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Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

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  Address: OCEAN4FUTURE

Miti e tradizioni del mare: Un mostro marino a Varigotti nel 1709

Reading Time: 9 minutes

 

livello elementare

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ARGOMENTO: MITI E LEGGENDE DEL MARE
PERIODO: XVIII SECOLO
AREA: MAR LIGURE
parole chiave: Varigotti

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«Cresce vi è più la gelosia di questo governo, rispetto a Savona, ed è però tutto intento a metterla in istato della maggior diffesa, ove se ne presenti il caso. Il Notradamus ha fomentati i timori, con avere legata la perdita di quella città alla comparsa di un mostro marino: ed appunto poco fa se n’è ritrovato in queste vicinanze uno» (1)

Queste sono le parole che, il 30 giugno 1709, il conte Carlo Bartolomeo Molinari, inviato straordinario dell’imperatore in Genova, scrisse all’inviato cesareo in Londra, il conte di Galasso. In queste poche righe, il conte Molinari sta facendo riferimento al timore che il governo genovese (2) nutre in merito alla possibilità di perdere il dominio vantato sulla città di Savona: si tratta, in effetti, di un sentimento che da un pò di tempo a quella parte ha messo in allerta la Repubblica genovese e di cui si possono trovare diverse tracce nei carteggi del residente in Genova. In particolare, ad agitare i Collegi genovesi sono le mire di Vittorio Amedeo II ed è proprio “per semplice gelosia di S.A.R. il signor Duca di Savoia” (3) che, da parte degli organi di governo della Repubblica, si è scelto di aumentare la difesa su quella città.

Per comprendere cosa stia accadendo, bisogna tenere in considerazione che dal 1702 anche Genova, pur nel suo stato di dichiarata neutralità, si trova a fare i conti con la guerra di Successione Spagnola (1701-1714): si tratta del conflitto che sta dividendo l’Europa in merito alla contesa per il trono che è seguita alla morte senza eredi diretti dell’ultimo sovrano appartenente alla dinastia degli Austrias, Carlo II, e che vede contrapposti quali pretendenti al trono Filippo di Borbone, da una parte, e l’arciduca Carlo d’Austria, dall’altra (4).
Durante questa guerra il Duca di Savoia, dopo un primo momento di appoggio al partito francese, si unisce allo schieramento asburgico e paga questa scelta subendo l’occupazione da parte delle truppe del Re Sole di due dei tre scali marittimi di cui godeva il ducato di Savoia – Nizza e Villafranca – vedendo in questo modo ridotto al solo porto di Oneglia la possibilità per lo stato sabaudo di avere uno sbocco sul mare. Il tradizionale desiderio espansionistico del duca non può che aumentare in un contesto di questo genere: ciò lo porta a guardare al Marchesato di Finale (5) – dove, però, il porto sarebbe tutto da costruire – e a Savona (6) – dove, invece, il porto è stato interrato dai genovesi nel 1528 – come ad opzioni possibili per concretizzare le proprie ambizioni.

1707-Genova-serenissima

passaporto del conte Carlo Maria Molinari

Quanto scritto fino ad ora è una necessaria premessa per poter contestualizzare la frase con cui si è scelto di iniziare questo breve articolo.
La comparsa del mostro marino trova spazio in numerose lettere scritte dal residente cesareo in Genova e, naturalmente, non manca di darne notizia al principe Eugenio di Savoia, a capo delle truppe imperiali, scrivendo che il «governo ha rinforzato il Presidio di Savona, e procede con sempre maggior gelosia, e vigilanza» e accennando nuovamente alla profezia di Nostradamus. È indubbio il riferimento alla dell’astrologo francese che recita: «Sur le sablon par un hideux deluge, des autres mers trouvé monstre marin: Proche du lieu sera faict un refuge, Tenant Savonne esclave de Turin». (7)

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Ortelius_mostri-marini.jpg

Abraham Ortelius – Fonte: Ashley Baynton-Williams – Miles Baynton -Williams, New World Maps from the Age of Discovery. London, 2006File:Ortelius Burchvalur.jpg – Wikimedia Commons

Il Molinari presenta il mostro marino in questi termini: «Il pesce mostruoso, che fu preso nella vicinanza di Varigotti tra Finale, e Savona, era di colore caffè, della lunghezza di circa quattro ale di Francia, piccolo verso la coda, e successivamente s’ingrossava verso il capo, nel quale consisteva la maggiore grossezza, e la sua mostruosità, mentre aveva una pelle a guisa d’un cappuccio de’ padri domenicani; e però lo chiamarono pesce monaco». (8)

1200px-Aquileia_-_Basilica_-_Giona_ingoiato_mostro_marino_(esposizione_33)

Giona ingoiato dal Pesce, Mosaico paleocristiano, Basilica di Aquileia

Evidentemente, tra i numerosi corrispondenti, è proprio il principe Eugenio quello che più di altri si incuriosisce al fenomeno descritto dal Molinari tanto che, come si apprende da una lettera dei primi di novembre, chiede al residente in Genova di trasmettergli «uno schizzo del pesce mostruoso». Il conte, dopo alcune resistenze incontrate da parte del governo genovese, riesce ad ottenere quanto richiestogli ed amplia ulteriormente la descrizione fornita alcuni mesi prima: il mostro marino ha «il capo piatto, e largo due palmi, e mezzo. La bocca di larghezza, capace ad inghiottire un figlio d’età di otto anni. Il muso simile a quello del porco. I denti simili a quelli del cane. Gli occhi larghi come quelli del cavallo. Aveva tre cappucci, fatti a farabalà, e sotto di essi le orecchie larghe un palmo. Il corpo rotondo, e di giro dieci palmi. Sul filo della schiena nero, e sotto il ventre cinericio. La coda lunga cinque palmi. […] Pesava quarantasei rubbi, e la sola testa diciotto». (9)

Carlo Molinari racconta anche a quale destino va incontro il mostro marino: «Stette esposto nel luogo, dove si vendono i pesci, poi gli fù tagliato il capo, portato in alto mare, et ivi gettato» (10). Sempre a proposito della testa si dice che «rendeva cattivo odore, e di otto libre, che se ne fecero bollire, si ridussero in una sol libra di materia viscosa, e quasi liquida. Si fece osservare da molti marinari di diverse nazioni, ma da alcuno non se n’era veduto un simile in altre parti». (11)

Ancora più curioso, però, è il fatto che, dopo aver preso queste misure, nel Senato genovese si rifletta sulla Centuria V, 88 di Nostradamus e il residente cesareo espone brevemente i diversi pensieri emersi durante il confronto: tra chi crede che il termine di “schiavitù” sia da intendere più precisamente come “maggior soggezione” – ipotizzando, presumibilmente, vincoli che avrebbero potuto legare la Dominante al duca di Savoia – e tra chi ritiene che, in fondo, «non si poteva accertare, che tal pesce fosse quello, a cui dovesse applicarsi il rimanente della predizione, tanto più che non era venuto per diluvio».
Eppure, nel dubbio, il responso finale mentre tutti d’accordo: conviene «far caso alla predizione» perché, d’altronde, si tratta «di mettere al sicuro più che si può una città, si riguardevole per la Repubblica» e perché, infine, il pesce mostruoso è comparso «in circostanze tanto addatate all’evento predetto». Quello di predisporre una maggiore difesa per la città di Savona non è l’unico obiettivo che Genova si pone bensì lo accompagna a quello di «di usar maggiore la vigilanza nell’indagar la mente, et i maneggi di S.A.R. Reale» e, soprattutto, ad uno stratagemma di maggior finezza: precisamente, «di guadagnar viepiù la benivolenza di S.M. Cesarea» perché da essa «unicamente può ottenere socorso in ocasione che Savona fosse attaccata».

Infine, il Senato si esprime su un’ultima questione che, da un lato, mostra un atteggiamento bivalente caratterizzato da senso di protezione nei confronti dei genovesi ma anche, naturalmente, di controllo delle notizie diffuse decidendo che «non se ne parlasse da alcuno della nobiltà, a fin di non angustiare il popolo» e, dall’altro invece, si richiama all’esigenza politica di «non pubblicar maggiormente la cagione de’ timori della Repubblica, e l’oggetto dell’armamento» per evitare di rendere manifesto il senso di debolezza che in quel momento caratterizza la Dominante. I carteggi del Molinari sono ricchi di notizie sugli spostamenti delle truppe, sui movimenti dell’armata navale alleata, su battaglie e occupazioni di città, sulle notizie che giungono nel porto genovese diffuse dai capitani marittimi, dai padroni di nave e dai marinai che navigano nel Mediterraneo e che il residente cesareo trasmette con precisione ai suoi numerosi corrispondenti. Per questo motivo, potrebbe stupire che, all’interno di simile documentazione, si dia così tanto spazio al caso del mostro marino ma, in realtà, non è affatto così. Non bisogna dimenticare, infatti, che si sta parlando di un mondo che è ancora fortemente caratterizzato dalla superstizione: certo in misura ridotta rispetto alla precedente epoca medioevale – lo dimostra il fatto che, pur scegliendo di dare credito alla profezia, si sollevino voci tese a metterla in dubbio anziché credervi ciecamente – ma comunque né è ancora una componente importante.

Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare come un vaso di unguenti. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le bestie più superbe. » (Giobbe 40:25-32, … ) Il Leviatano, una creatura mostruosa e temibile presente in diversi contesti culturali … retaggio di miti pagani che impersonano il male e come tale l’ignoto

Se questo aspetto può essere utilizzato per spiegare l’atteggiamento del Senato di fronte alla profezia del veggente Nostradamus, c’è ancora una componente da tenere in dovuta considerazione: dal momento in cui i viaggi di esplorazione e scoperte geografiche presero campo,  diventando sempre più numerosi, nelle cronache dei primi viaggiatori ed anche nei diari di bordo apparvero numerose descrizioni di animali (e non solo) sconosciuti, misteriosi, a tratti fantastici. Anzi, come ricorda Matvejević nel suo Breviario mediterraneo, i mostri marini apparvero già nell’Antico Testamento. Si pensi al terribile Leviatano, il re tra le bestie più superbe. Essi venivano inseriti come deterrente per scoraggiare la navigazione (12). Presenti nella Bibbia, nel Corano, per esempio, non se ne fa alcuna menzione (13).

Infine, il mare ben si presta alla diffusione di miti, leggende e superstizioni (14), alcune delle quali si tramandano ai giorni nostri: si possono citare, a titolo di esempio, il varo della nave e l’importanza che la bottiglia si rompa sulla prua al primo colpo o la sfortuna che colpirebbe una barca se a questa venisse cambiato il nome che le era stato originariamente assegnato.

In fondo, quindi, nulla di strano se il conte Carlo Molinari si sofferma così a lungo sul tema: la storia del mostro marino rappresenta una piccola “nota di colore” all’interno dei suoi carteggi ma non è solo e semplicemente questo poiché, di fatto, consente di accostarsi, almeno un poco, alla mentalità dell’epoca studiando il comportamento dell’organo di governo della Repubblica di Genova in questa particolare circostanza.

Tamara Decia

 

Note
(1) Archivio di Stato di Milano (AS MI), Carteggi Consolari, 8.
(2) Per la storia di Genova nel periodo trattato si rimanda a Bitossi C. 2003, L’antico regime genovese, 1576-1797, in Dino Puncuh (a cura di), Storia di Genova, Societa Ligure di Storia Patria, Genova, 2003 e a Manuel Herrero Sánchez, Yasmina Rocío Ben Yessef Garfia, Carlo Bitossi, Dino Puncuh, Genova y la Monarquia hispanica (1528-1713), Societa Ligure di Storia Patria, Genova, 2011.
(3) AS MI, Carteggi Consolari, 8, Lettere al conte Kaunitz a Roma, 29 giugno 1709.
(4) Tra i lavori più recenti dedicati a questo tema si segnalano: Alvarez-Ossorio, Alvariňo Antonio – Garcia Garcia, Bernardo José – Leon Sanz, Maria Virginia, La perdida de Europa. La guerra de Sucesion por la Monarquia de Espaňa, Fundación Carlos de Amberes, Madrid, 2007; Albareda i Salvadç, Joaquim, La guerra de sucesion de Espana (1700-1714), Critica, Barcellona, 2010; Torres Arce, Marina – Truchuelo Garcia, Susana, Europa en torno a Utrecht, Universidad de Cantabria, Santander, 2014.
(5) Tra i più recenti e completi lavori sul Marchesato del Finale si cita P. Calcagno, «La puerta a la mar»: il Marchesato del Finale nel sistema imperiale spagnolo, 1571-1713, Viella, Roma, 2011. Si ricordano anche Alberto Peano Cavasola (a cura di), Finale, porto di Fiandra, briglia di Genova, Fonti, memorie e studi del Centro Storico del Finale, 1, Centro Storico del Finale, Finale Ligure, 2007; Calcagno P. 2009, (a cura di), Finale fra le potenze di antico regime. Il ruolo del Marchesato sulla scena internazionale (secoli XVI-XVIII), Societa Savonese di Storia Patria, Savona.
(6) Anche per Savona il riferimento è d’obbligo a P. Calcagno, Savona, porto di Piemonte: l’economia della città e del suo territorio dal Quattrocento alla Grande Guerra, Città del Silenzio, Novi Ligure, 2013
(7) «Sulla sabbia per un orrendo diluvio d’altri mari (sarà) trovato un mostro marino: vicino a quel luogo sarà fatto un rifugio, tenendo Savona schiava di Torino».
(8) AS MI, Carteggi consolari, 8, Lettera al principe Eugenio di Savoia, 29 agosto 1709. È opportuno precisare, però, che con il termine di “pesce monaco” si fa generalmente riferimento a un esemplare ritrovato nelle coste danesi a metà del XVI secolo e definito in questo modo poiché la testa corollata faceva pensare a quella di un frate: anch’egli annoverato tra i mostri marini che popolano i racconti dell’epoca, è stato da alcuni studi ipotizzato si potesse trattare di un calamaro gigante.
(9) AS MI, Carteggi consolari, 8, Lettera al principe Eugenio di Savoia, 10 dicembre 1709.
(10) AS MI, Carteggi consolari, 8, Lettera al principe Eugenio di Savoia, 29 agosto 1709.
(11) AS MI, Carteggi consolari, 8, Lettera al principe Eugenio di Savoia, 10 dicembre 1709.
(12) P. Matvejević, Breviario mediterraneo, Milano, Garzanti, 2015, p. 156.
(13) Idem, p. 168
(14) Per approfondire l’argomento si veda, ad esempio E. Bravetta, Le leggende del mare e le superstizioni dei marinai, Treves, Milano, 1908 e G. Caputo, La gente di mare. Superstizioni, tradizioni, proverbi e curiosità marinare, Ugo Mursia Editore, Milano, 2012
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