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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR ROSSO
parole chiave: traffico mercantile, Houthi, Operazione Prosperity Guardian
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Le notizie degli ultimi giorni mostrano una recrudescenza della crisi nel mar Rosso meridionale con un coinvolgimento maggiore delle forze della coalizione a guida statunitense per controbattere gli attacchi da parte degli Houthi al traffico mercantile internazionale proveniente o dirigente verso il canale di Suez. Una svolta significativa si era verificata intorno a Capodanno, quando gli elicotteri della Marina americana avevano affondato tre imbarcazioni Houthi per legittima difesa, il primo scontro diretto tra la marina degli Stati Uniti e gli Houthi dall’inizio del conflitto. Come avrete sentito nelle cronache televisive internazionali, il 9 gennaio delle unità della Marina americana avevano abbattuto 21 tra missili e droni lanciati dallo Yemen dai miliziani Houthi contro il traffico marittimo internazionale. Un “attacco complesso” che i militanti filo iraniani avevano scatenato a seguito della guerra di Israele contro Hamas nel territorio di Gaza, un conflitto tutt’altro che locale che di fatto alza l’asticella dei già traballanti equilibri regionali facendo presagire la possibilità di una crisi molto più ampia dove gli attori, più o meno dichiarati, recitano la loro parte ben oltre il mar Rosso.
situazione del traffico mercantile nel mar Rosso meridionale il 12 gennaio 2024 MarineTraffic: Global Ship Tracking Intelligence | AIS Marine Traffic
Di fatto alla tragedia di una guerra sanguinosa che miete nello Yemen tante vittime innocenti, si uniscono interessi geopolitici ed economici delle potenze regionali che, al di là delle rivalità interne al mondo arabo, tra sciti e sunniti, complicano la già intricata geopolitica dell’area. I lanci di droni e missili sono stati dichiarati dagli Houthi “effettuati in solidarietà con il popolo palestinese” e, di fatto, si integrano con le azioni anti israeliane di Hamas e degli Hezbollah nell’area mediorientale. Al pericolo degli attacchi effettuati con missili e droni è stato segnalato anche quello delle mine navali che stanno mietendo già molte vittime tra i pescatori civili. Dopo l’attacco alle basi Houthi nello Yemen si sono già visti i primi effetti effetti sul commercio mondiale; secondo ISPI il costo per inviare un container da 40 piedi da Shanghai a Genova è quasi quadruplicato, da 1.400 a 5.200 dollari. E questa differenza alla fine la pagheremo noi nei prossimi mesi.
In sintesi un pasticciaccio mediorientale che vede, nella complessità del conflitto yemenita, un evidente rischio per il transito del traffico marittimo nel mar Rosso e, in ricaduta, per le economie mondiali.
Breve riassunto della situazione
La prima serie di attacchi dal mar Rosso iniziò poco dopo l’inizio della guerra tra Israele e Hamas, quando gli Houthi incominciarono a prendere di mira navi commerciali ritenute di interesse per il governo israeliano. L’8 gennaio gli Houthi eseguirono un abbordaggio sulla nave Galaxy Leader, di proprietà della Galaxy Maritime Ltd dell’Isola di Man, collegata alla Ray Car Carriers legata all’uomo d’affari israeliano Abraham Ungar. Poche ore dopo, alle 21:15 di martedì 9 gennaio, avvenne il lancio di 18 droni d’attacco, due missili da crociera ed un missile balistico antinave diretti verso le rotte marittime internazionali nel Mar Rosso meridionale dove stavano transitando numerose navi mercantili. Le armi furono intercettate con successo da due cacciatorpediniere statunitensi e da aerei da combattimento F-18 della portaerei USS Dwight D. Eisenhower. Sulla scena era presente anche l’HMS Diamond, un cacciatorpediniere della Royal Navy britannica che fa parte dell’operazione Prosperity Guardian, una task force multinazionale per salvaguardare la navigazione in questa via marittima, considerata tra le più critiche del mondo. La coalizione partecipante all’operazione è composta da numerosi paesi occidentali ma non dall’Italia e dalla Francia che, pur essendo presenti con unità navali nell’area in compiti di sicurezza marittima, hanno deciso di non aderire.
Un aereo da caccia F / A-18 della Marina americana decolla di notte prima degli attacchi aerei yemeniti del 2024 – autore aeronautica militare americana CENTCOM 12 January 2024-1.jpg – Wikimedia Commons
In una dichiarazione congiunta degli Stati Uniti e di molti altri paesi avevano condannato i continui attacchi degli Houthi, avvertendo: “Gli Houthi si assumeranno la responsabilità delle conseguenze se dovessero continuare a minacciare vite umane, l’economia globale e il libero flusso del commercio in i corsi d’acqua critici della regione”. Di fatto l’attacco Houthi sta rappresentando un’azione precisa e indiscutibile contro le forze navali partecipanti all’operazione Prosperity Guardian e il traffico mercantile internazionale e, nei giorni scorsi, il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres si era detto “molto preoccupato” per il “rischio di un’escalation del conflitto più ampio in Medio Oriente”.
La risposta non si è fatta purtroppo attendere e, il 12 gennaio, unità navali statunitensi e aerei britannici hanno attaccato obiettivi strategici houthi nella capitale Sana’a e nel porto di Hodeida sul Mar Rosso. Dalle notizie trapelate sulla stampa internazionale, nella fase iniziale degli attacchi si sarebbero verificate almeno 4 esplosioni nella capitale e 5 nella città portuale dove sarebbero stati colpiti sistemi radar, e piattaforme di lancio missilistiche e dei droni.
L’attacco sarebbe stato condotto da numerose navi e da un sottomarino, l’USS Florida, con missili Tomahawk Land Attack Missile (TLAM), un’arma tattica ormai collaudata ed affidabile per la sua precisione (i primi impieghi si ebbero negli anni ’90 del secolo scorso). Si tratta di un missile da crociera che può essere lanciato da unità navali e sottomarini che, una volta in aria, raggiunge una velocità di circa 800 km orari e può colpire obiettivi a 2500 km di distanza. La sua caratteristica è la precisione garantita da una serie di sistemi basati sul GPS militare, mappe TERCOM (Terrain Contour Matching) e DSMAC (Digital Scene-Matching Area Correlator), un sistema che utilizza immagini memorizzate per il controllo della navigazione. Nella fase finale, il missile scende ad un’altitudine di 30-40 metri per sfuggire ai radar nemici e colpisce il bersaglio. L’attacco statunitense del 12 gennaio è stato condotto anche con l’impiego di quattro jet Typhoon britannici, decollati dalla base aerea britannica di Akrotiri, Cipro, riforniti in volo da due aerei cisterna Voyager.
lancio di un missile Tomahawk da un’unità statunitense contro obiettivi houthi, 12 gennaio 2024 – Fonte USN CENTCOM 12 January 2024-2.jpg – Wikimedia Commons
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, con un comunicato ha affermato che i raid sono “una risposta diretta agli attacchi senza precedenti che gli Houthi hanno condotto contro navi nel Mar Rosso. Questi attacchi hanno messo in pericolo personale degli Usa, civili impegnati sulle navi e i nostri partner“. Queste azioni “hanno messo a rischio il commercio e minacciato la libertà di navigazione. Questi attacchi mirati sono un chiaro messaggio, gli Stati Uniti e i partner non tollereranno attacchi al nostro personale né consentiranno a soggetti ostili di mettere in pericolo la libertà di navigazione lungo le rotte commerciali più critiche a livello mondiale“.
Contemporaneamente, il premier britannico Rishi Sunak ha dichiarato che “il Regno Unito difenderà sempre la libertà di navigazione e il libero flusso degli scambi commerciali“, ed ha aggiunto. “Abbiamo intrapreso azioni difensive limitate, necessarie e proporzionate insieme agli Stati Uniti con il supporto non operativo di Paesi Bassi, Canada e Bahrein“, contro obiettivi legati agli attacchi contro le navi, “per colpire le capacità militari degli Houthi e proteggere il trasporto marittimo globale“. Sunak ha evidenziato che gli Houthi si sono resi responsabili di “una serie di attacchi pericolosi e destabilizzanti contro le navi commerciali nel Mar Rosso, minacciando il Regno Unito e altre navi internazionali, causando gravi interruzioni a una rotta commerciale vitale e facendo salire i prezzi delle materie prime. Tutto questo non è tollerabile“.
Una situazione complessa che vede la Russia richiedere la convocazione immediata del consiglio di sicurezza dell’ONU, la Turchia parlare di reazione spropositata, l’Iran fomentare la situazione e la Cina che ha espresso “preoccupazione” per l’aumento dell’instabilità in un’area troppo vicina ai suoi interessi sul territorio africano invitando le parti alla moderazione per prevenire un ulteriore allargamento del conflitto. Continueremo a seguire questa storia, purtroppo da tempo scritta, che ci riguarda molto più da vicino di quanto possiamo pensare, per i risvolti economici che ne deriverebbero a seguito del blocco di un’area vitale per il traffico marittimo commerciale.
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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