livello elementare
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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: ANALISI
parole chiave: Futuro, spazio, investimenti
Come abbiamo visto nei due articoli precedenti, sulle questioni spaziali si sta giocando una partita economica ed geopolitica importante che non mancherà di avere effetti su molti aspetti fondamentali di interesse del nostro Paese.
A partire dagli aspetti tecnologici ed economici, è ormai certo che il settore spaziale sarà fonte di crescita economica, se si potrà disporre delle indispensabili tecnologie e autonomia per portare i satelliti in orbita. Come afferma l’ing. Gian Carlo Poddighe, del Centro Studi di Geopolitica e Strategia Marittima (CESMAR), … lo spazio è un “mercato” dal quale il nostro paese non dovrebbe essere assente. L’accesso allo spazio e ai servizi che ne derivano è, infatti, indispensabile e vitale non solo per la crescita ma anche per la semplice sopravvivenza. Non va inteso come un previlegio, o una riserva di settore, ma come un’opportunità che andrebbe colta e sfruttata dal “sistema paese” in termini di un’oculata valutazione costi/benefici, soprattutto “costo e ritorni per l’utente”… vi.
È, quindi, indispensabile fare gioco di squadra e proporsi rapidamente ed efficacemente su questo particolare “mercato”. L’unione fa la forza, soprattutto in un Paese come il nostro che, pur avendo le competenze tecnico-scientifiche, infrastrutturali e operative, è troppo spesso frammentato da gretti individualismi e campanilismi. Essere tra i pochissimi paesi ad avere la capacità di posizionare satelliti in orbita, per esempio, permetterebbe di attrarre anche l’attenzione di coloro che sono interessati all’attività spaziale per mero interesse economico e di tutti coloro che si interessano di space economy e che hanno sempre maggior bisogno di dati per far funzionare efficientemente il loro sistema economico e quello mondiale. A ciò si aggiungerebbero anche le possibilità di impiego per il personale italiano coinvolto nel progetto nazionale, come carriera e/o sbocco post carriera sia presso l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) sia presso l’European Space Research Organization (ESRO).
Bisognerà vedere se attorno a questo settore si riuscirà a costruire un consenso politico che permetta all’Italia di “scendere in campo”. C’è poi la questione del prestigio nazionale. Se non si sarà autorevolmente presenti il nostro potere contrattuale internazionale sarà drasticamente ridimensionato, con tutte le intuibili implicazioni tecnologiche ed economiche, geopolitiche e securitarie.
Come ho più volte sottolineato nel corso dei miei precedenti articoli, stiamo attraversando un periodo storico caratterizzato da un’intensa competizione per assicurarsi le materie prime e le risorse energetiche indispensabili per il benessere nazionale. La politica non deve, quindi, voltarsi da un’altra parte sperando che la questione si risolva da sola. Le relazioni internazionali non funzionano in questo modo.
L’Italia è, al momento, il principale contributore netto dell’ESA, in quanto spende ogni anno una cifra considerevole per … non avere alcun sostanziale ritorno economico né politico. Nei prossimi cinque anni l’Italia riceverà dall’ESA 3,083 miliardi (contro i 2,2 miliardi del 2019 = +40%), che equivalgono al 18,24% del budget totale. Tuttavia, nello stesso periodo, spenderà oltre 7 miliardi (prevalentemente versati alla Francia) per servizi spaziali (lanci da Kourou, ecc. …). Una partecipazione in perdita che prosegue lo stesso insoddisfacente percorso di dipendenza finora seguito. L’Italia non si può permettere di rimanere emarginata da questo settore e non si può permettere, con tutto il peso delle proprie competenze, di pagare per ottenere servizi che potrebbe essere invece in grado di offrire agli altri.
C’è, infine, l’aspetto politico-militare. La politica estera ha un prezioso strumento che le consente di assumere impegni di valenza internazionale: lo strumento militare. Esso non deve essere, infatti, inteso “solo” come elemento indispensabile per assicurare l’indipendenza democratica del nostro paese, ma anche come deterrente contro chiunque desiderasse impedire il raggiungimento dei legittimi interessi nazionali, ovunque essi siano.
Tenuto conto della nostra indiscutibile dipendenza economica dal mare, che è indispensabile per il nostro benessere e crescita economica, e per la sua naturale capacità expeditionary e di proiezione in luoghi lontani dal territorio nazionale, la dimensione marittima dello strumento militare italiano è particolarmente sensibile alle opportunità offerte dall’autonomia spaziale, come dimostrato dalle straordinarie esperienze degli anni ’50-‘60. Come detto, l’Italia già oggi ha tutte le competenze tecnologiche e professionali per ottenere l’autonomia spaziale ad eccezione di un proprio sito di lancio. Questa capacità potrebbe essere costituita da una propria piattaforma navale (militare o civile) che permettesse di lanciare propri vettori in autonomia, in acque internazionali e a qualunque latitudine. Una capacità strategica ed economica che farebbe del nostro paese un punto di riferimento e permetterebbe di offrire ad altri importanti servizi nel settore.
In tale ambito la nostra autorevole presenza nel settore spaziale potrebbe fornire anche ulteriori elementi di forza per accrescere l’efficacia operativa dello strumento militare complessivo.
Il raggiungimento dell’autonomia spaziale (dalla progettazione alla costruzione al lancio) accrescerebbe il prestigio politico del nostro Paese, contribuirebbe ad aumentare la sicurezza nazionale e potrebbe anche diventare “vettore” strategico di importanti ricadute economiche e tecnologiche, che genererebbero un importante reddito da esportazione di servizi ormai diventati indispensabili e che porterebbero benefici strategici a tutto il settore industriale di elevata tecnologia, al settore marittimo e a quello delle telecomunicazioni, ma anche a tutto il comparto Difesa, evitando significativi esborsi all’estero per l’acquisto degli stessi servizi.
A similitudine di quanto avvenuto nella prima metà del XX secolo, dove lo status di potenza coloniale era condizione essenziale per poter svolgere una politica estera attiva, nel prossimo futuro l’autonomia spaziale potrebbe diventare un requisito indispensabile per accedere a una capacità effettiva nel campo della politica estera. Si tratta di una delle principali sfide che oggi dobbiamo affrontare, dalla quale con ogni probabilità dipenderà il futuro ruolo geopolitico ed economico dell’Italia.
Il dominio aerospaziale è, oramai, chiaramente la frontiera sulla quale si sta già svolgendo e si svolgerà la competizione in ambito scientifico, tecnologico, economico, geopolitico e militare a livello globale. Una competizione alla quale l’Italia deve partecipare con tutta la forza della sua comprovata competenza ed esperienza in materia. In considerazione dei servizi erogati attraverso le infrastrutture spaziali, questo dominio vedrà costantemente crescere il suo ruolo nel contesto della tutela della difesa e della sicurezza delle Nazioni.
In sintesi, sta quindi ai nostri politici interpretare correttamente questo momento storico e approfittare di questa enorme capacità per il nostro Paese, prendendo le dichiarazioni di intento rilasciate in campagna elettorale e traducendole in azioni concrete, in modo da permettere a tutti gli stakeholders italiani di tutelare efficacemente gli interessi e il prestigio nazionale.
Renato Scarfi
pubblicato originariamente su DIFESAONLINE
Spazio: Geopolitica, Economia e Difesa – Difesa Online
Note
vi Spazio, la nuova frontiera. Implicazioni strategiche e opportunità per l’Italia, Collana Quaderni Strategici del CESMAR, n. 5, Roma, 22 novembre 2022
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è un ufficiale pilota della Marina Militare della riserva. Ha frequentato il corso Normale dell’Accademia Navale e le scuole di volo della Marina Statunitense dove ha conseguito i brevetti di pilotaggio d’areo e d’elicottero. Ha ricoperto incarichi presso lo Stato Maggiore della Difesa, il Comando Operativo Interforze, lo Stato Maggiore della Marina, la Rappresentanza militare italiana presso la NATO a Bruxelles, dove si è occupato di strategia marittima e di terrorismo e, infine, al Gabinetto del Ministro della Difesa, come Capo sezione relazioni internazionali dell’ufficio del Consigliere diplomatico. E’ stato collaboratore della Rivista Marittima e della Rivista informazioni della Difesa, con articoli di politica internazionale e sul mondo arabo-islamico. È laureato in scienze marittime e navali presso l’Università di Pisa e in scienze internazionali e diplomatiche presso l’Università di Trieste e ha un Master in antiterrorismo internazionale. È autore dei saggi “Aspetti marittimi della Prima Guerra Mondiale” e “Il terrorismo jihadista”