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Livelli basali di biomarkers di esposizione a xenobiotici in Aphanius fasciatus (Teleostei, Cyprinodontidae) di Silvia Brandi

tempo di lettura: 5 minuti

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livello difficile
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ARGOMENTO: BIOLOGIA DELLE ACQUE

PERIODO: XXI SECOLO
AREA: ACQUE DOLCI E SALMASTRE
parole chiave: Aphanius fasciatus

Punti di incontro tra il mare e la terraferma, gli habitat salmastri sono tra gli ambienti naturali più instabili, ma anche più produttivi del sistema costiero mediterraneo.

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campionamento in laguna durante la ricerca

Tale instabilità è legata alla estrema variabilità dei fattori chimico-fisici locali. In primo luogo la salinità (da qui la definizione generica di ambienti salmastri) sia con variazioni più o meno accentuate a seconda della morfologia del bacino sia della presenza o meno di afflusso di acqua dolce e sbocchi al mare. Inoltre, in funzione di altri parametri (ossigeno disciolto, composizione ionica, temperatura, pH), che possono raggiungere valori estremi nelle ventiquattro ore, in funzione delle maree, dei venti, delle temperature atmosferiche, delle mareggiate e delle precipitazioni. L’alta variabilità produce ricchezza e diversità di habitat e di biocenosi e un ambiente tanto produttivo da essere utilizzato da specie permanenti e migratorie come nursery, sia per la protezione che offrono che per l’abbondanza di nutrimento presente. La presenza di grandi biomasse con alta produzione, primaria e secondaria, rende tali ambienti economicamente importanti per la pesca, l’acquacoltura ed altre importanti attività come, ad esempio, il turismo. Tali consistenti flussi di energia, se da una parte conferiscono loro importanza economica dall’altra li rendono facilmente soggetti a crisi distrofiche. Tuttavia l’ampia variabilità dei suddetti parametri, sinergicamente con la diversificazione degli habitat, che contraddistingue gli ambienti salmastri, porta gli organismi che vi vivono a produrre degli adattamenti fisio-etologici che rendono tali ambienti particolarmente resilienti. Nella regione mediterranea, l’equilibrio estremamente complesso degli ambienti salmastri è sempre più minacciato dall’impatto delle attività umane. Lo scarico incontrollato di sostanze inquinanti, un irrazionale utilizzo dell’acquacoltura e l’introduzione di specie alloctone, hanno determinato gravi alterazioni di questi delicati ecosistemi.

Considerazioni
Lo scopo del mio lavoro di tesi è stato quello di valutare la possibilità di utilizzo di Aphanius fasciatus (Valenciennes, 1821) come organismo sentinella in attività di monitoraggio di tali ambienti di transizione, con un approccio orientato verso l’impiego di biomarker. Nello specifico è stato preso in considerazione l’enzima colinesterasi, tipico biomarker di esposizione/effetto di composti, quali organo fosforati e carbammati, frequentemente presenti in molte formulazioni di pesticidi agricoli. 

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un tipico habitat dell’Aphanius fasciatus, nel parco della Maremma

L’Aphanius fasciatus è un pesce ciprinodontide di piccola taglia, eurialino ed endemico della regione mediterranea, con una lunghezza totale che non supera i sette centimetri ed è inoltre caratterizzato da un marcato dimorfismo sessuale. Negli ultimi anni, la specie ha assunto grande rilevanza dal punto di vista conservazionistico, a causa del drammatico declino, e in alcuni casi anche dell’estinzione, di molte popolazioni, in seguito alla degradazione degli habitat, all’inquinamento delle acque continentali e costiere, alla distruzione e riduzione delle zone salmastre e delle saline, ed all’introduzione di specie alloctone. In passato l’Aphanius fasciatus è stato ampiamente utilizzato in studi riguardanti la variabilità morfologica e genetica delle sue popolazioni, ma considerando la necessità di impiego di organismi modello rappresentativi degli ecosistemi e di elevata valenza ecologica, recentemente è stato proposto come modello per il monitoraggio degli ambienti salmastri.

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In questo studio l’Aphanius fasciatus è stato utilizzato per caratterizzare i livelli basali delle attività colinesterasiche (ChE), che rappresentano un biomarker di esposizione a contaminanti ad azione neuro-tossica, quali i composti appartenenti alla classe degli organofosforici e carbammati. La tossicità primaria di queste sostanze è dovuta proprio alla capacità di inibire l’attività delle ChE, impedendo una corretta trasmissione degli impulsi nelle sinapsi colinergiche delle giunzioni neuromuscolari, con conseguenti disordini nel sistema nervoso-motorio. I livelli di espressione, inibizione, attivazione, trasformazione dei biomarker sono strettamente correlati ad aspetti fisiologici (ad es. lo stato di maturazione) ed ambientali (ad es. temperatura, salinità, ossigeno disciolto, pH, livello di nutrienti, esposizione a contaminanti), e in questo studio l’attenzione è stata focalizzata soprattutto sulla salinità, in quanto uno dei parametri ambientali che varia maggiormente negli ambienti di transizione.

Ricerca

Circa 50 individui, di sesso femminile, campionati nella Laguna di Orbetello (GR), sono stati trasferiti in laboratorio e adattati, attraverso passaggi graduali, a tre differenti salinità (15, 35 e 55 PSU) per un periodo di 28 giorni (temperatura 17-18 °C; ossigeno disciolto prossimo al valore di saturazione). Da ogni pesce sono stati poi prelevati la testa, le branchie, il pacchetto viscerale in toto e la restante porzione di muscolo comprensivo di cute. I vari tessuti e organi, dopo omogeneizzazione in tampone, sono stati centrifugati a 10000xg ed il sovranatante è stato raccolto e utilizzato per le analisi, condotte seguendo la metodica spettrofotometrica di Ellman.

È stata effettuata una caratterizzazione completa delle varie ChE utilizzando i substrati acetiltiocolina- (ATChI), butirriltiocolina- (BTChI) e propioniltiocolina-ioduro (PTChI) ed inibitori modello quali eserina solfato (inibitore generico di ChE), BW284C51 (inibitore specifico per AChE) ed iso-OMPA (inibitore specifico per BChE). Dopo aver definito i livelli di attività enzimatica con i diversi substrati nei tessuti dei pesci adattati alle varie salinità, sono stati condotti esperimenti di esposizione in vitro utilizzando il cadmio ed il Methomyl, insetticida carbammato a largo spettro e principio attivo di diverse formulazioni commerciali autorizzate per l’uso in numerose nazioni.

Risultati
I risultati ottenuti dal mio studio indicano che:

1) ll tessuto muscolare è quello che presenta i maggiori livelli di attività enzimatica.

2) Il substrato con la maggiore affinità è risultato essere ATChI, seguito da PTChI.

3) Gli esperimenti con gli inibitori modello suggeriscono la preponderante presenza di AChE rispetto ad altre colinesterasi.

4) Il Methomyl, carbammato di interesse commerciale, inibisce le colinesterasi in un range µM.

5) L’adattamento a differenti salinità non evidenzia variazioni statisticamente significative nei livelli basali di attività colinesterasica muscolare.

6) L’esposizione al cadmio produce una significativa inibizione dell’attività colinesterasica muscolare, sebbene con meccanismo ancora incerto ed in assenza di un effetto-dose dipendente.

Conclusioni
In questo lavoro si è scelto di prendere in considerazione l’ A. fasciatus, quale specie tipica degli ambienti salmastri, ai fini del suo utilizzo come organismo sentinella per il bio-monitoraggio ambientale di tali habitat, valutando la possibilità di un suo impiego nell’ottica più ampia degli strumenti finalizzati a supportare le strategie di conservazione di tali ecosistemi. Alla luce del quadro di caratterizzazione biochimica delle colinesterasi, questo ciprinodontide sembra essere una specie promettente, che potenzialmente potrebbe essere inserita nell’elenco di specie normalmente utilizzate come organismi sentinella per il monitoraggio degli ambienti di transizione.  Tuttavia si rendono necessari ulteriori studi per definire meglio i livelli basali in funzione di altri parametri quali taglia, sesso e temperatura, nonché studi in vivo per poter attribuire a tali dati un significato ecologico.

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dott.ssa Silvia Brandi – Università di Pisa, Italy per contatti futuri: silviabrandi2012@gmail.com

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