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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO INDIANO
parole chiave: Caso Lexie, marò
Premessa
Il 15 Febbraio 2012 accadde un evento drammatico al largo delle coste occidentali indiane, all’interno della zona definita dall’ONU come “ad alto rischio di pirateria”. Questo evento riguarda due militari italiani, comandati in missione in quelle acque a protezione del nostro traffico mercantile, e per le sue sfaccettature probabilmente accenderà per molto tempo le discussioni sugli aspetti legali marittimi che la riguardano.
Cronologia
Intorno alle 16:30, ora locale, due Fucilieri di Marina, membri di una squadra militare di protezione (Vessel Protection Detachment, VPD) imbarcati sulla petroliera Enrica Lexie, battente bandiera italiana, in transito da Singapore a Gibuti, spararono dei colpi di avvertimento in direzione di una piccola imbarcazione sospetta di essere un mezzo pirata che stava tentando di impostare una manovra di abbordaggio contro la petroliera. Circa cinque ore dopo (intorno alle 23:30) il peschereccio indiano St.Antony si ormeggiava a Neendakara (Kerala, costa sud-occidentale dell’India) con a bordo due marinai uccisi da colpi di arma da fuoco. L’uccisione era già nota da un paio di ore (21:30) e la Lexie era già stata contattata dalla Guardia Costiera Indiana con una richiesta di cooperazione all’identificazione di pirati detenuti nel porto di Kochi (Kerala), India. La petroliera italiana, dopo essere stata autorizzata dalle autorità nazionali procedeva per il porto indicato, ove le autorità indiane iniziavano ad inquisire l’equipaggio ed i membri della squadra militare di protezione.
Cinque giorni dopo, due Fucilieri di Marina, i sottufficiali Latorre (capo squadra) e Girone venivano arrestati e trattenuti in India come sospettati di avere ucciso i due pescatori indiani. Questo evento generò immediatamente un braccio di ferro diplomatico tra India ed Italia su chi avesse il diritto di giudicare i due militari. È utile menzionare anche un paio di eventi avvenuti successivamente. Uno è il pagamento, da parte italiana, di un contributo di solidarietà alle famiglie dei pescatori uccisi. L’altro è la concessione, da parte delle autorità indiane, di un breve permesso per recarsi in Italia a votare alle elezioni politiche, con la promessa da parte dell’Ambasciatore italiano a Nuova Delhi, che essi sarebbero rientrati in India immediatamente dopo. Al termine del permesso, però, il Governo italiano dichiarava inizialmente che essi non sarebbero rientrati, giustificando la decisione con il fatto che in India esiste la pena di morte (il che impedisce l’estradizione secondo la Costituzione italiana); la reazione consistette nell’imposizione all’ambasciatore italiano di non lasciare il Paese. Dopo pochi giorni, il Governo italiano cambiò posizione ed i due Fucilieri vennero rimandati in India. Discussioni diplomatiche sulla giurisdizione del caso sono continuate per oltre tre anni con nessun risultato evidente. Conseguentemente l’Italia (2015) ha deciso di presentare il caso al tribunale Internazionale sulla Legge del Mare (ITLOS).
Scopo del resoconto
Questo scritto non è né una discussione sulla presunta colpevolezza o innocenza dei due Fucilieri o sul comportamento degli organismi nazionali ed internazionali coinvolti nella vicenda, né una critica delle azioni compiute dai vari attori. Cerca di essere, invece, un modo per portare all’attenzione dei lettori alcune discrepanze basandosi soprattutto su informazioni di pubblico dominio (provenienti da mass media e rapporti) e sui trattati e convenzioni esistenti, principalmente la Legge dell’ONU sul diritto del Mare (United Nations Convention on the Law of the Sea, UNCLOS, 1982) e sulla Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche (1961).
Fatti e Teorie
Al fine di stabilire un linguaggio univoco, considero fatti i seguenti eventi che sono incontestati da entrambi i Paesi.
i due Fucilieri hanno aperto il fuoco in direzione di un’imbarcazione. |
L’evento avvenne intorno alle 16:30 locali del 15 Febbraio 2012, a circa 20.5 miglia nautiche (NM) al largo delle coste indiane. |
Il peschereccio indiano St. Antony arrivò in porto a Neendakara intorno alle 23:30. |
Due marinai a bordo dell’imbarcazione erano morti uccisi da colpi di arma da fuoco. |
Questi sono i fatti ed il resto sono solo teorie.
Incongruenze
Nei paragrafi che seguono verranno trattate alcune delle incongruenze emerse sugli aspetti legale, sui rapporti di testimoni e sulle interpretazioni della vicenda. Ribadisco che il tutto è basato su notizie di pubblico dominio, soprattutto articoli giornalistici, perciò l’analisi che ne consegue viene effettuata col presupposto che le informazioni sulle quali si basa siano corrette.
Giurisdizione
Come premesso, l’evento ebbe luogo a 20.5 NM al largo della costa indiana. Questo significa (in rif.a UNCLOS) che avvenne fuori dalle acque territoriali indiane (che si estendono fino a 12 NM dalla costa) ed entro la Zona Contigua (CZ, 24 NM) e Zona economica Esclusiva (EEZ, 200 NM) indiane. È utile anche accennare al fatto che, in accordo con l’Art.2 di UNCLOS, lo Stato costiero (l’India in questo caso) ha piena sovranità solo sopra il proprio territorio, acque territoriali e spazio aereo.
Sebbene lo Stato Costiero goda nella CZ di ulteriori giurisdizioni, esse sono relative solo alla prevenzione di infrazioni alle proprie leggi doganali, fiscali, di immigrazione o sanitarie che potrebbero avvenire sul suo territorio o acque territoriali, ed al perseguimento di quelle avvenute nel proprio territorio o acque territoriali (Art.33). Nella EEZ esse sono relative allo sfruttamento delle risorse marine.
Nulla dà allo Stato Costiero l’autorità di avere giurisdizione penale su una nave straniera per un fatto avvenuto al di fuori delle sue acque, anche se questa vi entra successivamente (Art.27), mentre l’inchiesta dovrebbe essere effettuata dallo Stato di Bandiera (Art.92, 94 e 58).
Quindi sembra chiarissimo che, in accordo con l’UNCLOS, l’India non possa avere la giurisdizione sull’evento.
Ma allora perché l’India ne reclama la giurisdizione?
Forse la risposta giace in un questionario che l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO, International Maritime Organization, un’agenzia dell’ONU) ha presentato alle autorità indiane in relazione all’evento. In particolare, leggiamo la domanda 3.1. Viene chiesto : : In relazione ad incidenti nelle acque territoriali. Cosa considerate un incidente alla sicurezza nelle vostre acque territoriali? Risposta indiana : qualsiasi incidente … omissis … all’interno della zona economica esclusiva indiana.
La risposta fu piuttosto chiara ed indica che l’India considera lo status legale della sua EEZ alla stessa stregua delle proprie acque territoriali, per quanto riguarda gli aspetti relativi alla sicurezza. Se ciò venisse confermato, la posizione indiana sarebbe in deciso contrasto con UNCLOS, una convenzione che sia l’India che l’Italia hanno ratificato.
Nell’analisi è utile menzionare due interessanti riserve che i due Paesi fecero all’atto della ratifica di UNCLOS, una opposta all’altra. La posizione Indiana è che le esercitazioni e le manovre militari all’interno della EEZ non siano automaticamente autorizzate. Questa posizione non e’ condivisa dall’Italia che vi si oppone. Personalmente considero la posizione italiana maggiormente vicina allo spirito di UNCLOS che, nella sua completezza, è orientato alla libertà di navigazione sui mari con alcune restrizioni che non comprendono le pretese indiane. Comunque, anche supponendo che la posizione indiana non sia totalmente errata, essa si riferisce ad esercitazioni e manovre. Certamente la missione della squadra militare di protezione italiana non era di esercitazione. Era forse una manovra? Io non credo: le manovre militari, nei glossari tecnici, sono definite come quelle azioni compiute per posizionare le proprie forze in una posizione di vantaggio rispetto al nemico. Ciò implica un atteggiamento attivo, che non è il caso della squadra di protezione, impiegata solo per autodifesa (della nave da proteggere), che è invece un atteggiamento reattivo.
Un ulteriore contraddizione si nota nella richiesta (italiana) e conseguente rifiuto (indiano) di applicare la cosiddetta “immunità funzionale” al personale militare. Il principio è quello che il personale agisce secondo gli ordini ricevuti dal proprio Governo ed è quest’ultimo il responsabile verso terze parti degli ordini impartiti e di come vengono eseguiti.
L’India, che in passato ottenne l’immunità funzionale per un evento avvenuto sul territorio del Congo, ammette che questa può essere concessa, ma solo per fatti avvenuti nel proprio territorio, mentre l’evento Lexie è avvenuto al di fuori. Tutto chiaro, almeno dal punto di vista indiano? Non proprio visto che in una precedente dichiarazione indiana si afferma qualcosa di completamente diverso, cioè che il fatto è avvenuto nel proprio territorio. Di conseguenza sembrerebbe che dal punto di vista indiano, la giurisdizione sul caso sia lecita perché il fatto è avvenuto nel proprio territorio, ma l’immunità funzionale non può essere concessa perché il fatto è avvenuto al di fuori dal proprio territorio. È evidente che tali posizioni sono in netto contrasto tra di loro.
Evento
Altre incongruenze si trovano analizzando le dichiarazioni, fatte da persone coinvolte e testimoni della vicenda. Pare sia confermato che i Fucilieri di Marina abbiano sparato circa 20 colpi; essi hanno dichiarato di averli sparati in mare, di fronte alla prua di un’imbarcazione in avvicinamento, simile ad un peschereccio con personale armato a bordo e le cui caratteristiche non corrispondono a quelle del St. Anthony.
L’imbarcazione si era avvicinata alla Lexie nonostante i precedenti avvertimenti ottici ed acustici (eseguiti in accordo with le Regole per l’Uso della Forza dell’IMO). Lo stesso è stato riportato dal Comandante “in sovrannumero” della Lexie (Sig. Noviello), che era sul Ponte di Comando alle 16:30, quando l’azione è avvenuta. Il Comandante del St. Anthony (Freddie Bosco), intervistato da una TV Indiana immediatamente dopo essere giunto a Neendakara, invece cita il suono di una grande esplosione, seguito da circa due minuti di fuoco ininterrotto.
L’esplosione potrebbe essere stata causata da un artificio pirotecnico impiegato da alcuni VPD, ma le squadre di protezione italiane non ne hanno in dotazione. Inoltre va detto che 20 colpi sparati da armi in dotazione alle squadre italiane vengono sparati solo in pochi secondi non certo in due minuti.
Un’ulteriore incongruenza è presente nella medesima intervista quando il comandante del St. Anthony Bosco afferma che l’evento fosse avvenuto intorno alle 21:20 (o 21:30 secondo altre traduzioni) e lo stesso orario è confermato dal anche quando un giornalista gli chiede se, invece, il fatto non fosse avvenuto alle 16:30. Successivamente, nel suo rapporto ufficiale, l’orario diviene 16:30 andando a corrispondere perfettamente con quello dichiarato dalla Lexie. Inoltre, dichiarazioni diverse vengono rilasciate dal Comandante del St. Anthony sulla posizione al momento dell’evento collocata inizialmente entro le acque territoriali, successivamente in due posizioni diverse lungo il percorso della Lexie di cui nessuna corrisponde alla posizione della petroliera italiana alle 16:30.
Autopsia
Elementi apparentemente contraddittori risultano dai rapporti autoptici. Un rapporto iniziale trapelato indicava che le pallottole rinvenute sul St. Anthony e sui due pescatori deceduti fossero di calibro 7.62, che non corrisponde al calibro 5.56 impiegato dalle armi usate dai fucilieri di Marina Militare. Ma poi il rapporto ufficiale indicava il calibro come 5.56, mentre un ulteriore recente documento depositato dall’India all’ITLOS sembra indicare nuovamente il calibro 7.62, cosa che farebbe decadere le accuse fatte ai due Fucilieri. È interessante notare che le autorità italiane non furono autorizzate a presenziare l’autopsia. Esse presenziarono, in qualità di osservatori, le prove balistiche effettuate con le armi della squadra di protezione italiana confiscate giorni prima a bordo della Lexie: i colpi sparati durante la prova balistica vennero poi confrontati con quelli presentati dall’India come referti dell’autopsia.
Di fatto:
a) nessuno della controparte ispettiva (Italia) può confermare ufficialmente che i colpi di confronto siano veramente quelli provenienti dall’autopsia (non essendo stati autorizzati a presenziarla);
b) che non siano invece stati sparati dopo di questa usandoli per rimpiazzare quelli originali ritrovati nei corpi (ndr producendo quindi prove false);
c) il peschereccio St. Antony non è stato conservato dall’India come prova giudiziaria ma è stato lasciato affondare in porto e non è più recuperabile per essere impiegato come tale. Similmente i cadaveri dei due pescatori non possono essere ulteriormente esaminati: sono stati sepolti poco dopo l’autopsia.
d) da un rapporto ufficiale della Marina Italiana sembrerebbe che i colpi sparati durante le prove balistiche corrispondano alle armi in dotazione ma provenienti da armi assegnate a due altri fucilieri imbarcati sulla Lexie.
Ulteriori considerazioni provenienti da esperti balistici italiani evidenzierebbero altre possibili incompatibilità. Gli otto colpi andati a segno sul St. Anthony, mostrati sulle foto con le probabili traiettorie, considerando l’altezza da dove sono stati sparati (l’aletta del ponte di Comando della Lexie), i danni subiti dai pescatori deceduti e la distanza di fuoco (500m e meno, secondo le dichiarazioni dei testimoni), potrebbe far ipotizzare uno spiattellamento dei proiettili sulla superficie del mare (che nel caso implicherebbe uno sfortunato incidente) o una distanza di fuoco maggiore (quindi un evento completamente diverso).
Interazioni internazionali
Sebbene si debba riconoscere l’estrema sensibilità dimostrata dall’India nel concedere ai due fucilieri di usufruire di sistemazioni presso l’Ambasciata italiana e permessi (come nel caso delle elezioni politiche e, recentemente, per ragioni di salute del Maresciallo Latorre, attualmente in Italia in convalescenza per trattamento medico), dall’altro lato bisogna osservare che in occasione della sopracitata dichiarazione italiana di non voler rimandare indietro i Fucilieri, l’India, invece di ricorrere allo strumento di dichiarazione di persona non grata ed espellere l’Ambasciatore italiano (come previsto dalla Convenzione di Vienna), ne ha limitato i movimenti nel Paese, di fatto violando la clausola relativa all’immunità diplomatica. Possiamo discutere sul fatto che questo sia stato un comportamento arrogante oppure un maldestro tentativo di non esacerbare la situazione con un’espulsione. È comunque un episodio senza precedenti tra due nazioni che sono tradizionalmente amiche tra di loro. Da parte italiana l’atto di fornire alle famiglie dei pescatori morti un contributo di solidarietà (tra l’altro non richiesto) apre discussioni sul fatto che ciò possa essere considerato da alcuni come un’ammissione di colpa, un tentativo di corruzione, un accordo riservato finito male o una trappola. Detto questo, bisogna ricordare che la Lexie fu indotta a procedere verso Kochi, in India, ufficialmente per cooperare con le autorità nazionali per identificare dei pirati ma ciò fu ovviamente una trappola che divenne evidente solo quando la nave, che era già in rotta per il porto indiano, fu “scortata” da mezzi aerei a navali della Guardia costiera indiana in porto. Un comportamento che appare essere incoerente verso una nave che sta dirigendo volontariamente come richiesto.
Conclusioni
Nulla in mio possesso può provare con grado di certezza massimo che i due Fucilieri siano colpevoli o innocenti dell’uccisione dei due pescatori indiani. Questo dovrebbe essere il risultato di un processo che a mio avviso dovrebbe essere fatto dall’Italia, in cooperazione con l’India (in accordo con quanto previsto da UNCLOS). In base agli elementi presentati, la mia sensazione è che l’evento Lexie, con la sua complessità ed un tal numero di aspetti contraddittori, diverrà uno di quei casi che saranno ricordati e dibattuti anche molto dopo la loro conclusione. Non sono nemmeno da sottovalutare le implicazioni che il suo esito possa provocare a successive interpretazioni di UNCLOS e delle leggi internazionali consuetudinarie in quanto potrebbero generare possibili restrizioni della libertà di navigazione ed aprire un dibattito sullo status del personale militare in missione all’estero o nelle acque internazionali.
Per quanto riguarda il confronto diplomatico tra India ed Italia, spero fortemente che le rispettive relazioni vengano normalizzate il più presto possibile, perché ulteriori esacerbazioni non sono proprie di Paesi che hanno tradizioni navali ed internazionali di rispetto.
Fernando Cerutti
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Contrammiraglio in congedo della Marina Militare italiana (riserva) con grande esperienza operativa a bordo di fregate e cacciatorpediniere. Durante la sua lunga carriera ha prestato servizio in Comandi nazionali e NATO contribuendo alla stesura di pubblicazioni nel campo delle operazioni marittime. Ha redatto diverse pubblicazioni di dottrina nazionale, tra cui le linee guida per la riduzione dell’impatto ambientale dei sonar attivi sui mammiferi marini. E’ attualmente consulente indipendente per FINCANTIERI
[…] Il 15 febbraio 2012 la petroliera Enrica Lexie, battente bandiera italiana, in transito nell’Oceano Indiano al largo delle coste del Kerala, incrociò un battello da pesca indiano, il Saint Anthony, la cui condotta fu considerata ostile dal nucleo armato di protezione dei fucilieri della Marina militare a bordo della nave italiana in funzione di contrasto alla pirateria. Due membri dell’equipaggio del peschereccio persero la vita in seguito a diversi colpi di arma da … […]
Se queste sono le conclusioni c’è da meditare … sembra che la giustizia non sia stata fatta
Risposta ad Admin.
Difficile da dire con certezza perché si sia arrivati a questo punto.
A memoria, l’Italia invocò immediatamente il rispetto di UNCLOS, mentre l’India cercò di far ricadere il caso entro il SUA Act (generalmente impiegato per attività criminose e terrorismo).
Ciò oltre ad essere improprio (avrebbe implicitamente accusato l’Italia di essere un Paese terrorista), secondo me non era possibile proprio in base all’Art.3 del SUA Act stesso, per il quale tale Convenzione si impiega solo per azioni ILLEGALI ed INTENZIONALI: essendo i Fucilieri impiegati secondo una Legge italiana che recepiva le linee guida dell’IMO non agivano illegalmente; e l’intenzionalità credo che possa essere esclusa in base al numero di colpi sparati e messi a segno (qualora l’imbarcazione ingaggiata fosse veramente il St.Antony).
Poi l’impiego del SUA Act fu tralasciato e l’India si arrogò la giurisdizione in base a leggi NAZIONALI che estendevano alcune giurisdizioni a tutta la sua ZEE. Però si parla di leggi NAZIONALI, che dovrebbero essere eventualmente applicate ai soli cittadini indiani e non a quelli di latri Paesi, altrimenti vanno in conflitto con UNCLOS.
Io mi sono fatto un’idea, ma questa è basata solo su voci raccolte da persone che hanno vissuto e/o lavorato in India. Quindi non sono in grado di dimostrare quanto questa idea sia valida. Comunque la espongo.
Sembrerebbe che il Governatore del Kerala non sia nuovo ad inventare incidenti di confine, a fini elettorali e l’evento della Lexie è avvenuto in prossimità di elezioni in India. Quindi ci può stare che la cosa sia stata gestita per trarne un profitto politico (ricordiamo gli attacchi a Sonia Ghandi, del partito contrapposto, perché di origini italiane).
Ora noi conosciamo l’India da pochi articoli generalmente relativi a stupri, attentati e malaffare. Ma l’India è anche un grande Paese con capacità economiche, militari e tecniche (spaziali e nucleari), di tutto rispetto nonché con delle eccellenze universitarie. Non è una novità il fatto che cerchi di divenire l’incontrastata potenza regionale in quell’area e secondo una recente proiezione britannica, potrebbe divenire la 4^ potenza militare mondiale nei prossimi 20 anni.
Quindi, considerato tutto ciò e anche eventi e comportamenti precedenti, posso ipotizzare che il Governo Centrale indiano, messo di fronte al fatto compiuto dal Governatore del Kerala, non abbia più saputo come uscire da una situazione ove, qualora avesse ammesso di aver sbagliato, avrebbe perso la faccia dal punto di vista internazionale.
Secondo me ci hanno offerto la soluzione sun piatto d’argento quando i due Fucilieri furono mandati in Italia a votare. In quel momento anche in India era in corso un dibattito su quale Convenzione impiegare e di chi fosse la competenza (interna) a giudicare. Credo che se non li avessimo fatti tornare in India, non con una dichiarazione forte (“NON RIENTRANO, PUNTO!”) ma con qualcosa di più sfumato (ad es. “sono pronti a rientrare e rientreranno non appena l’India avrà definito la giurisdizione e la competenza, nel rispetto delle convenzioni internazionali”) i due sarebbero rimasti in Italia (visto che l’India non avrebbe potuto farli rientrare dimostrando al contempo che rispettava UNCLOS). Probabilmente sarebbe già partito il processo in Italia e l’India avrebbe fatto un po’ la parte della vittima, ma avrebbe salvato la faccia e la notizia sarebbe presto scemata mediatamente sia in Italia che in India.
Un articolo molto chiaro che mette in luce le tante inconsistenze della vicenda … c’e’ da domandarsi il perche’ si e’ giunti fino ad oggi quando molti fatti erano noti da subito … poco spessore diplomatico? interessi reciproci non chiari?
Dall’autore: sentitevi liberi di commentare come volete. L’unica cortesia che chiedo è di (possibilmente) motivare critiche ed osservazioni, soprattutto se sono attinenti a norme, regole, leggi, ecc. di cui siete a conoscenza. Grazie.