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Il misterioso caso del sottomarino russo Losharik

tempo di lettura: 6 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA:  OCEANO ARTICO
parole chiave: sottomarino AS 12, Losharik, operazioni speciali

 

Il 1° luglio del 2019 il sottomarino russo “da ricerca” AS 12 ebbe un grave incidente durante il quale perirono almeno 14 membri dell’equipaggio tra cui il comandante nelle gelide acque artiche. Un evento segreto e misterioso, ancora strettamente custodito negli archivi della flotta russa.

Un evento segreto per la natura della sua missione e misterioso perché, di fatto, non furono mai chiarite le circostanze dell’incidente e soprattutto la non usuale presenza a bordo di diversi ufficiali militari di alto rango. Secondo il ministero della Difesa russa, le vittime morirono a causa dei fumi tossici generati da un incendio scoppiato a bordo di un generico “sottomarino per la ricerca scientifica d’altura” impegnato a mappare i fondali marini artici. In particolare, la dichiarazione del Ministero della Difesa russo, rilasciata dal servizio di notizie statale TASS, affermò che 14 marinai erano morti in acque territoriali russe a causa dell’inalazione di prodotti della combustione a bordo di un sommergibile di ricerca designato per studiare “il fondo del mare nell’interesse della Marina russa”. L’incendio, secondo la nota, scoppiò durante “(l’esecuzione di) misurazioni batimetriche” ma fu poi estinto grazie al “sacrificio personale” dell’equipaggio. Il presidente Vladimir Putin riferì ai media che sette dei morti erano capitani di prima classe (un grado equivalente a capitano di vascello nella marina militare italiana) di cui due ricevettero la medaglia di Eroi.

Ipotizzando sulle circostanze, la presenza di tanti ufficiali di tale livello non è usuale e potrebbe essere giustificata solo dall’esecuzione di test di nuove apparecchiature e armi, non certo per una semplice campagna idrografica per effettuare misure batimetriche. Dopo l’incendio, il battello subacqueo ritornò alla base militare di Olenya Guba, nella penisola di Kola al di sopra del Circolo Polare Artico, la stessa base del sottomarino Kursk, che affondò nel Mare di Barents nell’agosto 2000 a seguito dell’esplosione ipotetica di un siluro, uccidendo tutti i 118 membri dell’equipaggio.

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Immagine satellitare della base speciale nella penisola di Kola (circa 69°12’58″N, 33°22’42″E) dove il Losharik è tenuto al riparo sotto un capannone (A). Un vecchio sottomarino classe Uniform, ma ancora operativo, è spesso ormeggiato davanti all’hangar (B). Fonte: HI Sutton

Una possibile se non certa identificazione
Sebbene l’identità del battello subacqueo fosse ancora sconosciuta, gli analisti militari ritennero che potesse trattarsi del misterioso “Losharik“, un minisottomarino spia a propulsione nucleare, designato AS 12, in grado di operare a profondità fino a 6000 m, ovvero dieci volte quella dichiarata di un normale sottomarino. Tale tesi fu in seguito confermata dai media russi che affermarono che il sottomarino era proprio l’AS 12 “Losharik”, utilizzato dalla marina russa per “non chiare” operazioni speciali.

Ma di che operazioni si potrebbe occupare?
Durante la guerra fredda furono studiati sistemi subacquei per sabotare, o più semplicemente intercettare ai fini di ascolto, i cavi di comunicazione subacquei. Nella Marina Russa queste azioni sarebbero condotte da minisommergibili come il Paltus  o il Losharink, dotati di manipolatori con bracci meccanici in grado di bypassare o distruggere condotte sottomarine, non necessariamente con esplosivi. Un sommergibile di limitate dimensioni avrebbe infatti consentito un avvicinamento silenzioso occulto con la possibilità di utilizzare mezzi filoguidati o droni per effettuare operazioni di sabotaggio mirate alle condutture. Per incrementare il loro raggio di azione i minisottomarini sarebbero trasportati sotto lo scafo di sottomarini nucleari classe Delta III, adattati in compiti di trasporto.

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Sebbene ricerche in tal senso furono probabilmente condotte da tutte le marine militari con interessi globali, il sottomarino Losharik ha una storia decisamente particolare. Sviluppato concettualmente nel lontano 1988, non fu varato fino all’agosto 2003 a causa dei problemi finanziari legati al crollo dell’Unione Sovietica. Il sottomarino fu designato ufficialmente come [sottomarino] per ricerca, salvataggio e operazioni militari speciali e assegnato alla Direzione Principale della Ricerca in acque profonde, Главное управление глубоководных исследований (GUGI), che fa capo al Ministero della Difesa russo, il cui impiego è piuttosto diversificato, occupandosi di diverse attività:
– ricerche oceanografiche abissali;
– ricerca e salvataggio di sommergibili in pericolo;
– monitoraggio dell’Oceano a livello mondiale;
– collaudo di apparecchiature di emergenza;
– conduzione di ricerche mediche sulla fisiologia delle immersioni e scientifiche.
In pratica un pot pourri di importanti e delicati settori della ricerca navale della marina russa di cui si sa ben poco.

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La nave da ricerca oceanografica “Yantar” è la nave guida del progetto 22010, creato dagli specialisti del Central Marine Design Bureau di Almaz. Il dislocamento della nave è di 5.200 tonnellate cu una lunghezza di 108,1 metri ed una larghezza 17,2 metri. Con una velocità massima di circa 15 nodi possiede due eliche a passo fisso (VFSH) e quattro DG per 1600 kW ciascuno – fonte Topwar

Supportato nelle operazioni in mare dalla nave di ricerca “Yantar” (progetto 22010 “Cruys“), nel 2019, il GUGI ha ricevuto nel tempo altre due navi per “condurre lavori subacquei”: l'”Almaz” (anch’essa appartenente al progetto 22010) e la nave del progetto 02670 “Evgeny Gorigledzhan“. Tutte queste navi possono operare indipendentemente e sono dotate di mezzi subacquei per operare in acque profonde. Alla componente navale del GUGI si affiancano alcuni sottomarini e sommergibili inquadrati nella 29a brigata di sottomarini della Flotta del Nord, tra cui il BS-136 “Orenburg” (sottomarino nucleare speciale del progetto 09786) che fa parte della Flotta del Nord, designato come piattaforma di trasporto subacqueo dell’AS-12 “Losharik”, in grado di lanciare l’altrettanto misterioso drone/siluro Poseidon.

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Oltre al BS 136 Orenburg si sono aggiunti altri due sottomarini da trasporto:
BS-64 “Podmoskovye” (in servizio dal 2016 nella Flotta del Nord), ricostruito dal progetto 667BDRM “Dolphin”;
– K-329 “Belgorod” (in servizio dal 2022, Flotta del Pacifico), originariamente progetto 949A “Antey” e poi completato secondo il progetto 09852.

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K-329 “Belgorod”, Flotta del Pacifico

Si ritiene che in un prossimo futuro si aggiungerà il sottomarino nucleare Khabarovsk (progetto 09851), diventando il terzo vettore conosciuto dei veicoli Losharik e Poseidon (ne potrà portare ben sei).

La cosa è curiosa perché sia il Khabarovsk che il Belgorod furono ideati come sottomarini di attacco per dare la caccia ai sottomarini nemici. Per arrivare rapidamente nelle zone di operazioni furono appositamente dotati di reattori e turbine super efficienti (secondo fonti della Marina russa, i sottomarini Khabarovsk e Belgorod sono circa un quarto più veloci dei loro “compagni di classe” della flotta).

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il sottomarino nucleare Khabarovsk è in grado di lanciare sei droni poseidon – foto ministero della Difesa russa

Torniamo al Losharik
Premesso quanto sopra, parliamo del minisottomarino nucleare Losharik. Innanzitutto, quel nome curioso, che richiama alla memoria un personaggio dei cartoni animati, deriva da un cavallo giocattolo composto da piccole sfere. L’architettura del sottomarino, come vedremo, richiama in qualche modo quella struttura. Il sottomarino viene rilasciato da un sottomarino madre nei pressi della zona di operazione e in seguito può operare indipendentemente.

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Secondo Covert Shores, lo scafo a pressione del sottomarino è infatti formato da sette elementi sferici di titanio interconnessi; sebbene questo limiti lo spazio per alloggi e attrezzature, questo garantisce una maggiore resistenza strutturale, permettendo al piccolo sottomarino nucleare di operare a profondità decisamente profonde. Anche se la sua profondità di operazione massima non è dichiarata, gli analisti ritengono che abbia operato oltre i 2.500 metri di profondità nell’Oceano Artico nel 2012 ma potrebbe scendere a quote ancora più basse. Il suo impiego operativo attuale non è noto ma potrebbe essere in grado di effettuare missioni covert di intelligence e di sabotaggio. Di questi tempi potremmo sentirne parlare presto.

Andrea Mucedola

 

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