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livello elementare.
ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: versamenti, petrolio, gas, natural seepage
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In questi giorni le news internazionali hanno segnalato un nuovo disastro naturale, avvenuto al largo di Orange County, in California, dove più di 126.000 galloni di greggio hanno creato una chiazza di petrolio di 12 miglia. La fuoriuscita arriva tre decenni dopo che una massiccia perdita di petrolio ferì lo stesso tratto di costa il 7 febbraio 1990, quando la petroliera American Trader investì la sua ancora al largo di Huntington Beach, versando quasi 417.000 galloni (1,6 milioni di litri) di greggio.
Il petrolio versato nelle acque prospicienti Orange County è penetrato nelle paludi e nelle zone umide di Talbert mentre pesci e uccelli morti si riversano a terra. L’ennesimo disastro in mare che ci spinge a parlare delle cause di inquinamento marino legate al petrolio e sulla necessità di rivolgersi ancora ai materiali fossili. La causa della perdita deve ancora essere identificata, ma è collegata alla piattaforma petrolifera Ely, un popolare sito di immersione a circa 5 miglia dalla costa. I subacquei commerciali stanno ispezionando l’oleodotto di 17,5 miglia per trovare la fonte della perdita. Si ritiene che sia stata fermata ma si prevede che la marea nera continuerà a diffondersi a causa del vento e delle correnti oceaniche.
Non è ancora noto quanto tempo richiederà la pulizia
A partire da domenica 3 ottobre, sono stati recuperati oltre 3.000 galloni di petrolio dall’acqua e l’area è stata delimitata da panne antiinquinamento per contenerne la diffusione. Potrebbe essere una delle tante tristi notizie che ricorrono per pochi giorni nelle news, ma è funzionale a parlare del problema … L’impatto dovuto al petrolio greggio è forse la forma più visivamente eclatante di inquinamento marino. Ogni anno una quantità tra i 3 e 4 milioni di tonnellate di petrolio finiscono in mare. Un prezzo molto alto per il nostro benessere. D’altro canto è ancora la fonte energetica e di produzione più importante per la nostra civiltà … le alternative sono affascinanti ma non sufficienti a meno di rinunciare ad una parte del nostro benessere.
I mezzi navali dei vigili del fuoco combattono contro i resti in fiamme della piattaforma petrolifera offshore Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, al largo della costa di New Orleans, il 21 aprile 2010. Foto della Guardia Costiera degli Stati Uniti Defense.gov photo essay 100421-G-0000L-003.jpg – Wikimedia Commons
Per poter comprendere il problema iniziamo dal soggetto, il petrolio, una sostanza organica ovvero costituita da carbonio ma anche da ossigeno, idrogeno, zolfo e azoto in quantità minori, generato dalla degradazione termica del cherogene. In particolari condizioni di temperatura (tra i 50 e i 150 °C) e pressione, a seguito della trasformazione di macromolecole di sostanze biologiche mischiate a materiali inorganici in condizioni anaerobiche (in assenza di ossigeno), tende a degradarsi termicamente in idrocarburi, con la formazione di petrolio e gas.
Questa miscela idrocarburica viene assorbita come da una spugna dalla roccia madre e viene sottoposta a una forte pressione (idrostatica e litostatica). Il petrolio tenderà quindi ad infiltrarsi nelle rocce circostanze, attraversando svariate rocce fino ad accumularsi in quello che diventerà il giacimento petrolifero, delimitato da strati di rocce impermeabili che vanno a confinare la miscela. In alcuni casi si generano delle fratture naturali che fanno sfociare in superficie il gas ed il petrolio. Questo il motivo per cui questo materiale è conosciuto sin dai tempi antichi quando la loro emissione e, a volte, accensione provocava la curiosità o il timore dei nostri antenati. Il giacimento petrolifero si trova quindi intrappolato all’interno di rocce caratterizzate da una buona porosità. Per motivi di densità, il petrolio, meno denso, tenderà a disporsi sulla superficie mentre l’acqua, verrà spinta verso il basso.
Quando viene riversato accidentalmente in mare, il petrolio si stende sulla superficie dell’acqua, in un film oleoso che dà origine ad una patina oleosa omogenea che causa la morte di numerosi organismi. Inoltre, le sostanze tossiche contenute nel petrolio vengono assimilate dagli organismi marini e, attraverso la catena alimentare, possono provocare seri danni a molte specie di animali tra cui naturalmente anche agli esseri umani. L’inquinamento da petrolio è purtroppo un fenomeno abbastanza frequente sia nei pressi delle piattaforme petrolifere (circa 1.5%) sia durante le operazioni di lavaggio delle cisterne delle navi, e per incidenti di petroliere in mare (45%) che possono concentrare in rapido tempo grandi quantità di greggio in una specifica area. Il resto è dovuto ad azioni antropiche nei territori e a processi naturali, come il natural seepage, infiltrazioni naturali di petrolio greggio negli ambienti marini e terrestri attualmente stimata in 600.000 tonnellate all’anno, con un intervallo di incertezza compreso tra 200.000 e 2 milioni di tonnellate all’anno. Va ricordato che anche quello versato sul territorio, prima o poi, raggiunge il mare.
Il petrolio viene poi gradualmente sottoposto a naturali processi di degradazione fisica e chimica. In realtà la parte volatile del greggio evapora in poco tempo, mentre le altre sostanze oleose se non attaccate da batteri rimangono a lungo in sospensione nell’acqua e vengono trasportate dalle correnti anche a grandi distanze.
Sono proprio queste sostanze le più pericolose per gli ecosistemi marini. Inoltre, i tempi di smaltimento sono lunghi e costosi. Va compreso che gli idrocarburi sono agenti inquinanti che sono dannosi perché hanno un’elevata richiesta d’ossigeno e pericolosi perché possono dare grossi traumi agli ecosistemi interferendo con le reti trofiche. Immergersi in quelle acque può essere pericoloso in quanto il petrolio è una neurotossina pericolosa che può causare mal di testa, nausea, vomito e irritazione della pelle e degli occhi anche gravi. Per questa ragione i sommozzatori addetti alle manutenzioni indossano particolari mute e attrezzature per ridurre la possibilità di venire a contatto con il materiale.
Premesso questo, compreso quanto sia la vera responsabilità antropica (che abbiamo visto nel peggiore dei casi intorno al 50%), ci dobbiamo porre delle domande. Rinunciare al petrolio significherebbe dover rinunciare ad una parte del nostro benessere attuale. Ci sono alternative meno inquinanti ma il costo per il cittadino sarebbe quasi il doppio … e nessuna società se lo potrebbe permettere … dal punto di vista energetico c’è il nucleare ma è ancora visto da molti troppo pericoloso, anche se, senza saperlo, è ancora molto diffuso nel mondo e poi sfruttato per necessità dai Paesi che lo hanno rifiutato. E poi c’è il problema dei materiali; le plastiche, a causa del loro forte impatto sull’ambiente, devono essere sostituite con materiali biodegradabili che, tra l’altro, sono stati già realizzati ma il cui costo è ancora molto alto. Fattori contrastanti che hanno però un comune denominatore: c’è bisogno di una generale innovazione non solo tecnologica ma di pensiero. Ci vorranno ancora molti anni per far comprendere il tunnel in cui siamo entrati … intanto il petrolio continuerà a scorrere nelle vene del mondo, nel bene e nel male.
in anteprima: colorazioni iridescenti dovute ad inquinamento da versamenti di idrocarburi ed altri prodotti inquinanti nelle acque a Gardenstown harbour – autore Martyn Gorman
Gardenstown, harbour pollution – geograph.org.uk – 945452.jpg – Wikimedia Commons
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