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livello elementare.
ARGOMENTO: PROTAGONISTI DELLA SUBACQUEA
PERIODO: XX-XXI SECOLO
AREA: SUBACQUEA MILITARE E COMMERCIALE
parole chiave: Domenico Cubeddu, COM.SUB.IN, palombaro, iperbarica, sperimentazioni
Tra i tanti protagonisti del mare che ho avuto occasione di incontrare nella mia vita, esistono persone straordinarie che non sempre vengono conosciute perché rifuggono la mondanità e si accontentano di fare con grande professionalità il loro lavoro. Persone che ottengono grandi risultati nella vita lavorativa, lasciando un segno tangibile che permane nel tempo dietro di loro per tutto ciò che hanno silenziosamente fatto.
Oggi intervistiamo Domenico Cubeddu, palombaro altofondalista della Marina Militare italiana poi passato all’industria dell’off shore petrolifero ricoprendo compiti dirigenziali sempre più importanti. Lo ho intervistato presso la sua casa di S’Archittu, Oristano e sono rimasto affascinato dai suoi racconti di vita.
Una vita straordinaria, ci può raccontare come tutto iniziò?
Sono nato nel 1934 a Seneghe, antico paesino agricolo della Sardegna, nel Montiferru, un paese senza nessuna tradizione marittima. Da sempre mi è piaciuta la geografia e sognavo fin da bambino di viaggiare e vedere i luoghi lontani dei quali sentivo parlare dai tanti emigrati del mio paesino natio che scrivevano di terre lontane come l’Argentina, Australia, Brasile, Stati Uniti dove si erano trasferiti per vivere. Sono cresciuto in tempo di guerra, in un periodo di grandi sacrifici quando tutti, anche noi minori, dovevamo collaborare per la sopravvivenza della famiglia. Con i miei fratelli a volte ci spingevamo fino al mare con gli asinelli per raccogliere il sale … erano oltre venti chilometri di strada sterrata che percorrevamo scalzi per arrivare alle saline nei pressi di Riola. Si caricava e poi si tornava al paese. Dopo la guerra, un giorno vidi un manifesto affisso in comune che recitava: “Arruolati in Marina, girerai il mondo e imparerai un mestiere”. Non mi sembrò vero, presi la palla al balzo e, contro il parere dei miei genitori fortemente attaccati alla nostra terra, feci domanda di arruolamento. Dopo circa sei mesi fui chiamato a presentarmi a MARISCUOLA Venezia, nell’isola di Sant’Elena, e mi fu assegnata la categoria Palombari. Accettai di malincuore quella categoria, con la speranza che dopo l’arruolamento sarei passato a quella dei nocchieri, che nella mia immaginazione mi avrebbe permesso di realizzare il mio sogno di girare il mondo.
Oltretutto non mi sentivo nei panni del sommozzatore in quanto ero l’unico a non saper nuotare (avevo visto il mare una sola volta e da lontano). Inoltre, i miei colleghi di categoria, contrariamente a me, erano ragazzi di bella statura e prestanza fisica. Mi sentivo inadeguato anche a livello culturale in quanto i miei colleghi possedevano tutti il diploma di terza media mentre io avevo appena il titolo minimo richiesto ovvero “dalla prima alla seconda classe della medie inferiori”. Cercai inutilmente di cambiare categoria ma fui incoraggiato a proseguire sia dal Capo Inquadratore sia dai compagni di corso. Rassegnato, mi misi d’impegno per ottenere i massimi risultati, sia nell’ambito teorico che culturale, ottenendo al termine del corso una media discreta per la fase successiva che si sarebbe svolta a MARICENTROSUB (Varignano).
In altre parole, i miei risultati furono superiori al previsto: primo del corso a Venezia, e successivamente primo del corso al Varignano, dove conseguii il primo brevetto da palombaro (fino a 40 metri di profondità), apparecchio a ossigeno a ciclo chiuso G50 a 15 metri e autorespiratore ad aria a 30 metri. Voglio sottolineare che, per quanto possa sembrare assurdo, in quel periodo ancora non sapevo nuotare e nei corsi non era prevista la scuola di nuoto.
il periodo al Centro Studi del COM.SUB.IN fu importantissimo per la mia crescita professionale
Dopo il brevetto da palombaro fui destinato al Centro Studi (Sezione Sperimentale) del COM.SUB.IN. dove fui assegnato allo studio e perfezionamento dei nuovi apparati, e nominato punto di contatto con i colleghi della marina nazionale francese. Abilitato palombaro su alti fondali, all’uso delle torrette butoscopiche e della campana di salvataggio sommergibili di nave Proteo, partecipai sulla stessa nave alle operazioni più delicate degli anni ’60 e ’70, missioni spesso al limite con tecniche di immersione che affinavamo giorno per giorno.
Cubeddu sulla sinistra del palombaro in assistenza per l’immersione
Dopo il periodo di imbarco fui nuovamente destinato al Centro Studi Sezione Sperimentale del COM.SUB.IN. dove fui parte attiva nello sviluppo delle miscele binarie (elio, ossigeno) lavorando sempre con la marina francese, in particolare con il comandante Paul Gavarry, direttore del GERS (tridente d’oro nel 1978 per la direzione del programma Janus che si era concluso con un record mondiale di immersione in saturazione).
Nota della redazione ![]() explorer standard – collezione Franco Vitali |
Ci può raccontare degli anni al COMSUBIN
Destinato al Centro Studi Sezione Sperimentale perfezionai le mie conoscenze teorico-pratiche sulle apparecchiature già utilizzate durante il corso e sulle nuove apparecchiature in sperimentazione in quegli anni al COM.SUB.IN. in collaborazione con la marina nazionale francese. Tra queste apparecchiature c’era l’ARU (apparecchio a ciclo chiuso a sacco polmone ad aria e immissione di ossigeno per 30 mt) chiamato anche autorespiratore a miscela completo, ed un apparecchio a ciclo chiuso in cui l’ossigeno veniva fornito dal perossido (ghiaccio secco) per operare fino a 15 mt; un esperimento che però non andò a buon fine.
schema dell’ARU, da libro di Fabio Vitale e Gianfranco Betrò Palombari della Marina Militare Italiana
Nell’anno 1956, sempre col Gruppo della Sezione Sperimentale, effettuai una missione in Tunisia, con nave Rampino, per lo sminamento del canale di Biserta in collaborazione con la Marina francese. Utilizzavamo il G50, autorespiratore ad ossigeno puro, da noi usato all’epoca fino alla profondità massima di 15 metri, che ci garantiva un’autonomia di circa cinque ore. Dopo Biserta continuammo le operazioni di bonifica a Livorno, dal molo Mediceo alle secche della Meloria, utilizzando però l’attrezzatura classica da palombaro.
Ancora con i colleghi francesi eseguimmo esercitazioni di sminamento nell’area di Tolone dove ho vissuto anche un naufragio; a causa del cattivo tempo affondammo e solo dopo ore, ormai a notte fonda, fui recuperato dalle motovedette francesi provenienti da Saint Raphaël … a ripensarci, una brutta avventura. Nel ’60 fui destinato per 14 mesi all’Ufficio Porto di Cagliari per il recupero delle ancore, il rifacimento dei corpi morti, installazioni di boe, ormeggi e tutto ciò che concerne l’ambiente del porto, sia all’interno che nel littorale. Operazioni spesso complesse, in collaborazione con le maestranze civili, in cui dovevamo inventarci sempre qualcosa di nuovo.
Cubeddu in tenuta da palombaro
Tra le numerose missioni operative voglio ricordare, le ricerche e recupero delle vittime dell’aereo Hercules C130 che, il 9 novembre 1971, cadde alle secche della Meloria, un tratto di mare non lontano da Livorno. I recuperi di aerei sinistrati proseguirono con un F104 nelle isole Tremiti (da bordo di nave Proteo alla profondità di 75 metri) e di un G91 alle isole Pedagne a 56 metri di profondità. Un’altra missione impegnativa fu il recupero nel 1963 di un motore aereo militare del periodo bellico alla profondità di 65 metri, che era stato segnalato dal giornalista subacqueo Andrea Pittiruti. Oggi questo motore è un cimelio storico conservato a Pisa.
Effettuai poi al COM.SUB.IN. il corso GP (Grande Profondità) per l’uso delle torrette butoscopiche e della campana di salvataggio sommergibili. Dopo aver ultimato il corso P (professionale) fui destinato nuovamente al Centro Studi Sezione Sperimentale, dove effettuai numerose sperimentazioni con miscele elio ed ossigeno fino a 150 metri. In quel tempo, come avevo accennato, il Centro Studi del COM.SUB.IN. collaborava attivamente con il GERS (Gruppo Studi ricerche sottomarine) della Marina Nazionale Francese retto da Gavarry, scambiandosi esperienze e risultati. In quegli anni si fecero molti progressi sull’uso delle miscele binarie e ternarie. A bordo delle navi Elie Monnier e Triton effettuai immersioni fino alla profondità di 150 metri con diverse miscele e potei anche immergermi con il loro sommergibile Griffon.
il Triton con a bordo il sommergibile Griffon
Un periodo di grande crescita professionale che mi fu utilissimo nel mio lavoro seguente. In quel periodo al Varignano, l’11 febbraio 1969, fui inviato a Rimini, con un team altamente selezionato di palombari del GOS ed incursori, incaricato alla demolizione della piattaforma illegale dell’Isola delle Rose. La demolizione fu eseguita con diverse cariche esplosive mirate ad indebolire la robustissima struttura e facilitarne il collasso (cosa che avvenne il 26 di febbraio), permettendo il ripristino del fondale per le attività di pesca. In seguito fui nuovamente destinato all’Ufficio Porto di Cagliari ed al gruppo SDAI di La Maddalena dove, tra dal 1974 al 1977, mi fu affidato l’attuale re del Belgio, Philippe, allora un giovane di 14 anni, per istruirlo all’immersione subacquea fino a 57 metri con ARA.
Domenico Cubeddu e il futuro re Filippo del Belgio al termine di un immersione sul panfilo reale. La loro amicizia permane nel tempo ed ancora oggi sono in contatto
Nell’anno 1977 la mia carriera volgeva al termine avendo raggiunto il massimo grado per un sottufficiale. Fu così che, corteggiato dall’industria subacquea, anche se con molti dubbi, mi congedai per cominciare una nuova vita con la società Sub Sea Oil Services.
Una carriera altrettanto interessante, ci può raccontare in breve qualche episodio
Fui assunto dalla Sub Sea con la qualifica di Team Leader e, per regolarizzare la mia posizione nella loro amministrazione, eseguii alla Wet and Dry di Zingonia le immersioni profonde a 150 mt, seguendo un corso di supervisore di saturazione. Il primo lavoro nella società fu il recupero di reperti archeologici in saturazione a 54 metri sui resti di una nave romana a Lipari, supportato da un impianto iperbarico a bordo della nave SUB SEA Corsaire. Ai primi del 1978, sempre con il Corsaire, fui inviato in Borneo per la società BSP (Brunei Shell Petroleum) come responsabile dell’impianto di saturazione, per effettuare le prime saturazioni in assoluto in Estremo Oriente. Un’area vastissima che comprendeva tutta l’area del Brunei, il Samarang sotto le Filippine e intorno al Mar della Sonda. Il lavoro consisteva nell’a assistenza alla perforazione, installazione di piattaforme, collegamenti di sealine, installazione di SBM (mono boe), clean jacket, sostituzione di anodi e recuperi di ogni sorta.
le complesse operazioni subacquee nell’offshore oggi sono facilitate da droni subacquei sempre più performanti ma un tempo erano affidate solo a sommozzatori che raggiungevano quelle profondità operando per giorni in saturazione
In seguito iniziammo l’installazione di piattaforme a Miri, nel Sarawak, e a Labuan. A metà giugno del 1980 rientrai dal Borneo e a fine mese fui destinato in Brasile per l’installazione con immersioni di saturazione a 128 metri di profondità della piattaforma Garupa. Molte le attività di quegli anni: dalla piattaforma Enchova con barge Pearl Marine, la più grande del mondo, installata a 130 metri, con 36 gambe, 28.000 tonnellate (solo la giacchetta), e poi in India con Survey Sealine, in saturazione a 130 metri, l’ingrandimento di un impianto di saturazione a Singapore per saturazioni a Kuala Trenganu nel golfo del Siam su barge Crawler, l’ AOB Zagreb a 380 mt in Adriatico sotto Dubrovnik e l’AOB Scarabeo 3, sempre a 380 mt, nel golfo della Sirte, Libia.
Fui quindi destinato in Brasile come Diving Superintendent per l’installazione di christmas tree sui pozzi di petrolio per la loro messa in produzione, a profondità di oltre 250 metri. I mezzi navali di appoggio a disposizione erano la nave sonda Interocean Discovery, piattaforme Petrobras 9 , SS6, Sedco 135 F e altre per operare a profondità intorno ai 300 metri. Nel 1985, al rientro dal Brasile, fui imbarcato sul Buccaneer per lavori in Congo, sempre in saturazione con escursioni continue, sulle piattaforme nell’area di Loango e l’installazione di una nuova piattaforma per la CONOCO in Angola, nell’area di Kabinda.
La Saipem 7000, originariamente chiamata Micoperi 7000, fu concepita a metà degli anni ’80 dai suoi originari proprietari Micoperi come una nave polivalente per l’installazione di piattaforme petrolifere offshore molto grandi (ponti integrati e jacket) utilizzando due grandissime gru completamente girevoli, ognuna con un braccio lungo 140 metri dotato di 4 ganci. La nave è ancora in esercizio ed ogni gru è in grado di sollevare fino a 7.000 tonnellate con un raggio di sollevamento di 40 m utilizzando il gancio principale. Le due gru sono in grado di sollevare in tandem 14.000 tonnellate.
Ritornai poi in Brasile e, con la Micoperi 7000, mettemmo in operazione l’impianto di saturazione per installazione di nuove piattaforme nell’area di San Sebastian. Inoltre, fui consulente alla progettazione e al montaggio del Centro iperbarico brasiliano nell’isola militare di Mocanguê presso Rio de Janeiro. Eseguii tutti i test e collaudi operativi del centro, mettendo alla fine in funzione l’impianto e istruendo il personale civile e militare alla conduzione operativa dell’impianto.
Ci sarebbe molto da raccontare di quegli anni in cui l’esperienza maturata al COM.SUB.IN. e poi in tante missioni e operazioni mi fu utilissima. Tuttora, malgrado la mia veneranda età, sono alla soglia di 90 anni, vengo spesso contattato per suggerimenti riguardanti lavori in alto fondale in Mediterraneo ma soprattutto in Oceano, ma anche per consigli riguardanti persone embolizzate.
Ho guardato l’orologio e mi sono reso contro che sono passate delle ore. Domenico Cubeddu mi ha raccontato la sua straordinaria vita che trova pochi uguali. La vita di un ragazzo che, guardando il mare lontano dalle colline del suo paese, sognava di viaggiare e girare il mondo. Una carriera vissuta pericolosamente ma sempre con grande umiltà e disponibilità, decisamente unica che fa di Domenico Cubeddu un protagonista indiscusso della subacquea militare e civile professionale.
S’Archittu, 20 ottobre 2022
Andrea Mucedola
post scriptum
In data 4 aprile 2023, Domenico Cubeddu ci ha lasciato all’età di 90 anni. Aveva da poco ricevuto la comunicazione dell’assegnazione del Premio Atlantide 2023 … ci hanno riferito che le sue ultime parole sono state “sono sereno”. Se è vero che nessuno muore se non quando viene dimenticato, noi ti ricorderemo sempre per la tua grande capacità e umanità. Buon viaggio Domenico
photo credit famiglia Cubeddu
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