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Cosa c’è dietro all’evoluzione dei pesci elettrici?

tempo di lettura: 5 minuti

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livello medio

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ARGOMENTO: BIOLOGIA 
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: RICERCA GENETICA
parole chiave: geni, pesci elettrici

 

I pesci elettrici sono serviti come sistema modello in biologia sin dal XVII secolo, fornendo una visione approfondita della natura della bioelettrogenesi, della struttura molecolare della sinapsi e dei circuiti cerebrali alla base del comportamento complesso.

I neuro-etologi hanno raccolto ampi dati fenotipici che abbracciano i livelli biologici di analisi dalle molecole agli ecosistemi. Questi dati, insieme alle risorse genomiche ottenute negli ultimi decenni, hanno motivato nuove ed entusiasmanti ipotesi che posizionano il modello del pesce debolmente come esempio da studiare per affrontare alcune problematiche biologiche del 21° secolo.

Una ricerca dell’Università di Austin, Texas, Divergent cis-regulatory evolution underlies the convergent loss of sodium channel expression in electric fishpubblicata da Science Advances, ha rivelato che i pesci debolmente elettrici sudamericani e africani hanno sviluppato indipendentemente organi elettrici dai muscoli. In entrambi i gruppi, un gene del canale del sodio, voltaggio-dipendente, ha perso in maniera indipendente la sua “funzione muscolare” e l’ha trasferita nell’organo elettrico, in parole semplici consentendo al canale di specializzarsi per la generazione di segnali elettrici.

Non è noto come questo gene sia legato ai muscoli nei Vertebrati ma una cosa curiosa è che nei pesci elettrici, come l’anguilla elettrica, questa capacità consente di distinguere altri pesci similari per specie, sesso e persino per individuo grazie ai loro organi particolari. Inoltre, gli consente anche di trasmettere e ricevere messaggi analogamente al canto degli uccelli.

Una recente ricerca descrive come alterazioni genetiche minori hanno permesso a questi pesci di sviluppare gli organi elettrici. In pratica, questi pesci hanno sviluppato minuscoli motori proteici (proteine), che in genere fanno contrarre i muscoli, e li hanno utilizzati per generare segnali elettrici con un nuovo organo. Queste proteine e le loro componenti genetiche associate si trovano in diverse specie di Vertebrati tra cui gli esseri umani.

Questa scoperta non è quindi solo accademica ma potrebbe aiutare i ricercatori sia ad identificare mutazioni genetiche responsabili di varie malattie umane che applicazioni nel campo della cura di diverse patologie.

Facciamo un passo indietro
I ricercatori ritengono che i pesci, per acquisire questi organi elettrici, abbiano sfruttato un’anomalia genetica. Ogni pesce ha due copie dello stesso gene, che crea dei “canali del sodio“, che funzionano come motori muscolari microscopici. Dallo studio è emerso che questi pesci hanno “spento” una copia del gene del canale del sodio nei muscoli e l’ha attivato in altre cellule per far evolvere questi organi elettrici. In parole semplici, questi piccoli motori, che normalmente provocano la contrazione dei muscoli, si siano trasformati in generatori di segnali elettrici dalle prestazioni a volte eccezionali.

Come funziona
Il sistema nervoso centrale dei pesci invia segnali che raggiungono gli organelli elettrici, dove si trovano cellule dalla forma discoidale, chiamate elettrociti. In assenza di stimolazione, gli elettrociti espellono ioni positivi di Sodio e Potassio. Questo permette loro di mantenere una carica positiva all’esterno delle cellule e negativa all’interno. Quando uno stimolo nervoso raggiunge gli elettrociti stimola l’apertura di pori in grado di far muovere gli ioni positivi presenti secondo il loro gradiente. Dal momento che sono presenti su una sola delle due facce dell’elettrocita, le due facce si ritrovano ad avere cariche inverse (una carica negativa all’esterno e positiva all’interno), mentre l’altra ha una carica opposta. L’alternanza di queste cariche permetta la creazione di corrente, di fatto trasformando l’elettrocita in una batteria biologica. da Come fanno alcuni pesci a produrre elettricità? AIRIsocial (airicerca.org)

Secondo i ricercatori della Michigan State University e dell’Università di Austin è stata trovata una breve sezione, “di circa 20 lettere”, di questo gene del canale del sodio che regola la sua espressione in una particolare cellula ed hanno verificato che questa “regione di controllo” è mutata o completamente assente nei pesci elettrici. Per questo motivo, uno dei due geni del canale del sodio è disabilitato nei muscoli dei pesci elettrici. Tuttavia, le implicazioni vanno ben oltre questa mutazione.

Questa regione di controllo si trova nella maggior parte dei vertebrati, compresi gli esseri umani“, ha detto l’autore senior dello studio, Harold Zakon del Dipartimento di  Neuroscience, University of Texas, Austin. “Quindi il prossimo passo in termini di salute umana sarebbe esaminare questa regione nei database di geni umani per vedere quanta variazione c’è nelle persone normali sane e se alcune delezioni o mutazioni in questa regione potrebbero portare a una ridotta espressione dei canali del sodio, che potrebbe causare malattie”.

I pesci elettrici
I pesci elettrofori possono essere classificati in base all’intensità di corrente che i loro organi elettrici possono emettere; in funzione della differenza di potenziale emessa, gli elettrofori possono essere suddivisi in due grandi gruppi: gli elettrofori forti e gli elettrofori deboli o debolmente elettrici.

I due gruppi di pesci debolmente elettrici più studiati (africano: Mormyroidea e sudamericano: Gymnotiformes) generano campi elettrici tramite degli organi elettrici (EO), cellule elettrosensoriali specializzate che si sono evolute dalle cellule ciliate della linea laterale.

Questi organi sono costituiti fondamentalmente da tessuto muscolare modificato, attraversato da fibre nervose che contraendosi sono in grado di generare una differenza di potenziale, che produce un campo elettrico. Quest’organo è situato solitamente, anche se non sempre, nella coda di questi pesci. Essi possono generare una scarica di tensione molto bassa, spesso minore di 1 Volt, che utilizzano per mantenere l’orientamento, per localizzare oggetti o altri pesci nelle acque fangose in cui vivono (elettrolocalizzazione) o ancora per comunicare con i propri simili (elettrocomunicazione).

In pratica, scoprono i propri simili con questi organi elettrici, cellule elettrosensoriali specializzate che si sono evolute dalle cellule ciliate della linea laterale. Questi pesci sono attivi di notte e usano questo sistema “simile ad un radar” per identificare oggetti e pesci della stessa specie nell’oscurità o in acque fangose.

Un noto appartenente ai gimnotiformi, l’anguilla elettrica (Electrophorus electricus), ha inoltre sviluppato un forte capacità elettrica per la sua difesa e per la cattura delle prede. Ci sono due gruppi di pesci elettrici deboli nel mondo: uno in Africa e l’altro in Sud America. Al termine del loro studio i ricercatori hanno dedotto che il pesce elettrico africano ha subito delle mutazioni nella regione di controllo, mentre il pesce elettrico in Sud America l’ha perso completamente. 

Le possibili applicazioni pratiche
Una delle prossime domande è come si sia evoluta la regione di controllo per attivare i canali del sodio nell’organo elettrico. La ricerca è sicuramente affascinante e ci anche potrebbe portare a qualche applicazione pratica. Si potrebbero, ad esempio, sviluppare elettrociti a partire dalle cellule staminali umane, con cui alimentare dispositivi medici come pacemaker o pompe per l’insulina. Fantascienza? Il domani è dietro l’angolo.

 

in anteprima pesci elettrici – autori Cdh8; Wildfeuer; Webkid; Shyamal –  File:Electric fishes.png – Wikimedia Commons

 

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