livello elementare
.
ARGOMENTO: OCEANOGRAFIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: ATLANTICA
parole chiave: Uragani
E’ l’ultimo della serie ma non sarà l’ultimo. L’uragano Idalia è stato declassato a tempesta tropicale, dopo che aveva colpito il Big Bend della Florida e quindi la Georgia sud-orientale come ciclone tropicale di categoria 3 e aver causato tempeste “catastrofiche” e inondazioni per centinaia di miglia. Ora che tutti gli allarmi uragani sono stati cancellati, Florida e Georgia devono cercare di ristabilire le linee elettriche; di fatto solo in Florida più di 275.000 case e aziende sono restate senza elettricità e 175.000 in Georgia.
Il percorso devastante di Idalia – I punti mostrano la posizione del temporale tropicale ad intervalli di sei ore. Il colore rappresenta le velocità massime del vento sostenute della tempesta classificate nella scala Saffir-Simpson – nella fase finale prima del contatto con la Florida aveva raggiunto la categoria 3 (111–129 mph, 178–208 km/h) – Creato da HikingHurricane usando Wikipedia:WikiProject Tropical cyclones/Tracks. background image NASA. Tracking data dal NHC
Idalia 2023 path.png – Wikimedia Commons
Dopo le tempeste più potenti e distruttive della regione degli ultimi decenni, ci si domanda chi sia il colpevole di questa escalation. Studi recenti hanno collegato il cambiamento climatico alle condizioni ambientali che alimentano la stagione degli uragani, ma la connessione tra il riscaldamento globale e l’aumentare dei fenomeni è ancora dibattuto.
Gli effetti dell’uragano Idalia a St. Petersburg, in Florida, al Flora Wylie Park, 2023 – autore Adog
Hurricane Idalia storm surge St. Petersburg, Florida 6.jpg – Wikimedia Commons
Sebbene gli scienziati concordino pienamente che le attività umane contribuiscano direttamente all’innalzamento del livello del mare ed al surriscaldamento del pianeta – entrambi fattori che entrano in gioco nella formazione degli uragani, non è ancora chiaro se il cambiamento climatico influisca sulla ricorrenza del numero delle tempeste tropicali che si abbattono spesso come uragani sulla terraferma.
Cerchiamo di capire:
– un aumento delle temperature provoca un riscaldamento eccessivo dei mari favorendo stagioni degli uragani più intense;
– l’innalzamento del livello del mare modifica le strutture morfologiche costiere favorendo in certi casi fenomeni di inondazioni costiere causate dalle mareggiate a seguito degli uragani. A tal riguardo, “L’attività degli uragani si sta verificando in un contesto di livelli del mare più alti, che aumentano il rischio di inondazioni costiere”, ha affermato Thomas Knutson, che studia i cambiamenti climatici e gli uragani presso il Laboratorio di fluidodinamica geofisica della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). GFDL).
– il riscaldamento globale influisce sulle precipitazioni, con una crescita stimata del 7% per ogni grado Celsius (1,8 gradi Fahrenheit) di aumento della temperatura della superficie del mare (SST).
Tutti fattori che farebbero prevedere un aumento percentuale degli uragani con tutto il loro bagaglio di distruzione sul territorio caraibico e americano. Per quanto sopra alcuni modelli climatici avevano previsto che un aumento di due gradi Celsius (3,6 F) delle temperature globali si tradurrebbe in una maggiore percentuale di uragani che raggiungerebbero la spaventosa categoria 5 (velocità del vento di 157 mph – 252 km/h), di fatto aumentando mediamente la velocità del vento di circa il 5% ed il numero di uragani che si abbatterebbero sugli Stati Uniti. Cosa che sembrerebbe confermare studi precedenti che avevano ipotizzato una correlazione tra gli uragani atlantici e l’aumento delle temperature della superficie del mare tale da comportare un aumento del 300% dell’attività degli uragani entro il 2100.
Indice di dissipazione della potenza degli uragani nel bacino atlantico basato sulle osservazioni (nero) e due retrospettivi storici e proiezioni future basati su modelli statistici alternativi (blu e arancione). Il modello in alto (arancione) utilizza solo le SST (temperature del mare superficiali) dell’Atlantico tropicale, mentre il modello in basso (blu) utilizza le variazioni delle SST nell’Atlantico tropicale rispetto alla SST media tropicale. Fonte: Vecchi et al. (2008)
Ma è davvero così?
Per fortuna questa ipotesi sembra non essere ancora confermata: ad un aumento significativo dell’attività degli uragani a livello globale si è verificato che le tempeste tropicali, scontrandosi con un’atmosfera più calda spesso perdono rapidamente di intensità.
Questo potrebbe spiegare perché, sebbene sia stato apprezzato il riscaldamento del pianeta dalla fine del 1800, non si è di fatto riscontrato un aumento percentuale sia nel numero che nell’intensità degli uragani (non delle tempeste tropicali) nel corso dell’ultimo secolo.
Questo potrebbe essere stato causato dal fatto che sebbene l’aumento dei gas serra causi il riscaldamento della superficie del mare, aumentando quindi la possibilità di formazione degli uragani e la loro intensità, si osserva un riscaldamento ancora maggiore nell’alta troposfera che ne riduce l’intensità.
L’effetto della riduzione dell’aerosol in atmosfera
Negli ultimi 40 anni si è verificato un aumento della frequenza e dell’intensità degli uragani nel bacino atlantico ma potrebbe non essere necessariamente dovuto al cambiamento climatico. Secondo uno studio del 2022 pubblicato su Science Advances, altri fattori, come la produzione e l’uso ridotto dei prodotti aerosol, che danneggiano lo strato di ozono terrestre, hanno avuto un impatto sulle temperature globali che potrebbero di concerto aver influenzato temporaneamente la formazione di uragani. Mentre i gas serra causano il riscaldamento globale, gli aerosol bloccano la luce solare e raffreddano il pianeta. Quando gli Stati Uniti hanno iniziato a ridurre drasticamente le emissioni, si è osservato un temporaneo aumento della temperatura che ha aumentato la frequenza e l’intensità degli uragani nell’Atlantico. Una teoria interessante
Qual è l’ultima opinione del mondo scientifico?
Nell’ultimo report del Geophysical Fluid Dynamics Laboratory (GFDL) il senior scientist Tom Knutson, responsabile degli studi di modellizzazione dei Global Warming and Hurricanes, esistono prove crescenti provenienti da studi di modellizzazione presso il GFDL/NOAA e l’UK Met Office/Hadley Centre (UKMO) che comprovano che l’aumento della frequenza delle tempeste tropicali nel bacino atlantico a partire dagli anni ’70 sia stato, almeno in parte, guidato dalla diminuzione degli aerosol derivanti dalle attività umane ma anche dalle emissioni di polvere del Sahara che potrebbero aver contribuito ai recenti cambiamenti in atmosfera.
Sebbene l’attività dei cicloni tropicali che si sono abbattuti sugli Stati Uniti nel periodo 2004-2010 sia stata la più forte mai registrata dalla fine del 1800, in realtà dalla fine del 1800 non ci sono prove evidenti di un aumento quantitativo o proporzionale degli uragani maggiori (di categoria 3, 4 e 5).
In sintesi, secondo questo ultimo report del GFDL, sebbene l’aumentare delle temperature superficiali dei mari favorisca la generazione di tempeste tropicali e uragani in tutti i mari, è però prematuro concludere con assoluta certezza (>90%) che l’aumento dei gas serra causato dall’Uomo abbia causato un aumento delle attività degli uragani del bacino atlantico al di fuori dell’intervallo della sua variabilità naturale. In pratica sono necessari maggiori dati per poter correlare i vari parametri.
in anteprima il passaggio il 30 agosto di Idalia sulla Florida – Fonte NOAA/NESDIS/STAR GOES-East
Hurricane Idalia Making Landfall.jpg – Wikimedia Commons
Riferimenti
Hiroyuki Murakami, Sostanziale influenza globale degli aerosol antropogenici sui cicloni tropicali negli ultimi 40 anni.
Sci. Adv.8,EABN9493(2022). DOI:10.1126/sciadv.abn9493
Dynamical downscaling projections of late twenty-first-century U.S. landfalling hurricane activity. (Knutson, T.R., Sirutis, J.J., Bender, M.A. , Tuleya, R. E., and Schenkel, B.), 2022. Climatic Change 171, 28. https://doi.org/10.1007/s10584-022-03346-7
Detected climatic change in global distribution of tropical cyclones. (H. Murakami, T. L. Delworth, W. F. Cooke, M. Zhao, B. Xiang, and P-C Hsu), 2020: Proceedings of the National Academy of Sciences, 117(20), DOI:10.1073/pnas.1922500117.
Tropical cyclone motion in a changing climate. (G. Zhang, H. Murakami, T. R. Knutson, R., and K. Yoshida), 2020: Science Advances, 6(17), eaaz7610, DOI:10.1126/sciadv.aaz7610.
Recent increases in tropical cyclone intensification rates. (K. Bhatia, G. A. Vecchi, T. R. Knutson, H. Murakami, J. Kossin, K. W. Dixon, and C. E. Whitlock), 2019: Nature Communications, 10, 635, DOI:10.1038/s41467-019-08471-z.
The role of Atlantic overturning circulation in the recent decline of Atlantic major hurricane frequency.(Yan, Zhang, and Knutson) Nature Communications, 2017, 8, 1695, DOI:
10.1038/s41467-017-01377-8
Dominant Role of Atlantic Multi-decadal Oscillation in the Recent Decadal Changes in Western North Pacific Tropical Cyclone Activity. (Zhang, W., G. A. Vecchi, H. Murakami, G Villarini, T. L Delworth, X. Yang, and L. Jia), 2018: Geophysical Research Letters, 45(1), DOI:
10.1002/2017GL076397 .
Global Warming and Hurricanes – Geophysical Fluid Dynamics Laboratory (noaa.gov)
Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo

è composta da oltre 60 collaboratori che lavorano in smart working, selezionati tra esperti di settore di diverse discipline. Hanno il compito di selezionare argomenti di particolare interesse, redigendo articoli basati su studi recenti. I contenuti degli stessi restano di responsabilità degli autori che sono ovviamente sempre citati. Eventuali quesiti possono essere inviati alla Redazione (infoocean4future@gmail.com) che, quando possibile, provvederà ad inoltrarli agli Autori.