l’UE e l’Occidente in generale, per effetto della presenza di sistemi e/o mezzi in grado di effettuare sabotaggi nei confronti di gasdotti e cavi sottomarini;

–  minaccia, in caso di conflitto convenzionale o nucleare con la NATO, di colpire obiettivi in Europa.

 

La Cina
A prima vista tale minaccia parrebbe molto lontana, soprattutto per il fatto che è nell’interesse della Cina garantire che i flussi commerciali da Oriente verso Occidente non siano turbati. Tra l’altro la Cina investe da anni nell’area proprio per consolidarvi la sua presenza.; ad esempio nel porto greco del Pireo che, in caso di bisogno, può essere impiegato come punto di appoggio delle navi militari cinesi. In tale ambito, la flotta cinese ha già effettuato in passato esercitazioni comuni con quella russa nel Mediterraneo e, in caso di crisi, la flotta cinese avrebbe quindi gli strumenti per intervenire efficacemente anche nel Mediterraneo Orientale.

La Marina cinese, come numero di unità, è ormai la prima Marina militare del mondo anche se, sotto il profilo del tonnellaggio complessivo e in termini di capacità operativa, non può certo rivaleggiare con quella statunitense. Nel breve-medio termine, quindi, potrebbe essere in grado di garantire una presenza permanente o semipermanente nel Mediterraneo. Già adesso la sua base di Djibuti le permette di essere stabilmente presente nel golfo di Aden e nel Mar Rosso.

Il fattore più rilevante è però un altro. Vista la sua impotenza ad arginare la preponderante presenza statunitense nel Mar Cinese Meridionale, Pechino avrebbe infatti deciso, secondo le migliori tradizioni nazionali già codificate millenni orsono da Sun Tzu, di adottare una strategia indiretta: invece di limitarsi a contrastare la US Navy nelle acque del  Mar Cinese Meridionale, avrebbe individuato proprio nel Mediterraneo Orientale un teatro geostrategico nevralgico sia per gli interessi USA che per l’Occidente in generale. In tale teatro la Cina potrebbe decidere di far intervenire la sua Marina, probabilmente solo in termini di proiezione di potenza e senza necessariamente mostrare intenzioni apertamente bellicose. In un certo qual modo, il Mediterraneo Orientale, per la Cina, farebbe ormai parte del suo “Indo-Pacifico allargato”.

Fine I parte – continua

Renato Scarfi

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CENTRO STUDI DI GEOPOLITICA E STRATEGIA MARITTIMA «Geopolitica-mente» quaderno 3 – a cura di Renato SCARFI

 

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