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NO PLASTIC AT SEA

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Petizione OCEAN4FUTURE

Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

Salve a tutti. Noi crediamo che l'educazione ambientale in tutte le scuole di ogni ordine e grado sia un processo irrinunciabile e che l'esempio valga più di mille parole. Siamo arrivati a oltre 4000 firme ma continuiamo a raccoglierle con la speranza che la classe politica al di là delle promesse comprenda realmente l'emergenza che viviamo, ed agisca,speriamo, con maggiore coscienza
seguite il LINK per firmare la petizione

  Address: OCEAN4FUTURE

Gli oceani non possono più attendere

Reading Time: 8 minutes

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livello elementare

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ARGOMENTO: EMERGENZE CLIMATICHE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Temperature, mare

 

Alla fine di novembre mi sono immerso nelle acque di Tavolara, in quella splendida riserva marina sarda famosa per la sua biodiversità. La cosa che mi ha particolarmente colpito è stata la temperatura dell’acqua, misurata a 36 metri profondità con un valore di 26 gradi … una temperatura decisamente anomala per quel periodo dell’anno. Misurazioni delle temperature nei giorni successivi, a diverse profondità, mi hanno confermato che i valori erano decisamente superiori alla norma. Da testimonianze di esperti biologi marini locali, è emerso che questa tendenza termica è in aumento già da molti anni, causando non pochi impatti sugli habitat costieri.

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la splendida isola di Tavolara – photo credit andrea mucedola

Mari sempre più caldi
L’aumento delle temperature dei mari è un fattore destabilizzante di estrema importanza. Gli oceani assorbono lentamente il calore dall’atmosfera e lo restituiscono con la stessa inerzia alla terra, modificando il clima generale. Senza questa funzione termica il nostro pianeta sarebbe molto più freddo e la vita sarebbe impossibile.  

Il susseguirsi delle ondate di calore marine (MHW), eventi anomali e prolungati di innalzamenti delle temperature del mare, sta diventando sempre più frequente, causando la mortalità di massa degli organismi marini in tutti gli oceani. Tra gli organismi più colpiti ci sono le specie che formano gli habitat costieri, tra cui i coralli, le spugne, le gorgonie e le alghe marine. Un danno molto importante in quanto questi organismi contribuiscono in modo determinante alla struttura e al funzionamento degli ecosistemi fornendo cibo e riparo a molte specie che, altrimenti non potrebbero sopravvivere. L’impatto non è quindi solo biologico ma anche economico in quanto la perdita di questi habitat favorevoli comporta la diminuzione del pescato.

Quali sono le cause?
L’insieme di fattori astronomici, legati alla traiettoria del nostro pianeta intorno al Sole, e antropogenici, come la diffusione in atmosfera dei gas serra, ha provocato un riscaldamento a lungo termine ed inequivocabile del nostro pianeta (IPCC, 2019). Per la funzione termica, che ho precedentemente citato, più del 90% del calore in eccesso viene immagazzinato negli oceani, dove si “accumula” provocando gli aumenti delle temperature degli oceani che stiamo apprezzando.

Poiché gli oceani sono il principale deposito dello squilibrio energetico della Terra, misurare il contenuto di calore dell’oceano (OHC) è uno dei modi migliori per quantificare il tasso di riscaldamento globale. Centri di ricerca e Università perseguono da anni campagne di misura che stanno rivelando dati sempre più significativi. I recenti rapporti mostrano che gli oceani del mondo (in particolare a profondità superiori ai 2000 m) stanno aumentando significativamente.

Nel 2019 i dati registrati hanno  mostrato valori mai registrati nella storia umana. In particolare, l’anomalia del calore oceanico (0-2000 m) nel 2019 è stata di 228 Zetta Joule (ZJ , dove 1 ZJ equivale a 1021 Joule) al di sopra della media misurata nel trentennio 1981-2010, ma soprattutto di 25 ZJ al di sopra del valore medio misurato nel 2018. Un aumento che risulta confermato confrontando i dati dell’Istituto di fisica dell’atmosfera (IAP) cinese con quelli della National Oceanic and Atmospheric Administration/National Center for Environmental Information (NOAA/NCEI).

In parole semplici, gli ultimi cinque anni sono storicamente i primi cinque anni più caldi degli oceani misurati con strumenti moderni, ma, cosa ancor più significativa, gli ultimi dieci anni sono anche stati i più caldi mai registrati. Poiché i valori termici annuali possono essere influenzati da variabilità interne (come l’oscillazione del El Niño Southern Oscillation, ENSO) o errori strumentali, è importante valutare le tendenze a lungo termine perché ci mostrano, con dati di fatto, il cambiamento delle temperature medie nel tempo. Quello che colpisce è che il trend di aumento delle temperature interessa non solo la parte superficiale degli oceani ma scende a grande profondità come mostrato nelle immagini seguenti.

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Sezione verticale delle tendenze della temperatura oceanica nel periodo 1960-2019 dalla superficie del mare a 2000 m (tendenza lineare dei minimi quadrati ordinari su 60 anni). Sono mostrate le sezioni medie zonali in ciascun bacino oceanico organizzato attorno all’Oceano Australe (a sud di 60°S) al centro. I contorni neri mostrano la temperatura media climatologica associata con intervalli di 2°C (nell’Oceano Australe, gli intervalli di 1°C sono forniti con contorni tratteggiati). da studio http://www.iapjournals.ac.cn/aas

Dai dati raccolti, il riscaldamento marino è distribuito in tutti gli oceani del mondo, con un forte aumento dell’energia termica. L’Oceano Atlantico e l’Oceano Antartico (soprattutto vicino alla Corrente circumpolare antartica, 40°–60°S) hanno continuato a mostrare un riscaldamento maggiore rispetto alla maggior parte degli altri bacini (Cheng et al., 2019). Gli scienziati ritengono che l’Oceano Antartico abbia assorbito la maggior parte del riscaldamento globale dal 1970: osservazioni multiple mostrano che l’oceano a sud di 30°S a 0–2000 m è stato responsabile del 35%–43% dell’aumento della temperatura globale OHC nel periodo 1970–2017. Questa tendenza è associata ad un trasporto netto di calore verso nord da parte degli oceani attraverso l’equatore, che comporta ondate di calore importanti nel Pacifico (Mar di Tasmania) con un forte impatto sulla pesca marina e sugli ecosistemi.

È interessante notare che molti dei principali eventi di ondata di calore degli ultimi anni (Collins et al., 2019) sono avvenuti vicino alle regioni a forte riscaldamento degli oceani, come il Mar Mediterraneo, il Pacifico settentrionale e centrale equatoriale, il Mare di Tasmania ed il Nord Atlantico (> 40°N).

Effetti anche geopolitici
Il risultato comune è stato che a seguito delle ondate di calore marino sono aumentati i rischi per la biodiversità e la pesca, causando forti perdite economiche. Va compreso che ogni evento  si concatena all’economia generale del pianeta. La perdita della pescosità colpisce le popolazioni locali, già affette sul territorio da problemi di siccità, che devono quindi rivolgersi ad altre fonti economiche, non sempre legali, come il contrabbando e la pirateria. Inoltre, queste condizioni favoriscono il fenomeno della migrazione  clandestina verso aree ritenute più favorevoli.

Il riscaldamento degli oceani è quindi una testimonianza  inconfutabile dello squilibrio energetico della Terra: i gas serra in eccesso nell’aria intrappolano più calore all’interno del sistema climatico e contribuiscono significativamente al riscaldamento globale.

Più del 90% del calore si accumula nell’oceano a causa della sua grande capacità termica, e il riscaldamento rimanente si manifesta come riscaldamento atmosferico, riscaldando la massa continentale e provocando lo scioglimento dei ghiacci terrestri e marini. 
Questo comporta l’innalzamento del livello del mare sia a causa dell’espansione termica degli oceani sia per l’aumento di massa aggiuntiva dovuto allo scioglimento dei ghiacci terrestri. Tendenza che è stata confermata dai satelliti altimetrici negli ultimi 10 anni, rivelando i più alti del livello medio globale del mare dal 1900 (IPCC, 2019). L’aumento del calore aumenta anche l’evaporazione portando più umidità in atmosfera. Questo comporta un aumento dei fenomeni meteorologici estremi (in particolare uragani e tifoni) con forti piogge e le inondazioni, di fatto portando a una maggiore ciclo idrologico.

Non ultimo, l’aumento della temperatura dell’oceano riduce l’ossigeno disciolto nell’oceano e influisce in modo significativo sulla vita marina, in particolare sui coralli e altri organismi sensibili alla temperatura e alla chimica.

Da comprendere
Un quadro preoccupante se completato da una constatazione; è importante comprendere che non basterà spegnere la lampadina, l’interruttore immaginario che ridurrà di colpo le nostre emissioni. Il riscaldamento degli oceani continuerà anche se la temperatura media globale dell’aria superficiale scenderà di 2°C o al di sotto nel 21° secolo.

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il super tifone Surigae del 2021 con venti fino a 300 nodi

Questo significa che l’oceano e le grandi calotte glaciali risponderanno lentamente ai cambiamenti restituendoci non solo calore ma fenomeni sempre più estremi come quelli che hanno colpito il Pacifico in questi anni, non ultimo Gabrielle (2023).

Anche mari come il Mediterraneo ne stanno subendo gli effetti. Le ondate di calore hanno un impatto sulle scogliere coralligene mediterranee che ospitano circa il 10% delle specie mediterranee. Un esempio pratico sono gli ottocoralli come la Paramuricea clavata ed il Corallium rubrum che sono tra gli organismi più colpiti, avendo capacità di recupero lente. In particolare, quando subiscono una mortalità parziale, le superfici scheletriche denudate sono rapidamente ricoperte da alghe filamentose, briozoi e policheti che ne impediscono la ricrescita dei tessuti nelle parti danneggiate. Questi fenomeni sono in aumento, basti ricordare l’estate del 2003 quando una forte ondata di calore colpì il Mar Mediterraneo nordoccidentale con temperature fino a 3°C sopra la media. 

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gorgonie e mucillagine photo credit andrea mucedola

In sintesi, le condizioni dei mari del mondo sono critiche e non devono essere sottovalutate le iniziative per ridurre gli effetti climatici. Sebbene l’impiego di risorse sostenibili sia molto attraente, deve essere compreso che non abbiamo molto tempo. Da un lato abbiamo l’enorme necessità energetica che consente a miliardi di persone di vivere e prosperare, dall’altro un pianeta che soffre da tropo tempo, con palliativi non sufficienti. Deve essere affrontato con pragmatismo il problema, al di là dei sogni elargiti alle masse. Abbiamo bisogno di energia, di ridurre l’impiego dei fossili, di inventare nuovi sistemi tecnologici. L’energia nucleare di nuova generazione è al momento una soluzione percorribile in quanto abbatterebbe l’uso di carbone e idrocarburi, fornendo energia pulita per i bisogni primari.  Le paure evocate dai ricordi di Chernobil e Fukushima devono essere affrontate con la conoscenza delle cause per cui questi eventi accaddero. Nel primo caso per un errore umano voluto da parte di un ingegnere russo che volle sperimentare il sistema, causando l’incidente più grave di questi ultimi 30 anni, l’altro un maremoto a seguito di un grande sisma i cui effetti sarebbero stati diversi se si fosse scelta un’area più idonea per la costruzione dell’impianto … in ambedue i casi fu un errore umano e non tecnologico. Sull’onda emotiva, comprensibile specialmente nel primo caso, furono prese delle decisioni drastiche ma il mondo è cambiato, la tecnologia è cambiata, le nostre esigenze sono cambiate … e il pianeta non può più aspettare.

Andrea Mucedola

 

Bibliografia
Cheng et alii, Record-Setting Ocean Warmth Continued in 2019 (iapjournals.ac.cn)
Collins, M., and Coauthors, 2019: Extremes, abrupt changes and managing risks. IPCC Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate, H.-O. Pörtner et al., Eds., in press.
Meredith, M., and Coauthors, 2019: Polar regions. IPCC Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate, H.-O. Pörtner et al., Eds. (in press)
Rhein, M., and Coauthors, 2013: Observations: Ocean. Climate Change 2013: The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, T. F. Stocker et al., Eds., Cambridge University Press, Cambridge, UK, New York, NY, USA.
IPCC, 2001: Climate Change 2001: the Scientific Basis. Contribution of Working Group I to the Third Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, J. T. Houghton et al., Eds., Cambridge University Press, 881 pp.
IPCC, 2007: Climate change 2007: the physical science basis. Contribution of Working Group I to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, S. Solomon et al., Eds., IPCC Fourth Assessment Report. Climate Change 2007, Working Group I Report “The Physical Science Basis”, Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA, 996 pp.
IPCC, 2013: Climate Change 2013: the Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change, T. F. Stocker et al., Eds., Cambridge University Press, 1535 pp.
IPCC, 2019: Summary for policymakers. IPCC Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate, H.-O. Pörtner et al., Eds. (in press)

Earth’s Energy Imbalance Estimates (Chapter 14) – The Changing Flow of Energy Through the Climate System (cambridge.org)
The causality from solar irradiation to ocean heat content detected via multi-scale Liang–Kleeman information flow | Scientific Reports (nature.com)
Paolo Albano et alii, Native biodiversity collapse in the eastern Mediterranean | Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences (royalsocietypublishing.org)

 

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