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Emergenze ambientali: Plastiche in mare … finalmente qualcosa si muove

tempo di lettura: 4 minuti

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livello elementare 
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ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OVUNQUE
parole chiave: plastiche, decreto Salva mare

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Gli oceani sono diventati un ricettacolo di rifiuti per ogni tipo di plastica. I problemi ambientali e di salute associati all’inquinamento plastico sono un problema internazionale riconosciuto da lungo tempo. Circa l’80% dei rifiuti che si accumulano su terra, litorale, le superfici oceaniche fino ai più profondi fondali marini è composto da plastica. Come sappiamo le materie plastiche hanno dalla loro parte una serie di proprietà davvero uniche: sono economiche, leggere, resistenti, resistenti alla corrosione e con elevate proprietà di isolamento termico ed elettrico. Caratteristiche che le rendono, per ora insostituibili. Questa versatilità di manipolazione ha di fatto rivoluzionato le nostre vite. Non esiste un campo in cui le plastiche non vengono utilizzate: dalla tecnologia dell’informazione alle dotazioni sanitarie, dagli imballaggi ai trasporti. 

il mare restituisce la nostra inciviltà – foto credit Andrea Mucedola

Non sorprende che, con una popolazione mondiale in continua espansione e con standard di vita in continuo miglioramento, la produzione di questi materiali sia aumentata da 0,5 a 260 milioni di tonnellate all’anno dal 1950, rappresentando oggi oltre l’8% dei derivati dalla produzione mondiale di petrolio.

Antropocene vs Plastocene
Si parla molto dell’entrata della Terra in una nuova epoca geologica. Alcuni dicono che Antropocene non rappresenti più pienamente l’Era in cui i processi che hanno plasmato la Terra sono sempre più influenzati dall’Homo sapiens. Grazie alle nuove tecnologie, il mondo circostante diventa sempre legato alle plastiche al punto che l’Era nella quale stiamo vivendo potrebbe essere definita più propriamente Plastocene. Purtroppo, non ne possiamo fare a meno ed è diventata parte della nostra esistenza quotidiana. Basta guardarvi intorno, siamo tutti circondati da plastiche di caratteristiche diverse: da quelle dure dei contenitori agli imballaggi degli alimenti, fino alle nanoplastiche contenute nei filtri delle sigarette che penetrano nel terreno raggiungendo le falde acquifere da cui attingiamo le nostre acque. Possiamo dire che siamo affogati in un mondo di plastica che produce rifiuti purtroppo spesso duraturi e che esisteranno ancora fra migliaia di anni. Un pensiero terrificante se consideriamo che negli anni ’60 meno dell’1% dei nostri rifiuti era composto da questi materiali ed ora siamo oltre l’80% in molti Paesi del mondo.

Uno dei problemi maggiori  è che una parte importante della plastica prodotta ogni anno viene ancora utilizzata per realizzare articoli monouso o comunque a vita breve. Buste non degradabili sono ancora disperse nell’ambiente insieme a detriti di plastiche di forme e colori diversi.  I vantaggi maggiori che la hanno resa così popolare sono in realtà la fonte maggiore di problemi. Leggerezza, malleabilità e durabilità sono ottenuti aggiungendo sostanze chimiche tossiche per l’ambiente che vengono poi rilasciate ed entrano nella nostra catena alimentare e nelle falde acquifere. 

Anche gli oggetti in plastica che galleggiano diventano involontari portatori di sostanze nocive. La lenta fotodegradazione e l’abrasione ne provoca la rottura in miriadi di pezzi sempre più piccoli che, secondo un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP 2009), “possono essere consumati dal più piccolo animale marino alla base della rete alimentare “.

Per la serie tutto finisce in mare
Gli ambienti marini salini e l’effetto di raffreddamento della temperature delle acque  fanno sì che il degrado richieda tempi di esposizione molto lunghi. La persistenza di detriti di plastica è fortemente dimostrata dal ritrovamento in fosse abissali di plastiche del secolo scorso. Fece scalpore la scoperta nello stomaco di un uccello marino di plastica originata da un aereo abbattuto 60 anni prima a circa 9.600 km di distanza.

La loro galleggiabilità comporta che possono diventare preda delle correnti  oceaniche in vortici infernali di sempre maggiori dimensioni, che le raccolgono e trasportano attraverso i bacini oceanici. Ma la contaminazione non si estende solo alle coste e si spinge nel blu, verso le zone più profonde del mare, dai poli all’equatore ed alle isole più remote. Il numero crescente di segnalazioni di detriti di plastica galleggianti e sommersi aiuta a comprendere la magnitudine del problema significando che questi vortici non si limitano agli oceani ma si originano anche in mari relativamente chiusi come il Mediterraneo.

Un passo avanti per salvare il mare
Iniziative di contrasto al fenomeno sono dilagate in questi ultimi anni in tutto il mondo; da campagne di raccolta e pulizia dei litorali al monitoraggio delle superfici marine. In Italia, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Sergio Costa, ha approvato un disegno di legge che introduce disposizioni per la promozione del recupero dei rifiuti in mare e per l’economia circolare. Il testo ha l’obiettivo di contribuire al risanamento dell’ecosistema marino e alla promozione dell’economia circolare, favorire il recupero dei rifiuti accidentalmente pescati dai pescatori, incentivare campagne volontarie di pulizia del mare e sensibilizzare la collettività per la diffusione di modelli comportamentali virtuosi rivolti alla prevenzione del fenomeno dell’abbandono dei rifiuti negli ecosistemi marini e alla corretta gestione degli stessi.

In particolare, questo disegno di legge disciplina la gestione e il riciclo dei rifiuti accidentalmente raccolti in mare a mezzo delle reti durante le operazioni di pesca e dei rifiuti volontariamente raccolti. Tali rifiuti, un tempo ributtati in mare, potranno essere quindi recuperati e gestiti al rientro in porto senza gravare sui raccoglitori, tramite strumenti di servizio le cui spese saranno coperte da una specifica componente della tassa sui rifiuti. Inoltre, al fine di diffondere modelli comportamentali virtuosi rivolti alla prevenzione del fenomeno dell’abbandono dei rifiuti nell’ecosistema marino e alla loro corretta gestione, si prevede l’attribuzione di una certificazione ambientale agli imprenditori ittici che si impegnino a utilizzare materiali a ridotto impatto ambientale, partecipino a campagne di pulizia del mare o conferiscano rifiuti accidentalmente pescati.

Un passo avanti importante per la lotta alle plastiche in mare che, ci auspichiamo, venga seguito dal ritorno dell’obbligo di insegnamento nelle scuole dell’educazione ambientale. Questo fattore è considerato assolutamente necessario per forgiare nuove generazioni eco consapevoli in grado di mitigare con il loro comportamento l’afflusso di questi rifiuti in mare. Tanto si è fatto … ma tanto c’è ancora da fare per il nostro futuro.

rifiuti abbandonati su una spiaggia in una zona archeologica del litorale romano … è questa la nostra civiltà? – foto credit Andrea Mucedola

Andrea Mucedola

 

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1 commento

  1. Bruno Cammarota Bruno Cammarota
    10/04/2019    

    Molto bene, congratulazioni Andrea. Quello che particolarmente condivido è il tuo stile documentaristico. E’ importante l’informazione scientifica coerente, proposta con grande capacità di comunicazione del suo “core” che arriva al grande pubblico. Altro aspetto importante è riunire anche altro alle immagini drammatiche della violenza sulla vita delle specie e sull’ambiente, azione da decerebrati che ci allarma sulla possibile regressione da Homo sapiens sapiens ad Homo non sapiens non sapiens. Qualcosa sta cambiando dici bene e a tratti con una accelerazione SORPRENDENTE (vedi Puglia Comune di Napoli etc…) vedi normativa europea protezionistica. Importante comunicare anche il valore dei piccoli gesti individuali. Ho avuto modo di indicare come l’appartenenza alla CE ci imponga di osservarne le direttive ma non ci impedisce di anticiparle quando sono virtuose e questo ne è un caso. Credo che il Disegno di legge proposto dal Ministro Costa sia un eccellente passo ma possa prevedere strumenti più efficaci per retribuire i pescatori che recuperano la plastica e indicare obiettivo di ricerca applicata e prioritaria sul ricondizionamento delle plastiche pescate per introdurle correttamente in filiera di riciclo. Mi fermo per ora. ciò che fai è esattamente ciò che dobbiamo e chi ha esperienza e conoscenza la metta come te a disposizione della popolazione, grazie Andrea, sei una specie di Marsili ma in senso buono.

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