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livello elementare.
ARGOMENTO: OCEANI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: accordi internazionali
parole chiave: conferenza OUR OCEAN 2023, Panama
Un oceano in salute avvantaggia allo stesso modo la natura e l’essere umano; è fondamentale per la sopravvivenza della Terra e dei suoi abitanti, regolando il clima e fornendo prosperità e mezzi di sussistenza a miliardi di persone. Per poter sopravvivere necessita però di un impegno da parte di tutti per la conservazione e preservazione degli habitat oceanici. Di fatto la salute degli oceani si sta deteriorando a causa dell’impatto causato dalle emissioni di gas serra che contribuiscono in maniera significativa al riscaldamento degli oceani, all’innalzamento dei livelli del mare ed all’acidificazione degli oceani. Non ultimo è necessario fermare l’inquinamento antropico ed il flusso di plastiche che continuano ad accumularsi nelle nostre acque sotto diverse forme. Tutti argomenti che abbiamo trattato molte volte e non ci stanchiamo di ripetere.
Un lungo cammino forse arrivato ad una pietra miliare
Nella risoluzione ONU 72/249 del 24 dicembre 2017, l’Assemblea generale aveva deciso di convocare una Conferenza intergovernativa, sotto l’egida delle Nazioni Unite, per elaborare il prima possibile il testo di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), nello specifico sulla conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica marina delle aree al di fuori della giurisdizione nazionale.
Il 5 marzo 2023 è stata una data storica. Al termine dell’ottava conferenza mondiale di Our Ocean, tenuta a Panama, sono stati firmati 341 accordi di impegno per un importo stimato di 19.978 milioni di dollari per la salvaguardia degli oceani. Impegni che sembrano essere finalmente concreti da parte delle Nazioni e sono stati sottolineati poche ore dopo la conclusione dell’accordo da António Manuel de Oliveira Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite, con una dichiarazione trionfale: “Questa azione è una vittoria per il multilateralismo e per gli sforzi globali per contrastare le tendenze distruttive che affliggono la salute degli oceani, ora e per le generazioni a venire”.
Già denominato “Trattato sull’alto mare“, il quadro giuridico che è stato approvato a Panama collocherebbe il 30% degli oceani del mondo in aree protette, destinando più denaro alla conservazione marina e regolamentando l’accesso e l’uso delle risorse genetiche marine. Un passo avanti per poter affrontare in maniera condivisa la triplice crisi del nostro pianeta causata dal cambiamento climatico, dalla perdita di biodiversità e dall’inquinamento. Questo trattato è in linea con gli obiettivi relativi agli oceani dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e del Quadro globale per la biodiversità di Kunming-Montreal che si propone di proteggere un terzo della biodiversità mondiale – terrestre e marina – entro il 2030, approvato alla conferenza delle Nazioni Unite di Montreal lo scorso dicembre 2022.
Di particolare importanza l’accordo raggiunto dai delegati della Conferenza intergovernativa sulla biodiversità marina delle aree al di fuori della giurisdizione nazionale, Marine Biodiversity of Areas Beyond National Jurisdiction (BBNJ), che sembra finalmente mettere un punto ad una questione iniziata nel 2004 e sempre rinviata.
Queste aree oceaniche, poste al di fuori delle giurisdizioni nazionali previste da UNCLOS, occupano il 61% degli oceani. Questo comporta che nell’incertezza, molti Paesi, tra l’altro tra i più industrializzati, da tempo stanno cercando più o meno legalmente di attingere alle risorse minerarie e biologiche di quelle aree: una depredazione incontrollata che se perseguita distruggerebbe gli oceani.
Gutierrez ha sottolineato come questa decisione si basi sull’eredità della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), significando un passo avanti ottenuto da tutte le parti che hanno dimostrato una giusta flessibilità e perseveranza. L’ambasciatrice Rena Lee, di Singapore, chairwoman della conferenza, ringraziando il sostegno critico delle organizzazioni non governative, della società civile, delle istituzioni accademiche e della comunità scientifica ha aggiunto con viva emozione che “la nave ha raggiunto il porto“.
Le delegazioni nazionali partecipanti hanno dedicato i due giorni di sessioni per concordare le numerose azioni volte a proteggere gli oceani dall’inquinamento marino, dalla crisi climatica e dall’acidificazione, per di garantire a tutti una gestione responsabile delle risorse marine, nonché una crescita economia sostenibile per tutti.
In breve, le sei linee d’azione su cui si è concentrata questa ottava conferenza sono state: Aree marine protette, sicurezza marina, economia blu, pesca sostenibile, cambiamento climatico e inquinamento marino.
Cosa ci potremmo aspettare?
In attesa del verbale finale, basandoci sulle notizie trapelate, questo nuovo accordo dovrebbe garantire la protezione della biodiversità marina prevedendo:
– una rete globale e integrata di aree marine protette (AMP) che sosterrebbe la connettività ecologica, aiutando a preservare le specie animali e vegetali e gli ecosistemi. La restrizione delle attività umane in determinate aree ecologicamente o biologicamente significative è un sistema comprovato per prevenire il degrado ambientale. Un insieme di Hope Spot identificati scientificamente come fondamentali per la salute dell’oceano, gestiti da localmente e supportati, si spera, economicamente e scientificamente dall’ONU.
– Adozione di standard comuni per la valutazione dell’impatto ambientale con linee guida delle migliori pratiche (best practices) per una maggiore coerenza, certezza del diritto e l’attuazione di misure per proteggere l’ambiente marino.
– L’equa condivisione dei benefici delle risorse genetiche marine, facilitando collaborazioni di ricerca tra scienziati, industria e Stati e fornendo procedure per l’accesso e la condivisione dei benefici di queste risorse.
– Non ultimo, favorire lo sviluppo ed il trasferimento delle capacità tecnologiche per una conservazione efficace della biodiversità.
Naturalmente l’attuazione dell’accordo richiederà accordi istituzionali adeguati, necessari per guidare, consigliare e valutare in modo indipendente i processi di VIA e AMP, supportati da un fondo globale per sostenere l’attuazione delle misure incluse nell’accordo.
Il lavoro non è quindi finito, anzi possiamo dire che è appena iniziato. In un mondo in cui i fantasmi del secolo scorso sono riapparsi minacciosi, il timore che questi bei propositi siano facilmente dimenticati purtroppo esiste e gli oceani non possono più aspettare.
photo credit @andrea mucedola
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