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livello medio
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ARGOMENTO: ASTRONOMIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: pulsar, supernove, stelle a neutroni
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Rappresentazione artistica del sistema Ngc 1851 nell’ipotesi che la stella compagna massiccia sia in realtà un buco nero. La stella sullo sfondo, la più luminosa, è la sua compagna orbitale, la radio pulsar Ngc 1851E. Le due stelle sono separate da otto milioni di km e ruotano l’una attorno all’altra ogni sette giorni. Credit: Daniëlle Futselaar (artsource.nl)
Lo spazio continua a meravigliarci: gli astronomi hanno individuato un misterioso oggetto cosmico che potrebbe essere il buco nero più “leggero” mai individuato o la stella di neutroni più pesante mai scoperta oppure … qualcosa di completamente nuovo per la scienza. Un nuovo mistero su un universo che appare sempre più diverso da come ce lo eravamo immaginato
Tutto nasce da una fine
Sia i buchi neri che le stelle di neutroni sono resti stellari, ciò che rimane quando le stelle massicce terminano la loro vita generando delle supernove. Sebbene la loro genesi possa essere simile, gli astrofisici hanno scoperto che possono avere masse molto diverse arrivando a pesare quanto miliardi di soli, al contrario delle stelle di neutroni che raramente diventano più pesanti di circa tre masse solari. Ed ecco la scoperta: un nuovo oggetto che appartiene alla formazione di Gaia, a 40.000 anni luce di distanza dalla Terra che si trova all’interno di un denso globulo di stelle denominato Ngc 1851 (Caldwell 73). In parole semplici, Caldwell 73 è un insieme di centinaia di migliaia di stelle mantenute unite dalla loro stessa forza di gravità, formatosi circa 13 miliardi di anni fa, quando l’universo aveva appena 800mila anni e la nostra galassia stava attraversando le prime fasi di formazione. Il misterioso corpo stellare è stato individuato attraverso i rapidi lampi della sua compagna orbitante — una stella di neutroni rotante (pulsar) che emette un raggio di luce una volta ogni 6 millisecondi come se fosse un radiofaro stellare.
esempio pittorico delle emissioni di una pulsar – Autore Michael Kramer – Fonte http://www.jb.man.ac.uk/~mkramer/Animations.html Lightsmall-optimised.gif – Wikimedia Commons
Questa straordinaria scoperta, pubblicata su Science, si deve ad un gruppo di astronomi dell’osservatorio Meerkat, Sud Africa. L’’oggetto, reso noto da un articolo firmato anche da ricercatori dell’Inaf e dell’Università di Bologna, potrebbe essere la prima scoperta di un sistema binario pulsar-buco nero: una coppia stellare che consentirebbe di effettuare nuovi test sulla validità della teoria della relatività generale di Einstein.
Facciamo un passo indietro
Cosa sono le pulsar? Sono stelle di neutroni luminose e intermittenti, dei resti compatti (una ventina di chilometri di diametro) ed estremamente densi di potenti esplosioni di supernove. Molteplici evidenze indicano che i buchi neri si formano dal collasso di stelle molto più massicce di quelle che producono le stelle di neutroni alla fine della loro evoluzione. In questo caso, la massa minima del nascente buco nero è circa 5 volte la massa del Sole. Gli astronomi del Trapum (Transients and Pulsars MeerKat) e del MeerTime, hanno rilevato e studiato dei deboli impulsi provenienti da una stella dell’ammasso, identificandola come una pulsar radio: un tipo di stella di neutroni che gira molto rapidamente ed emette onde radio nell’universo, come un faro cosmico. Questa pulsar, denominata Ngc 1851E ruota su se stessa più di 170 volte al secondo e, ad ogni rotazione, produce un impulso energetico ritmico, come il ticchettio di un orologio.
«Il ticchettio di questi impulsi è incredibilmente regolare. Osservando come cambiano i tempi dei ticchettii, tramite una tecnica chiamata pulsar timing, siamo stati in grado di effettuare misurazioni estremamente precise del moto orbitale di questo oggetto», spiega Ewan Barr dell’Istituto Max Planck per la radioastronomia di Bonn, primo autore dello studio insieme alla dottoranda Arunima Dutta dello stesso Istituto.
ipotetica storia della formazione della radiopulsar Ngc 1851E e della sua stella compagna. Crediti: Thomas Tauris (Aalborg University / MPIfR)
L’estrema regolarità degli impulsi osservati ha inoltre permesso – grazie al telescopio spaziale Hubble – che l’oggetto in orbita attorno alla pulsar non è una normale stella, bensì un residuo estremamente denso di una stella collassata. Le osservazioni hanno mostrato che l’orbita stia progressivamente cambiando l’orientamento rispetto a noi (un effetto chiamato tecnicamente “precessione del periastro” e previsto dalla relatività generale) e che la compagna ha una massa che è contemporaneamente più grande di quella di qualsiasi stella di neutroni conosciuta ma più piccola di quella di qualsiasi buco nero conosciuto, posizionandola esattamente nel gap di massa dei buchi neri, ovverosia quell’intervallo di masse per le quali la teoria non è in grado di stabilire se si abbia a che fare con un buco nero leggero o una stella di neutroni pesante».
Secondo Alessandro Ridolfi, ricercatore all’Inaf di Cagliari e primo autore, nel 2022, della scoperta di Ngc 1851E questo sistema binario mostrava caratteristiche peculiari, in particolare per quanto riguarda l’elevata massa della stella compagna. «Se si rivelerà essere un buco nero», prosegue Cristina Pallanca, ricercatrice al Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Bologna, «avremo individuato il primo sistema binario composto da una pulsar e un buco nero, una sorta di Santo Graal dell’astronomia. Grazie a esso avremo un’opportunità senza precedenti per testare con altissima precisione la teoria della relatività generale di Albert Einstein e, di conseguenza, per comprendere meglio le proprietà fisiche dei buchi neri». «Se invece si trattasse di una stella di neutroni», aggiunge Marta Burgay, un’altra ricercatrice di Inaf di Cagliari «la sua massa elevata imporrà nuovi vincoli alla natura delle forze nucleari, vincoli che non si possono ottenere con nessun esperimento di laboratorio».
Le antenne del radiotelescopio MeerKat, in Sudafrica – Crediti: SARAO
Si ritiene che una collisione tra due stelle di neutroni creò l’oggetto massiccio che ora orbita attorno alla radio pulsar. La scoperta di questo oggetto misterioso mette in luce le potenzialità degli strumenti oggi disponibili agli astronomi, tra cui il telescopio MeerKat, che ha scoperto ad oggi ben 87 pulsar e che sarà presto supportato dai dati del rivoluzionario radiotelescopio Ska. Le collisioni fra stelle di neutroni potrebbero costituire ulteriori eventi, rari ma di grande interesse, per telescopi per onde gravitazionali, come Virgo, Ligo e il futuro Einstein Telescope.
In estrema sintesi, secondo i ricercatori, esiste un divario sostanziale tra le masse della stella di neutroni più pesante misurata e quella del buco nero più leggero mai misurato. Ulteriori studi potranno aiutare gli scienziati a comprendere come oggetti misteriosi come le pulsar e le stelle a neutrini interagiscono o si formino a seguito delle esplosioni delle supernove.
in anteprima il Ngc 1851 (detto anche Caldwell 73) un ammasso globulare densamente fitto di stelle che contiene la stella binaria 1851E. A differenza delle stelle di molti ammassi globulari conosciuti, che hanno più o meno la stessa età, il che indica che le stelle si sono formate più o meno nello stesso periodo, C73 ospita popolazioni stellari di età diverse. L’ammasso è inoltre circondato da un diffuso alone di stelle. Sebbene le origini dell’alone e delle popolazioni di stelle multiple siano sconosciute, un’ipotesi è che sia un residuo di due ammassi che si scontrarono all’interno di una galassia nana che un tempo li ospitava entrambi. Crediti: NASA, ESA e G. Piotto (Università degli Studi di Padova); Elaborazione: Gladys Kober (NASA/Università Cattolica d’America)
Riferimenti
“A pulsar in a binary with a compact object in the mass gap between neutron stars and black holes”, di E. Barr, Arunima Dutta, Paulo C. C. Freire, Mario Cadelano, Tasha Gautam, Michael Kramer, Cristina Pallanca, Scott M. Ransom, Alessandro Ridolfi, Benjamin W. Stappers, Thomas M. Tauris, Vivek Venkatraman Krishnan, Norbert Wex, Matthew Bailes, Jan Behrend, Sarah Buchner, Marta Burgay, Weiwei Chen, David J. Champion, C.H. Rosie Chen, Alessandro Corongiu, Marisa Geyer, Y. P. Men, Prajwal V. Padmanabh e Andrea Possenti pubblicato su Science
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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