livello elementare
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ARGOMENTO: ARTE DEL MARE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: ARTE
parole chiave: disegno, acquerello
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La passione per il disegno, potrei banalmente dire, ha sempre fatto parte di me. Quella per il disegno naturalistico nasce sui banchi della scuola del Fumetto di Milano, dove ho seguito il corso di illustrazione. Le lezioni che seguivo con maggiore interesse erano quelle dedicate alle tecniche pittoriche e appunto, l’illustrazione naturalistica. Le due materie mi permettevano di analizzare e rappresentare il mondo esterno in modo realistico, ricollegandomi ai documentari che, fin da bambina, seguivo con stupore ed interesse.
Quando ho iniziato a conoscere le opere, anche di fotografia, della corrente della wildlife art, di artisti sia italiani che stranieri, mi si è rivelato un mondo. Dopo la maturità artistica presso il Liceo Paolo Candiani di Busto Arsizio (Va), frequenta i corsi specialistici di Graphic Designer presso il CFP Bauer e di Illustrazione alla Scuola del Fumetto di Milano. Partecipa nell’edizione 2012 di Disegna la Natura (concorso nazionale promosso dalla rivista di cultura ambientale Oasis), classificandosi seconda nella categoria botanica e terza nella categoria uccelli. Nell’edizione successiva si classifica al primo posto nella sezione mammiferi. Nell’estate 2015 espone in una collettiva del progetto PAN (Pittura e Arti Naturalistiche) al Phoenix Parc di Nizza. Contemporaneamente partecipa alle collettive di arte contemporanea alla Plaumann Art Gallery di Milano e poi a Camogli (Genova), curate da Daniela Accorsi dell’omonima galleria torinese. Da lì sono arrivate altre esperienze a livello nazionale, fino all’ultima, nel 2018 a Mosca, con un brillante secondo posto al Golden Turtle Festival.
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Prima di progettare un disegno naturalistico, occorre sempre effettuare un’accurata ricerca iconografica. La documentazione in generale, sulla biologia e il comportamento del soggetto in esame, ne consentono una maggiore comprensione e di conseguenza una migliore trasposizione realistica. Le tecnica che impiego di preferenza è la grafite, perché mi consente di riprodurre maggiormente i dettagli dei soggetti che scelgo di raffigurare. A volte capita che in alcune composizioni decida di utilizzare anche l’acquerello, sia per dare un effetto grafico-pittorico all’insieme, sia per raggiungere un maggiore impatto emotivo sull’osservatore.
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Nella mostra evento “Il Mare ad Altomonte” affronto per la prima volta la tematica della conservazione dell’ecosistema marino e dell’impatto umano su di esso, ma non solo. Il mare ha molto da insegnare e molte storie da raccontare, non a caso le sue creature sono spesso protagoniste di miti e leggende.
Basti pensare alla berta maggiore (“Verso la Libertà”), considerata a tutti gli effetti una creatura marina, nonché una delle specie simbolo del Mediterraneo. Gli antichi Greci la osservavano e conoscevano molto bene il suo canto notturno, simile al pianto di un bambino, che affascina e spaventa. Da qui nasce il mito delle antiche sirene, che in origine erano per metà uccelli. Oggi la libertà di questa specie marina è minacciata dall’antropizzazione delle coste su cui nidificano e gli ami delle palamite in cui spesso restano impigliate.
La foca monaca (“Beauty of the Sea”), “la bella figlia del Mare”, così descritta da Omero nell’Odissea, oggi è inserita nella categoria EN – Endangered, cioè minacciate di estinzione. Sfuggente ed elusiva, un tempo molto presente nel Mediterraneo, è stata oggetto di una caccia spietata da parte dei pescatori che la vedevano come antagonista nella propria attività. Oggi questa specie sta tornando, ma i pochi esemplari si trovano in un areale molto ristretto, per via della crescente presenza umana sulle coste. E purtroppo, i giovani esemplari di foca, non sufficientemente esperti nell’evitare le trappole, restano vittime della cattura accidentale nelle reti da posta fisse e in quelle abbandonate che pullulano sempre più i nostri mari.
Arriviamo in ultimo a SISO, dove ho illustrato la vicenda del capodoglio morto sulle spiagge di Milazzo. Forse lo ricorderete tutti. Era l’Estate del 2017, al largo delle Eolie un capodoglio rimase intrappolato in una rete da pesca illegale. La Guardia Costiera riuscì a liberarlo solo in parte. Ma il cetaceo stremato dalla fatica, dopo una lunga agonia, non sopravvisse. Nel suo stomaco vennero ritrovati dal biologo, che era intervenuto sul luogo, numerosi rifiuti in plastica, tra cui un vaso da giardino e le solite buste dei supermercati. Perchè Siso? Perchè un ragazzo, soprannominato Siso, che aveva collaborato attivamente nella fase del recupero del povero capodoglio, trovò poco dopo la morte, ucciso da un pirata della strada. Il biologo decise di dare quindi lo stesso nome al capodoglio. La cosa colpì in molti e Sea Shepherd diede il nome Siso ad un suo progetto per la protezione dei cetacei.
Una storia triste ma vera ed emozionante dove il mare e la mano dell’Uomo si sono intrecciati in modo indissolubile dall’inizio fino all’epilogo finale della vita del povero cetaceo. Se volete, questa storia ci insegna qualcosa di più: l’amore e il rispetto che possiamo e dobbiamo avere nei confronti dell’ambiente che ci circonda e che va difeso per la nostra sopravvivenza. Azioni che dovremmo fare tutti ogni giorno anche “solo” con dei piccoli gesti di educazione civica ed ambientale.
Gloria Marelli
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