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ARGOMENTO: OCEANOGRAFIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANI
parole chiave: morfologia, canyon, geologia
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Cosa sappiamo dei fondali abissali?
Per assurdo conosciamo ancora molto poco degli abissi del mare sia dal punto di vista biologico che oceanografico. Nelle profondità degli oceani esistono canyon di dimensioni equivalenti se non maggiori del più noto Grand canyon statunitense. Queste spaccature spezzano la continuità delle piattaforme continentali con profonde fenditure che raggiungono le piane abissali. Spesso questi canyon sottomarini si estendono dalla costa fino al profondo bordo del mare della piattaforma.
Genesi dei canyon profondi
Ci sono molte teorie sulla loro origine che non si escludono l’una dall’altra. In generale violenti fenomeni geologici e atmosferici, che avvennero in Ere lontane, causarono queste gigantesche fenditure della Terra, modificando profondamente i contorni dei fondali.

queste spaccature, originatesi milioni di anni orsono, si spingono verso il largo sprofondando negli abissi, antiche testimonianze di quando i mari erano molto più bassi
Alcuni si formarono durante le glaciazioni, altri a causa del trasporto dei sedimenti generati da frane sottomarine di enormi masse di roccia e sedimenti. Non trascurabili furono gli effetti dell’idrodinamismo (in particolare durante violente tempeste) e i movimenti orizzontali e verticali legati ad eventi sismici prodotti dalla frizione delle falde.
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Profonde ferite della Terra
La ricerca oceanografica ha individuato molti di questi antichi canyon che ancor oggi nascondono molti segreti. Anticamente i livelli dei mari erano più bassi a causa delle glaciazioni che occupavano gran parte del pianeta. Questi canyon erano in superficie ed ospitavano fiumi turbolenti che scavavano le loro pareti (come il fiume Colorado nel Grand canyon), trasportando sedimenti e detriti verso i protomari. Con l’innalzarsi delle temperature, i ghiacci si sciolsero ed i mari si sollevarono, sommergendo queste imponenti strutture geologiche. Questo è il motivo per cui negli abissi sono presenti queste profonde scanalature morfologiche.
Il canyon sottomarino più grande e profondo mai scoperto è stato scoperto nel Mare di Bering ed è stato chiamato Zhemchug Canyon. Le sue dimensioni sono straordinarie: per dare un’idea è più profondo del Grand Canyon, che ha un’altezza rispetto alla sua base di soli 1857 metri, ed ha un rilievo verticale che scende dalla piattaforma poco profonda del Mare di Bering fino alle profondità abissali del Bacino aleutiano fino ad una profondità di 2600 metri, estendendosi su un’area di 11.350 chilometri quadrati. Il canyon di Zhemchug ha due rami principali, ciascuno più grande dei canyon marginali continentali più famosi, come il Monterey Canyon.
In quelle fredde e profonde acque ricche di ossigeno, flussi di correnti trasportano nutrienti planctonici che risalgono dalle profondità del canyon, fornendo sostentamento a numerose forme di vita.

Un granchio reale d’oro (Aequispinus lithodes) su una spugna raccolti durante le ricerche nel Zhemchug Canyon nel mare di Bering
Oltre agli aspetti geologici il canyon di Zhemchug è un habitat importante per molte specie della fauna marina oceanica. Ad esempio, mammiferi marini come le foche nordiche, i delfini e molte specie di balene vivono in quelle acque. Sulle pareti rocciose si ritrovano invertebrati, coralli e spugne. Tra di essi anche dei curiosi granchi che sono stati raccolti dai ricercatori della nave oceanografica M/V Esperanza che da molti anni studia le caratteristiche geologiche e biologiche del canyon. Nel 2016, l’oceanografa Michelle Ridgeway ha esplorato il canyon in una spedizione sponsorizzata da Greenpeace, raggiungendo la profondità di 536 metri sotto la superficie.
Un altro interessante canyon, di relativamente recente scoperta, è il Canyon di Perth, situato al largo della costa dell’Australia occidentale. Gli scienziati dell’Ocean Institute della University of Western Australia hanno condotto l’esplorazione di questo canyon sottomarino che si estende dalla piattaforma continentale per oltre quattro chilometri sul fondo oceanico. Utilizzando sistemi di mappatura all’avanguardia ed il ROV della nave da ricerca Falkor, gli oceanografi lo hanno esplorato ad una profondità di oltre 2000 metri, mappandone dettagliatamente 154 miglia quadrate.

batimetria del grande canyon di Perth, Australia
Anche in questo caso, il canyon sommerso si è dimostrato un hot spot straordinario per la vita marina, attirando molti mammiferi marini grazie alla sua ricchezza ittica. Durante l’esplorazione i ricercatori hanno incontrato innumerevoli organismi tra cui anemoni Venere e un meraviglioso corallo dorato.

la vita sul fondo del canyon Zhemchug
Inoltre, sono state catalogate numerose creature abissali lungo le sue pareti tra cui stelle e coralli molli a fungo. L’esplorazione ha impiegato sistemi allo stato dell’arte, che hanno permesso di rivelare molte informazioni su queste strutture geologiche complesse ma anche di trovare sul fondo un glider (veicolo autonomo subacqueo impiegato per le ricerche oceanografiche) che era scomparso due anni prima.
Probabilmente, il canyon di Perth si formò più di cento milioni di anni fa, quando un antico fiume lo generò nella regione emersa che separava l’Australia occidentale dall’India. Una zona geologica particolare in cui la crosta terrestre e la litosfera si trovano in condizioni tettoniche distensive. Esse, sotto l’azione delle forze generate dai movimenti convettivi del mantello terrestre sottostante, vennero separate, creando così la profonda spaccatura. Lo studio di queste enormi spaccature oceaniche fornisce la possibilità di conoscere habitat straordinari dal punto di vista geologico e biologico ma anche di comprendere meglio i fenomeni profondi delle masse d’acqua. Attraverso l’analisi dei dati satellitari sono stati scoperti fenomeni oceanografici di grande importanza in prossimità dei canyon. Ad esempio, nelle vicinanze del canyon di Perth, nel giugno del 2006, è stato osservato dallo spazio un misterioso vortice profondo oceanico di 200 chilometri di diametro a mille metri di profondità che potrebbe influenzare gli equilibri che regolano il clima del pianeta.
I vortici profondi
Come ricorderete, gli oceani assolvono una funzione fondamentale sul cambiamento climatico perché contribuiscono ad assorbire le emissioni di anidride carbonica in maniera significativa. Un’azione importante per la nostra sopravvivenza che, solo negli oceani meridionali, trattiene il 40% della CO2. Alcuni scienziati ritengono che queste strutture geologiche possano, in qualche modo, modificare la circolazione dei volumi d’acqua al punto di creare dei vortici profondi abissali. I vortici profondi potrebbero quindi facilitare il trasferimento dell’anidride carbonica nelle profondità dell’Oceano, influenzando di conseguenza il clima del pianeta.
La natura dei grandi vortici profondi oceanici non è conosciuta ma si ritiene che siano generati dalle interazioni delle correnti e dei venti con le strutture sottostanti. Il primo vortice abissale è stato scoperto da un satellite e viene descritto dagli scienziati come una “trappola marina mortale“, in quanto capace di risucchiare molte specie viventi, comprese le larve di pesce pelagiche che sono un importante nutrimento per le forme maggiori di vita marina. Ma quale sia il suo ruolo negli scambi chimico fisici delle masse d’acqua è un mistero ancora tutto da scoprire.

il vortice abissale dallo spazio
.In uno studio pubblicato sul Journal of Fluid Mechanics, un team di scienziati ha analizzato i dati rilevati dalle immagini satellitari ed ha presentato un interesse modello matematico che li assimila a quanto avviene nelle profondità dello spazio. Il loro comportamento appare simile ai buchi neri descritti nella fisica e nella matematica. Gli scienziati ritengono che i canyon potrebbero facilitare la loro formazione, facendo convergere le forze che li generano. Una tesi interessante che richiederà altri studi nelle profondità degli abissi per capirne i segreti.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. E’ docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione scientifica.