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Petizione OCEAN4FUTURE

Titolo : Impariamo a ridurre le plastiche in mare

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seguite il LINK per firmare la petizione

  Address: OCEAN4FUTURE

L’Archeozoico: la nascita della vita negli oceani – Parte II

Reading Time: 6 minutes

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livello elementare
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ARGOMENTO: PALEONTOLOGIA
PERIODO: 3,8 MILIARDI – 570 Ma
AREA: DIDATTICA
parole chiave: oceani
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Le prime terre emerse in un oceano primordiale
Nell’Archeozoico (Archeano), il periodo che va da 3,8 miliardi a 570 milioni di anni fa, si formarono le catene rocciose più antiche della Terra e comparve il primo essere vivente unicellulare. Come abbiamo raccontato nell’articolo precedente, il pianeta Terra aveva già una crosta solida in cui si distinguevano ampie aree depresse occupate dagli oceani primordiali.

ere-geologiche

Oltre che in Australia e in Groenlandia, dove affiorano ancora i frammenti più antichi dei continenti attuali, in Africa, in Siberia e nel Sud America si ritrovano rocce sedimentarie antiche dai 3,4 ai 3 miliardi di anni. Esse sono note come scudi o cratoni e sono composte da complesse successioni di rocce metamorfiche in molti casi intruse da grandi corpi ignei. In alcuni scudi, compaiono le ofioliti o rocce verdi, dei resti di crosta oceanica che sono testimonianze degli sconvolgimenti geologici derivanti dalla deriva dei continenti.

ofioliti

Ofioliti, sezioni di crosta oceanica e del sottostante mantello che sono state sollevate o sovrapposte alla crosta oceanica fino ad affiorare. Il nome ofiolite, dal greco ὄφις= serpente e λίθος = roccia, letteralmente roccia serpente, è dovuto alla loro caratteristica colorazione verdognola, che ricorda la pelle di molti rettili . 

Gli archeo-continenti
Dopo la loro nascita, i continenti cominciarono ad andare alla deriva sul mantello fluido sottostante. Grazie ai dati paleo magnetici gli scienziati sono stati in grado di ricostruire la posizione reciproca delle aree continentali. Nell’Archeozoico sono stati ritrovati indizi dell’esistenza di almeno tre supercontinenti, formatisi e disgregatisi in continuazione, ecco i loro nomi:

  • Kenorlandia, fra 2,7 e 2,2 miliardi di anni fa che comprendeva la Laurentia (il nucleo di quello che oggi sono il Nord America e la Groenlandia), la Baltica (l’attuale Scandinavia e i paesi baltici), l’Australia occidentale e il Kalahari;
  • Columbia o Hudsonia, tra 1,8 ed 1,5 miliardi di anni fa, che comprendeva Laurentia, Baltica, Siberia, Ucraina, Amazzonia, Australia, il Nord della Cina e il Kalahari, e si estendeva per ben 13.000 km lungo l’asse nord-sud;
  • Rodinia (dal russo rodit, “generare”), tra 1,3 e un miliardo di anni fa, un’area centrata probabilmente a sud dell’equatore e ricoperta allora da vaste calotte glaciali.

rodinia

Molte porzioni della crosta archeana racchiudono oggi importanti giacimenti minerari di ferro, nichel, rame, cromo, oro, argento e uranio. I primi organismi in grado di realizzare la fotosintesi ebbero il loro ruolo nella formazione dei giacimenti. In quel periodo cominciò a formarsi ossigeno libero che, reagendo con il ferro in soluzione nelle acque, provocò la sua precipitazione sotto forma di ossido di ferro insolubile nel fondo dei mari. Solo quando la maggior parte del ferro presente in soluzione fu rimosso, cessò la formazione di tali giacimenti e cominciò ad aumentare la concentrazione di ossigeno libero nelle acque e quindi  nell’atmosfera. L’esistenza dei depositi di ferro è pertanto indice di un processo fotosintetico, e quindi rappresenta una prova che al tempo della loro formazione la vita si era già abbondantemente stabilita nelle acque.

E la vita comparve
L’evento più straordinario della storia del nostro pianeta avvenne quindi nelle acque degli oceani primordiali circa 3 miliardi e 800 milioni di anni fa quando comparve il primo essere vivente unicellulare. Le copiose piogge trasportavano i composti dell’atmosfera primigenia (principalmente CO2, CH4 ed altri componenti) nei fiumi e quindi nel mare. In questo ambiente il brodo primordiale subiva scariche di energia dalle scariche elettriche dei fulmini.  Si formarono molecole più complesse, gli aminoacidi, ovvero le basi chimiche della vita. Con la formazione dell’RNA e del DNA, essi si aggregarono in una struttura complessa, il coacervato, un’aggregazione sferica di molecole lipidiche che formavano un’inclusione colloidale con proprietà osmotiche e si formano spontaneamente in alcune soluzioni organiche diluite.

albero_genealogico_viventi

l’albero della vita

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Da lì si passò ai protobionti, organismi microscopici, forse simili ai batteri attuali, eterotrofi ovvero non in grado di sintetizzare in modo autonomo le sostanze nutritive organiche loro necessarie e quindi costretti ad assumerle direttamente dall’ambiente circostante.

Questo processo richiede che l’organismo eterotrofo sia immerso costantemente in acqua o almeno in un ambiente umido.

In questo caso, la vita sarebbe nata in diversi punti della superficie terrestre e in diverse epoche indipendentemente l’una dall’altra. Le popolazioni separate potrebbero essersi mescolate, scambiandosi materiale genetico. Un unica famiglia che alla fine è diventata l’antenato di tutti noi. Per questo motivo tutte le forme di vita sono probabilmente geneticamente correlate tra loro.

E se tutto fosse nato in fondo al mare?
Le teorie sono molte e c’è chi pensa che l’origine della vita possa essere avvenuta  nelle oscure profondità marine, dove la luce del sole non giunge da miliardi di anni. Nel 1977 presso le isole Galapagos l’Alvin, osservò l’esistenza di forti sorgenti idrotermali battezzate fumarole nere o black smoker.

sorgenti-idortermail-sul-fondo-del-pacifico

I black smoker o fumarole nere sul fondo degli abissi dove la luce solare è completamente assente e i pochi esseri viventi (come archea ed estremofili) devono trasformare il calore, il metano e i composti solforati in energia attraverso un processo detto chemiosintesi. Questi organismi sono cibo di forme di vita più complesse, come i “vermi tubicoli” (Riftia pachyptila) ed i molluschi. Questi organismi, alla base della catena alimentare,  depositano minerali alla base delle fumarole, completando così il ciclo vitale. In questi ambienti estremi vengono continuamente scoperte nuove ed insolite specie come il “verme di Pompei” (Alvinella pompejana) e un gasteropode corazzato, il Crysomallon squamiferum, ritrovato nel 2001 durante una spedizione nell’oceano Indiano, nel campo idrotermale di Kairei.

Esse si formano quando acqua a temperatura altissima (oltre i 400 °C) proveniente da sotto la crosta terrestre trova uno sbocco attraverso il fondo dell’oceano. L’acqua è ricca di minerali in soluzione (soprattutto solfuri, ferro, rame e zinco) che cristallizzano formando intorno alle sorgenti una struttura rocciosa simile ad un camino. Quando l’acqua surriscaldata viene a contatto con la freddissima acqua oceanica, molti minerali precipitano dando origine al caratteristico colore nero, da cui il nome. L’acqua emessa è estremamente acida ed il suo pH può scendere fino a 2,8. Nel novembre 2009 fu scoperta nei Caraibi la fumarola nera più profonda del mondo, che emette acqua bollente a ritmo continuo ad oltre 5.000 metri sotto la superficie marina nella fossa delle Cayman.

riftia

Riftia pachyptila

A dispetto della chimica le aree che circondano simili camini brulicano di vita, come la Riftia pachyptila, un verme gigante, senza né bocca né intestino, che sopravvive grazie alla simbiosi con batteri in grado di consumare il velenoso acido solfidrico che esce dalle fumarole. Nell’Oceano Indiano è stato addirittura scoperto un gasteropode corazzato, il Crysomallum squamiferum, che possiede una corazza composta da solfuri di ferro (pirite) invece che da carbonati come gli altri gasteropodi. In habitat così estremi la luce solare è completamente assente, e gli organismi che vi vivono trasformano in energia il calore, il metano e i composti solforati attraverso un processo detto chemiosintesi.

fumarole-bianche

fumarole bianche

C’è da chiedersi se la vita  sia  nata proprio nelle vicinanze di queste fumarole. Nel dicembre del 2000 alle fumarole nere si sono aggiunte quelle bianche. Infatti una spedizione oceanografica, mappando una montagna sommersa sul fondo dell’Oceano Atlantico, nota come il  Massiccio di Atlantide,  a 800 metri di profondità, scoprì una colonna di roccia bianca alta come un palazzo di venti piani che si innalzava dal fondo del mare. Quella fu la prima di tantissime simili strutture. Ma le emissioni non risultarono acide bensì basiche, con un pH tra 9 e 11 simile a quello delle soluzioni di ammoniaca. Stiamo ora arrivando ad periodo estremamente freddo, quando la Terra si trasformò in una palla di ghiaccio.

Fine parte II – continua

 

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