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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: GOLFO PERSICO
parole chiave: Saddam, Kuwait, nuovo ordine mondiale
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Ma i semi dell’odio erano stati posati
Dopo la fine della guerra con l’Iran, nel settembre 1988, il 2 agosto 1990 il ra’īs iracheno Saddam Hussein invase il vicino stato del Kuwait, adducendo un’antica pretesa territoriale risalente al Governatorato iracheno di Bassora di età ottomana.
Un’ovvia scusa per poter mettere le mani sulle ricche risorse del Kuwait. L’invasione provocò le immediate sanzioni dell’ONU che impose un pesante embargo con conseguenze gravosissime per la popolazione. Nel frattempo Saddam continuò ad ostacolare i controlli relativi al disarmo ed alla presunta presenza di armi di distruzione di massa. Si giunse così ad uno scontro diretto, solo parzialmente risolto nel novembre del 1998 dal Presidente americano Clinton (in carica dal 1993 al 2000) con la campagna offensiva anglo-statunitense che fu denominata Desert Fox.
La nascita del concetto del Nuovo Ordine Mondiale
L’insediamento di George W. Bush (20 gennaio 2001) mise in atto una nuova strategia, col senno del poi discutibile, preparata dallo staff di Condoleezza Rice, National Security Advisor del Presidente.
In estrema sintesi, un way ahead per raggiungere un nuovo ordine mondiale dopo l’attacco alle Twin Towers dell’11 settembre, basato su una visione globale della democrazia e del liberalismo globale da ottenere “senza guanti di velluto” ristabilendo gli equilibri geopolitici. Come scrisse il New York Times, una visione, quella del nuovo ordine mondiale, vista dai Democratici americani come una “razionalizzazione delle ambizioni imperiali” americane in Medio Oriente, mentre dai Repubblicani come un rifiuto della capacità delle Nazioni Unite di gestore delle crisi mondiali. Curiosamente Pat Buchanan, nel A World Transformed, pp. 426, ipotizzò che la guerra del Golfo Persico fu in realtà la scomparsa del nuovo ordine mondiale assegnando agli Stati Uniti, in un mondo ormai unipolare, il compito, non richiesto, di poliziotto globale. Il LA Times sottolineò l’emergere degli Stati Uniti “come il più grande potere unico in un mondo multipolare“.
In quegli anni, l’altra superpotenza, Mosca, era di fatto paralizzata da problemi interni e quindi incapace di proiettare potere all’estero, e gli Stati Uniti, sebbene ostacolati dai primi cenni del malessere economico che li avrebbe poi colpiti a breve, per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale si trovarono militarmente senza restrizioni. La responsabilità di contrastare la minaccia internazionale del terrorismo ricadde così sugli Stati Uniti che ritennero quindi necessario arrivare ad un nuovo ordine mondiale, costi quel che costi.
Un’interpretazione fondamentale del New Order fu presentato da Charles Krauthammer in una conferenza a Washington in cui presentò l’idea della unipolarità americana, pubblicato nell’autunno 1990 in Foreign Affairs come “The Moment Unipolar“. Il punto principale era: “It has been assumed that the old bipolar world would beget a multipolar world… The immediate post-Cold War world is not multipolar. It is unipolar. The center of world power is an unchallenged superpower, the United States, attended by its Western allies“.
Sebbene la pista islamica legata al gruppo terroristico di Al Qaeda di Osama Bin Laden fosse la più accreditata, Bush sostenne caparbiamente la complicità nell’attentato delle torri gemelle dell’Iraq e spiegò, in A World Transformed, quale sarebbe dovuto essere il ruolo del Segretario generale delle Nazioni Unite nel tentativo di evitare una nuova guerra nel Golfo Persico. Il messaggio fu iterato durante l’incontro di Camp David quando Bush spiegò al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Javier Pérez de Cuéllar, che era necessario ottenere la piena attuazione della risoluzione dell’ONU, al fine di non indebolirne il suo ruolo e credibilità nella costruzione di questo “nuovo ordine mondiale” che sarebbe stato inevitabile.
Per chiarezza, l’opzione di una guerra “preventiva”, per disarmare definitivamente l’Iraq, non fu condivisa da tutti gli alleati occidentali e fece scaturire forse la crisi maggiore dalla fine della Seconda guerra mondiale nell’ambito dell’ONU. Francia, Russia e Cina, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, minacciarono l’uso del diritto di veto per contrastare le decisioni americane. Alla fine, facendo leva sul “non provato” possesso da parte di Saddam di armi di distruzione di massa, gli Stati Uniti con l’appoggio della Gran Bretagna (Tony Blaire) e di alcuni alleati (Italia, Spagna, Danimarca, Portogallo, Olanda) riuscirono ad ottenere l’intervento militare. La guerra scoppiò il 20 marzo 2003 e in sole tre settimane si ottenne la caduta del regime di Saddam.
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. E’ docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione scientifica.
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