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livello elementare.
ARGOMENTO: ASTRONOMIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: James Webb Space Telescope, analisi all’infrarosso, galassie
Il James Webb Space Telescope è il telescopio spaziale più grande, più potente e più complesso mai costruito. Webb risolverà i misteri del nostro sistema solare, guarderà oltre a mondi lontani attorno ad altre stelle e sonderà le misteriose strutture e origini del nostro universo ed il nostro posto in esso. Webb è un programma internazionale guidato dalla NASA con i suoi partner, l’ESA (Agenzia spaziale europea) e l’Agenzia spaziale canadese.

Questa immagine confronta due viste della stessa area dettagliata nella nebulosa di formazione stellare NGC 2174 riprese dal telescopio spaziale Hubble. Sulla sinistra c’è un’immagine in luce visibile ottenuta dalle osservazioni WFPC2 scattate nel 2001 e sulla destra c’è un’immagine realizzata dalla telecamera a infrarossi WFC3. La luce infrarossa penetra più polvere e gas rispetto alla luce visibile, consentendo ai dettagli di diventare visibili. Un getto di materiale da una stella di nuova formazione è visibile in uno dei pilastri, appena sopra e a sinistra del centro nell’immagine di destra. Nella vista infrarossa si vedono diverse galassie, molto più lontane delle colonne di polvere e gas
Dopo essere stato lanciato dalla Guyana francese, l’osservatorio ha viaggiato su un’orbita a circa un milione di miglia dalla Terra durante i quali ha aperto e verificato tutti i sui componenti.

il raffronto fra i telescopi, passati, presenti e futuri (Roman)
In particolare, il James Webb Space Telescope, a differenza del suo glorioso predecessore Hubble, ha dovuto viaggiare molto lontano per raggiungere il punto gravitazionale L2, situato a 1,5 milioni di chilometri (930.000 miglia) di distanza, sul lato opposto della Terra rispetto al Sole. Quel punto offre temperature molto basse, essendo permanentemente ombreggiato dalla luce del Sole e della Terra. Ciò consente di raggiungere temperature molto basse – fino a 7K (- 447,1 Fahrenheit) che, nel caso di MIRI, sono necessari per effettuare misure nel medio infrarosso.
Il MIRI, uno dei quattro strumenti in dotazione al telescopio Webb, fornisce imaging, coronagrafia e spettroscopia di campo integrale nell’intervallo di lunghezze d’onda di 5-28 micron ed è stato sviluppato in partnership tra Europa e Stati Uniti. Gli altri strumenti includono: NIRSpec (uno spettrografo nel vicino infrarosso), NIRCam (una fotocamera nel vicino infrarosso) e TFI (un filtro imager sintonizzabile).

l’assemblaggio di MIRI (Mid-InfraRed Instrument)
Una delle peculiarità di MIRI è la possibilità di osservare formazioni stellari a seguito delle interazioni tra le galassie. Questo fenomeno è stato difficile da studiare con i telescopi Hubble o terrestri poiché la luce ottica e nel vicino infrarosso di queste stelle di nuova formazione veniva nascosta alla vista da nuvole di polvere che tipicamente circondano le stelle di nuova formazione Questo non sarà un problema per MIRI, poiché è sensibile a lunghezze d’onda più lunghe della luce nell’intervallo da 5 a 28 micron, che possono quindi penetrare le nubi di polveri stellari.

Immagini della Nebulosa Testa di Scimmia nel visibile e nell’infrarosso prese da Hubble – Credito: NASA ed ESA Riconoscimento: Hubble Heritage Team (STScI/AURA) e J. Hester
Il James Webb Space Telescope è ora finalmente allineato su tutti e quattro i suoi strumenti scientifici, come si vede in una precedente immagine ingegneristica che mostra l’intero campo visivo del sostituto di Hubble. Osservando più da vicino quella stessa immagine, ottenuta concentrandoci allo strumento più “freddo” del telescopio Webb ovvero lo strumento di analisi a infrarossi medi (MIRI), c’è da rimanere sbalorditi della straordinaria nitidezza delle immagini.

Questa immagine scattata come test del componente MIRI (a 7,7 micron) mostra una parte della Grande Nube di Magellano. Questa piccola galassia satellite della Via Lattea ha fornito un denso campo stellare per testare le prestazioni di Webb. Qui, un primo piano dell’immagine MIRI viene confrontato con un’immagine passata dello stesso bersaglio scattata con la telecamera a raggi infrarossi del telescopio spaziale Spitzer della NASA (a 8,0 micron). La versione MIRI a destra mostra le stelle e il gas interstellare in dettaglio nitido.
Crediti: NASA/JPL-Caltech (in alto), NASA/ESA/CSA/STScI (in basso)
Un primo piano dell’immagine ottenuta grazie a MIRI viene confrontato con una precedente dello stesso oggetto scattata con la telecamera a raggi infrarossi del telescopio spaziale Spitzer della NASA (a 8,0 micron). Il telescopio Spitzer, ormai non più utilizzato, fu uno dei Grandi telescopi della NASA per l’osservazione dello spazio, il primo a fornire immagini ad alta risoluzione dell’universo del vicino e medio infrarosso. Il John Webb Space telescope, con il suo specchio primario significativamente più grande e rivelatori migliorati, ci potrà presto consentire di vedere lo spazio profondo con immagini all’infrarosso con una chiarezza nei dettagli mai ottenuta precedentemente, consentendo quindi di poter effettuare nuove scoperte sul nostro universo.
Tornando all’immagine raccolta da MIRI, ci mostra il gas interstellare con dettagli senza precedenti. Gli occhi dei tecnici hanno potuto estrarre molte informazioni, come, ad esempio, l’emissione di “idrocarburi policiclici aromatici”, o molecole di carbonio e idrogeno che svolgono un ruolo importante nell’equilibrio termico e nella chimica del gas interstellare. Quando, nella prossima estate, il James Webb Space Telescope sarà pronto per iniziare le osservazioni scientifiche, studi come questi effettuati con MIRI aiuteranno a fornire agli astronomi nuove intuizioni sulla nascita delle stelle e dei sistemi proto planetari. E noi aspettiamo con ansia.
in anteprima immagini raccolte da HUBBLE sia nel visibile che nell’infrarosso
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