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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVIII SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO – SICILIA
parole chiave: Capo Passero, battaglia navale, navi, fregate, galea, brulotto, bombarda
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Molte furono le navi che combatterono la battaglia di Capo Passero; Gabriella Monteleone ce ne dà una sintetica ma esaustiva descrizione.
Bombarda
Piccolo veliero a due alberi: quello di maestra con vele quadre e quello di mezzana, molto vicino alla poppa, in genere con vele auriche. Aveva il bompresso, sul quale erano inseriti più fiocchi, mentre l’albero di trinchetto era stato eliminato per fare posto al grosso pezzo di artiglieria che gli ha dato il nome. Era munito di pezzi di artiglieria a tiro corto (cannoni e mortai).
Il nome era usato anche per navi aventi scopi mercantili nelle quali era inesistente la postazione per il mortaio. Di fatto l’ampio spazio a prora consentiva l’imbarco di pezzi ingombranti come le bombarde; aveva due alberi: quello di maestra, situato quasi alla metà della lunghezza, e quello di mezzana. L’albero maestro era armato con maestra, gabbia e velaccio e con diversi fiocchi; l’albero di mezzana era invece armato con vele auriche.
Brulotto
Battello carico di materiali infiammabili o di esplosivi, che, dotato di mezzi di propulsione o mandato alla deriva, veniva lanciato contro le navi nemiche per provocarne l’incendio o l’esplosione. Venne ideato dall’ingegnere mantovano Federico Giambelli durante l’assedio di Anversa (1586) ad opera di Alessandro Farnese. Fu perfezionato e successivamente utilizzato (nel 1588), dagli inglesi contro l’Invincibile Armada.
Riporto le definizioni dello Zecchini (1860) che riassume i vari tipi di imbarcazioni, con alcuni spunti interessanti (nota della redazione): |
Nave e bastimento sono generici, dicono ogni sorta di naviglio: ma nave assai grossa sempre; bastimento, e grosso, e mezzano, e piccolo. |
Nave però n’è anche una specie; è grosso bastimento a tre alberi, con vele quadre; dicendo nave soltanto, è la mercantile; dicendo nave da guerra può essere vascello, fregata o corvetta, grossissime navi, a tre alberi, il primo di tre ponti, la seconda di uno e mezzo o di due, la terza di un solo. |
Goletta, sottile e leggera nave da guerra, o per meglio dire, da corso, a cui riesce speditissima, per l’apposita sua costruzione; ha pochi cannoni, due, quattro o poco più; serve a portare avvisi: le navi a vapore le renderanno forse da qui innanzi inutili a tal uso. |
Galera era l’antica nave da guerra; spinta e dal vento nelle vele, e da grande quantità di remi; ora fuor d’uso. |
Barca è generico; dicesi più di quelle da fiumi; è larga, piatta, di forma poco svelta, che è la bellezza né bastimenti, si carica di grosse merci, e di legna o carbone e simili. |
Scialuppa è grosso battello o lancia per servizio delle grosse navi e vascelli. |
Brigantino è bastimento a due alberi, di mediocre grandezza, mercantile. |
Tartana è a un di presso ciò che il brigantino, ma forse più piccola e meno leggiadramente costrutta; |
Feluca è più piccola della tartana; ha uno o due alberi con vele triangolari; mercantile essa pure. |
Ma questi nomi, forme, grandezze, usi de’ bastimenti, variano secondo i diversi porti di mare delle diverse nazioni. I nomi qui appresso sono più storici che altro; perché queste specie di bastimenti ora non sono più usati; li registro soltanto per intelligenza di chi li riscontrasse nelle storie per l’appunto. |
Fregata
Veloce nave da guerra di media grandezza ma più piccola del vascello, dotata di tre alberi a vele quadre e di due file sovrapposte di cannoni ubicati nei due ponti della nave.
Le prime imbarcazioni denominate “fregate” comparvero nel XVI secolo nella zona tra la Galizia e la Bretagna, impiegate sia ad uso mercantile che militare. Grazie alla loro maneggevolezza furono adottate dai corsari di Dunkerque, autorizzati dal Re di Spagna ad attaccare le navi della marina olandese durante la guerra d’indipendenza dall’impero di Filippo II d’Asburgo). Nel’700 la vela latina sull’albero di mezzana fu sostituita da una vela al terzo o più spesso da una randa, sul cui picco si poteva inferire una vela latina che prendeva il nome di controranda. Nella metà del XVII secolo scomparve l’albero di bonaventura che venne rimpiazzato da un’asta di controfiocco che permetteva di spiegare un maggior numero di vele di taglio, rendendo queste unità ancor più agili nel risalire il vento e quindi più manovriera, veniva usata anche per compiti scientifici e di ricognizione. (nota della redazione) |
Galea o galera
Bastimento sottile, di circa 50 metri di lunghezza, largo circa 7, con due metri di pescaggio. Aveva da uno a due alberi a vele latine (raramente 3), e da ciascun lato da 25 a 30 banchi per la voga, che per esso era il sistema di propulsione più importante. Fino alla metà del Cinquecento usò remi sensili, cioè ad un sol vogatore: due o tre di tali remi, appoggiati a scalmi ravvicinati, per ogni banco di ciascun lato (perciò due o tre uomini per banco). Si ebbero così rispettivamente la galea bireme, la trireme e la quadrireme. Nel Cinquecento ai remi sensili (manovrati da un solo marinaio) furono sostituiti remi a scaloccio, uno per ogni banco di ciascun lato, maneggiato da 3 a 5 vogatori. Dato l’impiego tattico, la sua artiglieria era sistemata per il tiro in caccia, e consisteva in un cannone posto all’estremità prodiera della corsia (cannone di corsìa o corsiero), di altri quattro cannoni posti lateralmente al primo, e di varie altre piccole bocche da fuoco sui fianchi.
Disegno di una Galera, Parigi 1772. Grande incisione tratta dall’Enciclopedia di Diderot edita in Parigi, raffigurante una Galera vista di fianco con disegni delle ancore intitolata al centro Marine Dessein d’une Galere à la Rame nommée la Réale. In basso a sinistra: Gaussier sur les desseins de M.r Belin ingenieur de la Marine ed infine in basso a sinistra Bernard Fecit.
Le galee erano unità da linea e formavano il grosso di una forza navale: si avvicinavano al nemico, in linea di fronte, facendo fuoco con le artiglierie e mirando ad un sollecito arrembaggio. Per avere la massima facilità di evoluzione, senza la soggezione al vento, questi bastimenti imbrogliavano o ammainavano le vele e si avvicinavano al nemico con i soli remi.
Tartana
La tartana era un battello da carico tipicamente mediterraneo, lungo dai 15 ai 20 metri, utilizzato fino ai primi anni del XX secolo. La tartana fu molto diffusa nel settore occidentale del bacino mediterraneo, dall’Algeria fino alla Francia, dall’Italia fino alla Spagna. Ancora nel XIX secolo, la Tartana, con la sua prua a volta e la lunga serpe assomigliava allo Sciabecco, ma aveva una costruzione più larga e dimensioni molto più ridotte. Aveva forte insellatura ed era attrezzata con un albero di maestra e l’albero di trinchetto, oppure albero di mezzana. Verso la fine del XIX secolo, la tartana venne notevolmente semplificata; sparirono la serpe e la poppa a volta e l’alberatura venne limitata ad un solo albero. Lo scafo ha una sezione maestra a U, spellatura ridotta e struttura del ginocchio tonda, con fianchi leggermente inarcati su chiglia e corpo poppiero slanciato. L’insellatura è modesta, ma marcata nei battelli spagnoli. La ruota di prora è convessa e generalmente a cascata; specialmente nelle Tartane spagnole, la ruota sporge al disopra della murata.
La poppa è aguzza, il dritto di poppa è a cascata e lineare. L’attrezzatura è caratteristica: l’albero, piuttosto alto e verticale, è spostato leggermente in avanti rispetto al centro nave e porta una grande vela latina inserita su un’antenna molto inclinata. Una grande vela di prua è fissata al lungo bompresso. Alcune Tartane hanno una freccia sull’albero e alzano una vela di gabbia triangolare tra l’albero e l’asta della vela latina. L’attrezzatura delle Tartane più grandi comprende talvolta un piccolo albero di mezzana in posizione molto arretrata con vela latina. Intorno al 1900, l’attrezzatura della Tartana venne ulteriormente semplificata, fissando I’antenna della vela latina all’albero.
Vascello
Nave di linea nelle flotte militari dei secoli XVII, XVIII e XIX. Sviluppatosi in Olanda nel Seicento come ultimo stadio evolutivo del galeone, aveva uno scafo solido e potenti artiglierie. Attrezzato con vele quadre su tre alberi con bompresso, raggiunse nel corso del Settecento e nella prima metà del secolo successivo dislocamenti superiori anche alle 5000 tonnellate.
Architettura navale L’innovazione più importante, fu il perfezionamento della vela nonché dell’armamento delle navi da guerra. Tra i costruttori navali più innovativi ricordo sir Anthony Deane che effettuò i primi studi sul rapporto tra i pesi imbarcati e la forma della carena. Nel 1761, in Gran Bretagna, venne adottata la tecnica della protezione degli scafi attraverso delle lastre di rame lungo la carena. Inoltre vene adottata la doppia ordinata. rinforzando di fatto lo scafo che veniva raddoppiato. Nel tempo il legname fu sostituito, passando dal rovere (quercus robur) al teak che era stato scoperto grazie ai commerci con l’oriente alla fine del XVIII secolo. (nota della redazione) |
Per concludere questa illustrazione delle navi di entrambe le flotte che si scontrarono a Capo Passero, va menzionato che erano presenti anche molte navi onerarie, adibite al trasporto delle vettovaglie, ed una o più navi ospedale.
Tattiche navali Nel XVII secolo avvennero delle importanti innovazioni che portarono le marine militari di tutto il mondo, alla creazione del vascello. Questo tipo di navi da guerra modificarono le tattiche di combattimento con l’adozione della formazione di combattimento chiamata linea di fila, impiegata fino ai giorni nostri. Nelle Admiralty Fighting Instructions della UK Royal Navy si riportava che la formazione avrebbe avuto la massima efficacia se ogni unità impiegata avesse avuto analoghe prestazioni ovvero che «tutte le navi che la compongono possano avere la medesima velocità, siano in grado di manovrare nello stesso modo e dispongano di un armamento sufficiente per evitare che una unità si trovi contro una nave nemica con volume di fuoco superiore». Questa affermazione comportò che da quel momento tutte le navi militari vennero classificate secondo il loro potenziale bellico, ovvero in base al numero di cannoni imbarcati, ed alla loro velocità. Nella I, II e III classe vennero inquadrati i vascelli da battaglia (ad esempio vascello, fregata e corvetta), nella IV classe le navi destinate alla scorta di convogli ed alle spedizioni in acque straniere, nella V classe le unità destinate alla esplorazione ed alle trasmissioni, nella VI infine le unità guardacoste. Ovviamente al tempo il combattimento era solo di superficie. Bisognerà arrivare nel XIX secolo per vedere questa definizione sostituita dalla capacità tridimensionale contro aerei e sommergibili, comportante la specializzazione delle navi denominate (in onore della tradizione velica) in corvette (dedicate ad un tipo di lotta) e fregate fino all’evoluzione delle navi da battaglia in caccia e portaerei. Oggigiorno appaiono denominazioni diverse legate al loro impiego ed alle loro capacita in termini di difesa ed offesa. (nota della redazione). |
Gabriella Monteleone Sovrintendenza del mare siciliana – Unità Operativa III
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estratto dal saggio pubblicato su Ricerche per mare – edito dalla Sovrintendenza del mare Siciiana. 2018 a cura di Alessandra de Caro e Sebastiano Tusa.
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